Chi pensava a un punto a testa “tattico” affinché non affondasse nessuno, si sbagliava di grosso. Il derby di Milano veste rossonero e non per caso. Nei novanta minuti di San Siro si ritrovano tutti i sintomi della crisi interista e gli spunti del dna di Mihajlovic. Connotati che potranno anche far storcere il naso agli esteti del calcio ma sono i più adatti a una squadra di contropiedisti, letale quando ha modo di lanciarsi negli spazzi. E l’Inter di questi tempi, molto più simile a un colabrodo che a un collettivo, porge il fianco. Nasce così il 3-0 con il quale il Milan si fa padrone della città per una notte.

Un risultato figlio di svariate sliding doors – il rigore sbagliato da Icardi in primis, seguito dall’immediato raddoppio di Niang – e tuttavia più che meritato, oltretutto capace di generare importanti turbolenze in classifica. I rossoneri sono sempre sesti, ma ora a -6 dal terzo posto della Fiorentina; mentre Mancini scivola in quarta posizione ad appena cinque punti dai cugini (oltre che a 9 dal Napoli capolista).

Un distacco che in campo non esiste più. Anzi. Tolti i primi venti minuti nei quali l’Inter produce molto fumo e poco arrosto affondando con Perisic dalle parti di Antonelli, la partita gira molto attorno a ciò che fa il Milan. La garra e la mobilità di Eder, lanciato titolare al posto di Icardi, non bastano a scuotere i compagni sempre più catatonici. Ljajic abusa del dribbling, Perisic corre ma conclude poco, Jovetic molto più semplicemente non lascia alcuna traccia. Che dietro ci siano Medel e Brozovic ad avviare la manovra non aiuta ma l’impostazione di Mancini, che non ha avuto (voluto?) un centrocampista dal mercato, pare chiara: devono produrre i quattro uomini di qualità davanti. Peccato che di Donnarumma si ricordino appena un paio di tuffi in tutta la serata. Mentre dietro Juan Jesus lascia troppo campo a Honda e perde Alex in occasione del vantaggio.

ManciniE’ la stura che dà il la allo sfascio delle fragili certezze nerazzurre, a digiuno di vittorie dal 6 gennaio. Il brasiliano maltratta Santon come Hateley fece con Collovati trentadue anni fa (profetica la coreografia della Sud che richiamava proprio il derby del 1984) lanciando un secondo tempo a senso unico. Il Milan sale di tono dopo il contatto (regolare) tra Donnarumma ed Eder in area che manda su tutte le furie Mancini (espulso per proteste, alcune foto immortalano l’allenatore mentre mostra il dito medio ai tifosi all’uscita dal campo). E l’Inter pensa a fare il resto: avrebbe l’occasione per ribaltare l’inerzia ma Icardi, atterrato da Alex, tira il rigore sul palo.

Dopo il gol divorato contro il Carpi e l’esclusione dall’undici titolare, l’argentino avrà un altro boccone amaro da digerire. Perché da quel momento, il Milan accelera e i Berlusconinerazzurri affondano. La prima mazzata arriva grazie a un rinvio sbagliato di Juan Jesus sul quale si avventa Abate, abile nel riaprire per Niang che mette al centro: Bacca brucia Miranda e fa 2-0. L’imbarcata definitiva nasce da un contropiede sprecato (non l’unico) che porta Brozovic a perdere palla al limite dell’area rossonera. L’Inter è spezzata in due e la veloce transizione rossonera, conclusa da Bacca, è letale tra errori (Santon) e scivoloni (Murillo) di un’imbarazzante difesa nerazzurra. Nel finale Balotelli sfiora anche il poker. Sarebbe stato lo smacco definitivo subito da una squadra irriconoscibile. Mancini si copra: l’inverno a Milano va e viene, ma sull’Inter soffiano venti di burrasca.

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