Pubblichiamo un estratto dal libro “Io, morto per dovere” , in uscita l’11 febbraio, scritto da Luca Ferrari e Nello Trocchia per ricordare la figura di Roberto Mancini, investigatore di polizia, morto di tumore dopo aver indagato per anni sui traffici dei rifiuti che hanno avvelenato la cosiddetta “Terra dei fuochi”.

Il processo, iniziato nel 2011, è ancora in corso. Il principale imputato è Cipriano Chianese, “l’inventore dell’ecomafia”. Le persone che, secondo la magistratura di Napoli, compongono l’organigramma criminale che ha devastato diverse aree della Campania non hanno ancora pagato il conto con la giustizia. Eppure, quasi vent’anni fa, Roberto Mancini, agente della Criminalpol, depositava al riguardo una dettagliata informativa alla Procura della Repubblica partenopea. Nella premessa si legge l’oggetto di un lavoro durato tre anni: “Spiegare come camorristi, imprenditori ‘ecomafiosi’, usurai, banchieri, bancari e professionisti della finanza possano concorrere, da luoghi e con tempi e ruoli diversi, alla realizzazione di un progetto unico dagli effetti letali per il sistema economico nazionale e per l’ambiente”. (…)
Siamo nei primi anni Novanta. Il gruppo di Mancini alla Criminalpol è una sottosezione della terza squadra. Quei ragazzi si sono messi in testa di indagare sulla spazzatura. Il livello di attenzione sul tema da parte delle forze di polizia e della magistratura, tranne qualche eccezione, è praticamente nullo.
Anche a casa Roberto avverte una certa diffidenza su quanto sta portando avanti. “Ma come si fa a indagare sulla monnezza? Quelli sono rifiuti, mica soldi” gli ripete spesso incredula mamma Giovanna. Saranno proprio quella distrazione generale e l’assenza di leggi adeguate che consentiranno a una cricca imprenditoriale di costruire castelli dorati, mettere in atto pratiche illegali e devastare immense aree del nostro paese – non solo della Campania – in combutta con le organizzazioni criminali che garantivano controllo territoriale e un intervento manu militari all’occorrenza.
I boss in cambio incassavano la percentuale sui chili smaltiti. La squadra di Roberto lavora su quel business quando tutti intorno pensano che non sia una priorità, nonostante poco prima, nel 1992, il boss pentito Nunzio Perrella avesse aperto gli occhi agli inquirenti con una frase choc: “La monnezza è oro, dotto’, e la politica è una monnezza”. Perrella sarà il primo a raccontare l’affare dei rifiuti e le sue parole finiranno nel procedimento Adelphi: decine di arresti nel 1993, che si ridurranno in seguito a un insieme di assoluzioni, prescrizioni e qualche lieve condanna.
Roberto ha una squadra di pochi uomini, meno di una decina. “Noi non esistevamo, eravamo ectoplasmi, ma abbiamo messo l’anima in quella indagine” racconta uno di quei ragazzi, oggi ancora in polizia, che preferisce la riservatezza per ragioni di servizio. “Roberto ha pagato con la vita, un altro di noi è morto di leucemia, altri due si sono ammalati. Metà del gruppo ha riportato sulla propria pelle le conseguenze di quell’inchiesta sepolta senza ritegno nei cassetti. Per noi è stato uno schianto, un risveglio amaro saperne l’esito”.
La loro squadra è la più scalmanata e la meno considerata. A guidarla c’è un cane sciolto, un sindacalista. Roberto, infatti, ha sempre avuto un rapporto particolare con i vertici della Criminalpol. Quando si indiavolava con loro ripeteva con una punta di ironia: “Gesù Cristo ha sbagliato su due cose: le mosche e i funzionari. Due cose inutili”. (…)
Roberto ha dato tutto per quel dossier. “L’ho incontrato pochi giorni prima che morisse” racconta con le lacrime agli occhi un altro collaboratore del tempo. “Sapeva che non ce l’avrebbe fatta. Mi disse che avrebbe voluto altro tempo per consegnare alla giustizia tutti i responsabili della mattanza. Ripeteva che persone complici erano rimaste impunite e questo non poteva sopportarlo”. In quell’occasione l’amico poliziotto gli dice di pensare piuttosto alla salute (…). Roberto, ormai a un passo dalla morte, reagisce come sempre, arrabbiandosi: “Ma che ti stai ad amalgama’? Non è finito un cazzo”.
Da Il Fatto Quotidiano del 10/02/2016
Ambiente & Veleni
Roberto Mancini, “Io morto per dovere” la storia del poliziotto che scoperchiò la Terra dei Fuochi
Nel libro scritto a quattro mani da Luca Ferrari e Nello Trocchia il racconto della figura dell'investigatore di polizia morto di tumore il 30 aprile 2015, dopo aver indagato per anni sui traffici dei rifiuti che hanno avvelenato quel lembo di terra campano che va dal Garigliano al Vesuvio. Lo sfogo del collega: "L'inchiesta sepolta senza ritegno nei cassetti"
Pubblichiamo un estratto dal libro “Io, morto per dovere” , in uscita l’11 febbraio, scritto da Luca Ferrari e Nello Trocchia per ricordare la figura di Roberto Mancini, investigatore di polizia, morto di tumore dopo aver indagato per anni sui traffici dei rifiuti che hanno avvelenato la cosiddetta “Terra dei fuochi”.
Il processo, iniziato nel 2011, è ancora in corso. Il principale imputato è Cipriano Chianese, “l’inventore dell’ecomafia”. Le persone che, secondo la magistratura di Napoli, compongono l’organigramma criminale che ha devastato diverse aree della Campania non hanno ancora pagato il conto con la giustizia. Eppure, quasi vent’anni fa, Roberto Mancini, agente della Criminalpol, depositava al riguardo una dettagliata informativa alla Procura della Repubblica partenopea. Nella premessa si legge l’oggetto di un lavoro durato tre anni: “Spiegare come camorristi, imprenditori ‘ecomafiosi’, usurai, banchieri, bancari e professionisti della finanza possano concorrere, da luoghi e con tempi e ruoli diversi, alla realizzazione di un progetto unico dagli effetti letali per il sistema economico nazionale e per l’ambiente”. (…)
Siamo nei primi anni Novanta. Il gruppo di Mancini alla Criminalpol è una sottosezione della terza squadra. Quei ragazzi si sono messi in testa di indagare sulla spazzatura. Il livello di attenzione sul tema da parte delle forze di polizia e della magistratura, tranne qualche eccezione, è praticamente nullo.
Anche a casa Roberto avverte una certa diffidenza su quanto sta portando avanti. “Ma come si fa a indagare sulla monnezza? Quelli sono rifiuti, mica soldi” gli ripete spesso incredula mamma Giovanna. Saranno proprio quella distrazione generale e l’assenza di leggi adeguate che consentiranno a una cricca imprenditoriale di costruire castelli dorati, mettere in atto pratiche illegali e devastare immense aree del nostro paese – non solo della Campania – in combutta con le organizzazioni criminali che garantivano controllo territoriale e un intervento manu militari all’occorrenza.
I boss in cambio incassavano la percentuale sui chili smaltiti. La squadra di Roberto lavora su quel business quando tutti intorno pensano che non sia una priorità, nonostante poco prima, nel 1992, il boss pentito Nunzio Perrella avesse aperto gli occhi agli inquirenti con una frase choc: “La monnezza è oro, dotto’, e la politica è una monnezza”. Perrella sarà il primo a raccontare l’affare dei rifiuti e le sue parole finiranno nel procedimento Adelphi: decine di arresti nel 1993, che si ridurranno in seguito a un insieme di assoluzioni, prescrizioni e qualche lieve condanna.
Roberto ha una squadra di pochi uomini, meno di una decina. “Noi non esistevamo, eravamo ectoplasmi, ma abbiamo messo l’anima in quella indagine” racconta uno di quei ragazzi, oggi ancora in polizia, che preferisce la riservatezza per ragioni di servizio. “Roberto ha pagato con la vita, un altro di noi è morto di leucemia, altri due si sono ammalati. Metà del gruppo ha riportato sulla propria pelle le conseguenze di quell’inchiesta sepolta senza ritegno nei cassetti. Per noi è stato uno schianto, un risveglio amaro saperne l’esito”.
La loro squadra è la più scalmanata e la meno considerata. A guidarla c’è un cane sciolto, un sindacalista. Roberto, infatti, ha sempre avuto un rapporto particolare con i vertici della Criminalpol. Quando si indiavolava con loro ripeteva con una punta di ironia: “Gesù Cristo ha sbagliato su due cose: le mosche e i funzionari. Due cose inutili”. (…)
Roberto ha dato tutto per quel dossier. “L’ho incontrato pochi giorni prima che morisse” racconta con le lacrime agli occhi un altro collaboratore del tempo. “Sapeva che non ce l’avrebbe fatta. Mi disse che avrebbe voluto altro tempo per consegnare alla giustizia tutti i responsabili della mattanza. Ripeteva che persone complici erano rimaste impunite e questo non poteva sopportarlo”. In quell’occasione l’amico poliziotto gli dice di pensare piuttosto alla salute (…). Roberto, ormai a un passo dalla morte, reagisce come sempre, arrabbiandosi: “Ma che ti stai ad amalgama’? Non è finito un cazzo”.
Da Il Fatto Quotidiano del 10/02/2016
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Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Steve Witkoff, ha definito "inaccettabili" le ultime richieste di Hamas in merito al cessate il fuoco a Gaza. Riferendosi alla conferenza del Cairo di inizio mese, l'inviato statunitense per il Medio Oriente ha detto alla Cnn di aver "trascorso quasi sette ore e mezza al summit arabo, dove abbiamo avuto conversazioni davvero positive, che descriverei come un punto di svolta, se non fosse stato per la risposta di Hamas".
Hamas avrebbe insistito affinché i negoziati per un cessate il fuoco permanente iniziassero lo stesso giorno del prossimo rilascio di ostaggi e prigionieri palestinesi. Secondo Al Jazeera, Hamas ha anche chiesto che, una volta approvato l'accordo, i valichi di frontiera verso Gaza venissero aperti, consentendo l'ingresso degli aiuti umanitari prima del rilascio di Edan Alexander e dei corpi di quattro ostaggi. Inoltre, il gruppo ha chiesto la rimozione dei posti di blocco lungo il corridoio di Netzarim e l'ingresso senza restrizioni per i residenti di Gaza che tornano dall'estero attraverso il valico di Rafah.
"Abbiamo trascorso parecchio tempo a parlare di una proposta di ponte che avrebbe visto il rilascio di cinque ostaggi vivi, tra cui Edan Alexander, e anche, tra l'altro, il rilascio di un numero considerevole di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane", ha detto Witkoff. "Pensavo che la proposta fosse convincente: gli israeliani ne erano stati informati e avvisati in anticipo". "C'è un'opportunità per Hamas, ma si sta esaurendo rapidamente", ha continuato Witkoff. " Con quello che è successo ieri con gli Houthi, ciò che è successo con il nostro ordine di attacco, incoraggerei Hamas a diventare molto più ragionevole di quanto non sia stato finora".
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha scoperto un nascondiglio di armi nel campo profughi di Nur Shams, fuori Tulkarem, nella Cisgiordania settentrionale. Lo ha reso noto l'Idf, precisando che sono state rinvenute diverse borse contenenti armi, una delle quali conteneva anche un giubbotto con la scritta 'Unrwa'. Le armi confiscate sono state consegnate alle forze di sicurezza per ulteriori indagini.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.