Nella sua ultima elucubrazione con se stesso, a cavallo tra il Marchese del Grillo e una pippa mentale senza orgasmo, Daniele Luttazzi ci regala una certezza: allo stato attuale, ogni speranza di ritrovare il bel Luttazzi perduto è pia illusione. Peccato. Amena anche la critica – citando il tweet di un suo fan, e qui la notizia è che la citazione c’è stata appieno – secondo cui avrei partorito una replica “ad hominem“. Ed è una critica amena perché, a una mia riflessione su un tema generale (la scomparsa della satira in tivù), Luttazzi ha replicato con uno strale in cui al 90% parlava di me, al 5% ripeteva le mie stesse cose sulla satira e al 5% insisteva sugli asini che volano (“querelle plagio”). Appunto: replica “ad hominem”. Solo che lui può e gli altri no: siam sempre lì. Grazie a quell’attacco personale contro di me, peraltro, Luttazzi è subito diventato l’aedo dei renziani, che per un satirico notoriamente anti-sistema non è male. Carina anche la battuta “Studia i jokes”, che sembra uno scambio tra Stanis e Martellone in Boris.
Come nelle sue appassionate “interviste” post plagio, quando si dava ragione da solo in un tripudio di joke e ruoli attanziali, Daniele ieri è ripartito con la litania tardo-nerd dello “studiate prima di criticarmi, ignoranti“. E’ la sua versione adulta di “specchio riflesso”, che usa quando è stato colpito nel vivo e non ha argomenti. Oltretutto continua a soffrire gravemente di citazionismo: Daniele, nei difetti, non cambia mai. Infatti è riuscito un’altra volta ad accusare velatamente altri di copiarlo (pensateci: lui che accusa altri di copiare lui. Come se non gli fosse bastato Bonolis).
Luttazzi ama l’America – come abbiamo poi appreso ampiamente – e anche per questo usa spesso termini inglesi. Conoscerà quindi benissimo il significato della parola “overanalyze“. E’ il termine con cui gli americani disinnescano in un colpo solo ogni ridondanza stucchevole o ricerca prolissa di spiegazione. “Overanalyze”: e la storia finisce lì. Ecco: Luttazzi è in piena sbornia da overanalyze. Più lo implorano di tornare lucido e uscire dall’Overlook Hotel, più lui riparte col mix allucinato di mirror climbing e overanalyze. I joke, la semiotica, la rava e la fava. E’ sempre lì, dentro la puntata de Le iene, in bermuda sopra quella biciclettina, mentre sgambetta sui pedali inseguendo una fuga da se stesso. Come dentro il finale triste di un film muto. Farsene una ragione, chiedere scusa e ripartire, no?
Già che c’ero, mi sono aperto i link esiziali che il buon Daniele mi ha gentilmente segnalato, sempre con quella sua divertente convinzione secondo cui tra i due (a prescindere da chi sia l’altro) sia sempre lui quello che ha da insegnare. Sono link avvincenti, messi lì apposta per dissuaderti dal leggerli. Roba che le buonanime di Bill Hicks e George Carlin, o gli attuali Bill Burr e Louis Ck, insomma tutta quella gente che Luttazzi voleva o vorrebbe essere, ti inseguirebbero con la mazza chiodata se solo osassi propinarglieli.
Un tale approccio stancamente iper-cerebrale e cupamente pensoso, peraltro, è del tutto antitetico a ciò che lo stand-up comedian o il satirico deve essere: ovvero diretto, secco e senza compromessi. E Luttazzi lo era, mannaggia (anzi cazzo). Ora invece parla di “transcreazione” e invita a leggere guazzabugli/papier che hanno sotto la didascalia: “Non ce la fai, eh? Sono troppo per te, questa è roba per eletti”. Siamo alla caricatura dell’intellettuale involuto, che per distinguersi dal Visconti che sbircia Sanremo (cit) si stordisce di articolesse per sognarsi più arguto. Yeowwwnnnn.
Ciao Daniele: io mi fermo qui, che siamo andati avanti anche troppo e stiamo un po’ rompendo le palle a tutti. Ti lascio la battuta finale, di cui – da buon insicuro cronico – sei da sempre gelosissimo. Ci risentiamo quando esci da A Beautiful Mind – salutami William Parcher – e dal diversamente favoloso mondo di Luttazzì. Nel frattempo, se ce la fai, studia di meno e vivi di più. Non volerti così male: non te lo meriti. Buona fortuna.