La società Petroceltic ci rinuncia: almeno al largo delle isole Tremiti si ferma la caccia al petrolio. Viste le condizioni attuali del mercato sarebbe un azzardo per la multinazionale irlandese, che ha poca liquidità. A nove anni dalla presentazione della prima istanza che riguardava l’area a largo delle Tremiti, è cambiato tutto o quasi. Il prezzo del petrolio, le leggi. Alla Petroceltic non conviene più. Questo dichiara la società, che afferma di voler cambiare strategia puntando su “opportunità di crescita a lungo termine”. Il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi prende atto della decisione e lancia una frecciata: “Spero che finiscano le strumentalizzazioni”. Nel frattempo c’è chi ritiene che la decisione della Petroceltic fosse obbligata. Come Giovanni Paglia, deputato di Sel-Sinistra italiana che, come spiega a ilfattoquotidiano.it, aveva appena presentato una seconda interrogazione al ministro sul permesso concesso “a una società che non ha capitali per portare a termine i progetti e garantire risarcimenti in caso di incidenti o danni”.
LA PETROCELTIC GETTA LA SPUGNA – È la stessa multinazionale irlandese ad annunciare di aver presentato al Mise l’istanza di rinuncia in merito al permesso di ricerca al largo delle Tremiti. La Petroceltic Italia srl, controllata da Petroceltic International Plc, è presente in Italia dal 2005 con attività di esplorazione di idrocarburi che si concentrano principalmente nella fascia centrale del Mare Adriatico e in Pianura Padana. Proprio in merito a tali attività la società annuncia che “saranno ottimizzati i programmi e le tempistiche dei lavori previsti per gli altri titoli minerari, nei confronti dei quali Petroceltic Italia mantiene inalterato il proprio interesse minerario”. La multinazionale garantisce anche l’impegno “a operare nel pieno rispetto delle norme comunitarie e dello Stato italiano vigenti e dei più elevati standard del settore, nella massima trasparenza e in collaborazione con le comunità locali”. I primi tentativi della società nell’off shore pugliese, molisano ed abruzzese, risalgono al 2006. Dopo una serie di proteste nelle Isole Tremiti, si arrivò alla manifestazione del 2011 a Termoli, alla quale partecipò anche Lucio Dalla. L’ultima istanza di ricerca era frutto di diverse richieste, anche parzialmente interferenti con il limite delle 12 miglia marine. Con un decreto del Mise era stata rilasciata l’autorizzazione alle ricerche per meno di 2mila euro all’anno ed era previsto anche l’utilizzo della tecnica di energizzazione sismica tramite Air-gun.
“BASTA CON LE STRUMENTALIZZAZIONI” – Immediata la presa di posizione da parte del ministero dello Sviluppo economico che “accoglie con rispetto la decisione annunciata dalla società”. E spiega: “Si tratta di un passo indietro che risponde ad esigenze industriali strategiche della società di cui il ministero prende atto”». La Petroceltic parla di un’ottimizzazione anche “tecnica ed economica dell’intero portafoglio italiano”, necessaria in seguito ai ripetuti cambiamenti della normativa nazionale. La decisione, però, sarebbe maturata anche di fronte a un’analisi che la stessa Petroceltic International Plc ha elaborato alla luce delle evoluzioni del mercato globale. In pratica la società vuole concentrare gli impegni “su specifiche opportunità di crescita a lungo termine”. Il ministro Guidi coglie l’occasione per auspicare che “venga messa una volta per tutte la parola fine ad alcune strumentalizzazioni sul tema delle attività di ricerca in mare che erano infondate già prima e che lo sono, a maggior ragione, dopo la decisione della Petroceltic”.
LA SCELTA DOPO LA SECONDA INTERROGAZIONE – “È una buona notizia, perché avevamo appena presentato un’altra interrogazione a cui il ministro avrebbe dovuto rispondere domani”. Per Giovanni Paglia, deputato di Sel-Sinistra italiana, la decisione della multinazionale è una scelta quasi obbligata “per una società senza capitali che non avrebbe potuto finalizzare la ricerca, né garantire risarcimenti in caso di eventuali danni”. E gli altri interessi della Petroceltic in Italia? “Mi risulta che ci sia ormai poco o nulla e che il mandato del consiglio di amministrazione è di cedere tutti gli asset, compresi i diritti di esplorazione”, dice Paglia, che già a fine gennaio aveva anticipato a ilfattoquotidiano.it che era in bilico anche la concessione ottenuta per le ricerche al largo delle Tremiti.
Il deputato, nei giorni della mobilitazione anti-trivelle, aveva portato alla luce i conti della Petroceltic. Da ex bancario era andato a cercare in rete lo stato patrimoniale della multinazionale, scoprendo che la società dichiarava di trovarsi sull’orlo del fallimento “con un’esposizione verso le banche pari a 217 milioni di dollari e liquidità per 28 milioni di dollari, di cui 24 in valuta estera non convertibile”. Da questi dati è partita la prima interrogazione parlamentare al ministro Guidi. Ma la rinuncia della Petroceltic “è una bellissima notizia” anche per Angelo Bonelli dei Verdi. Una notizia che non placa, però, le polemiche e le divergenze. “Spiace che il ministro Guidi parli di strumentalizzazioni – dice Bonelli – perché la concessione rilasciata non è stata una nostra invenzione, ma un atto del suo ministero”. Un atto con il quale si sarebbe consentito nei fondali delle Tremiti di utilizzare la tecnica dell’Air-gun “che avrebbe devastato la biodiversità marina in un’area tra le più belle d’Italia e non solo” commenta Bonelli. Che ricorda l’altra battaglia in corso da parte degli ambientalisti: “Aspettiamo che il governo decida per l’election day consentendo agli italiani di votare insieme il referendum contro le trivelle alle elezioni amministrative”.