Prima gli agenti dei servizi legati ai Fratelli Musulmani desiderosi di “imbarazzare” il governo di Al Sisi, ora la vendetta causata da screzi avuti con qualche conoscente. Gli inquirenti egiziani la considerano un’ipotesi da tenere in considerazione per dare una spiegazione alla morte di Giulio Regeni. Dopo essere stato torturato per giorni in un luogo imprecisato della capitale egiziana, Il 28enne ricercatore di Fiumicello sarebbe stato ucciso per “un movente criminale o il desiderio di una vendetta personale“, recita un comunicato del ministero dell’Interno egiziano. Le indagini avrebbero accertato che il giovane, trovato cadavere il 3 febbraio in un fosso che corre lungo la strada che collega il Cairo con Alessandria, aveva numerose relazioni con abitanti del quartiere in cui viveva, molti dei quali sono stati interrogati.
Una possibilità che causa la reazione della Farnesina. “L’Italia chiede semplicemente ad un Paese alleato la verità e la punizione dei colpevoli – afferma il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni – non ci accontenteremo di una verità di comodo né di piste improbabili, come quelle evocate oggi dal Cairo”, ha detto in un question time alla Camera il capo della diplomazia, fino a questo momento molto prudente nell’intervenire sulla vicenda, al pari del premier Matteo Renzi.
Gli agenti italiani impegnati al Cairo nelle indagini “devono avere accesso a tutti i documenti sonori e filmati e a tutti gli atti del processo nelle mani della procura di Giza – continua Gentiloni – la cooperazione con il nostro team investigativo può e deve essere più efficace. Proprio oggi il governo trasmetterà richieste specifiche su questo attraverso i canali diplomatici. Lo dobbiamo alla famiglia di Regeni e alla dignità del nostro Paese”, ha aggiunto, confermando la previsione secondo cui gli inquirenti italiani avrebbero avuto vita non facile al Cairo. “In discussione non c’è la stabilità dell’Egitto né il nostro sostegno a un Paese fortemente impegnato nel contrasto al terrorismo – sottolinea quindi il capo della diplomazia italiana – voglio confermare a quest’aula che su questa vicenda l’Italia chiede a un Paese alleato la verità e la punizione dei colpevoli”.
La reazione non basta all’opposizione. “Nonostante le rassicurazioni fornite la risposta del ministro Gentiloni non ci ha soddisfatto – commenta Arturo Scotto, capogruppo di Sinistra Italiana alla Camera – apprezziamo lo sforzo ma ancora siamo lontani dalla verità. Il problema non è la volontà del nostro governo di pretendere la verità, su cui non abbiamo alcun dubbio, ma, di fronte ad una dittatura militare come quella di Al Sisi, se i diritti umani vengono prima degli affari, del gas e del commercio delle armi. Di fronte alle reticenze egiziane il governo sospenda la vendita di armi e metta in discussione rapporti commerciali”.
Il Cairo: “Collaboriamo con investigatori italiani” – Le forze di sicurezza egiziane “lavorano intensamente per scoprire le ragioni dell’omicidio e sono impegnate ad aggiornare la pubblica opinione egiziana e italiana sugli ultimi sviluppi alla luce degli stretti rapporti bilaterali“, si legge ancora nel comunicato diramato dal Cairo, tanto più che “qualcuno giunge a conclusioni e riporta voci riferite da giornali stranieri senza prove e diffonde informazioni false che intralciano le indagini”. La sicurezza egiziana ha formato una squadre per esaminare il caso “attraverso un piano completo indagando sui collegamenti della vittima nei suoi sei mesi di permanenza in Egitto. La squadra sta interrogando ogni egiziano e straniero che abbia avuto contatti con Regeni per mettere insieme notizie sul caso”. “Nonostante gli investigatori non abbiano ancora individuato i responsabili – si dice ancora nel comunicato – o le ragioni all’origine del crimine, le informazioni raccolte danno per possibile ogni motivo, incluso l’omicidio premeditato e la vendetta”.
Ambasciatore egiziano: “Atto per minare rapporti” – Amr Helmy, l’ambasciatore egiziano a Roma, va oltre: l’omicidio Regeni potrebbe essere un atto criminale o terroristico compiuto da chi “vuole minare le relazioni tra Italia ed Egitto”, ha dichiarato il diplomatico, citato dall’agenzia ufficiale Mena. Tra Roma e Il Cairo “c’è piena cooperazione” sul caso, ha sottolineato l’ambasciatore invitando ad attendere gli esiti dell’inchiesta.
Il 18 febbraio il sito del quotidiano filo-governativo Al Youm 7 aveva scritto, citando fonti vicine alla procura, che Regeni era stato” ucciso da agenti segreti sotto copertura, molto probabilmente appartenenti alla confraternita terrorista dei Fratelli musulmani, per imbarazzare il governo egiziano”. Salvo poi essere smentito poche ore dopo.