“Inammissibile”. La Corte Costituzionale ha detto no al ricorso sul caso di due donne sposate negli Usa e trasferitesi a Bologna, che chiedevano il riconoscimento dell’adozione di due figlie. A sollevare la questione, il tribunale di Bologna. L’Avvocatura dello Stato aveva chiesto che il ricorso fosse dichiarato inammissibile, sottolineando che più volte a tutela dei minori i tribunali hanno accolto l’istanza di adozione di coppie gay, applicando la norma che disciplina le adozioni nei casi particolari. La Consulta, invece, ha ribaltato la questione, spostandola su un lato squisitamente procedurale: “Il Tribunale di Bologna ha erroneamente trattato la decisione straniera come un’ipotesi di adozione da parte di cittadini italiani di un minore straniero (cosiddetta adozione internazionale), mentre si trattava del riconoscimento di una sentenza straniera, pronunciata tra stranieri” si legge nel comunicato.
Ancor più chiara la spiegazione del neopresidente della Consulta Paolo Grossi, secondo cui la decisione di oggi “non ha nulla a che fare con quanto bolle in pentola in Parlamento”. “Nulla a che vedere con le coppie gay italiane e con il dibattito in corso” al Senato ha detto, sottolineando che “l’inammissibilità era palese”. “Si trattava di una piccola questione e di un giudice che non sa fare il suo mestiere” ha detto Paolo Grossi.
Eleonora Beck e Liz Joffe, residenti da anni in Italia, si sono sposate all’estero e hanno chiesto al tribunale di Bologna, dove vivono, il riconoscimento della sentenza americana con cui il giudice dispone l’adozione della figlia biologica di una delle due nei confronti dell’altra. I due figli sono entrambi nati con fecondazione eterologa. La Procura di Bologna aveva dato un parere negativo, sottolineando come in Italia la legislazione vigente non consenta questo tipo di adozioni e non preveda il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma il Tribunale dei minori con un’ordinanza ha affrontato la questione da un’angolatura diversa, ribaltando la questione alla Consulta. Nel ricorso, infatti, si legge, si ritiene necessario “sollevare questione di legittimità costituzionale” degli articoli 35 e 36 della legge 184/1983 (sulle adozioni internazionali) nella parte in cui “non consentono al giudice di valutare, nel caso concreto, se risponda all’interesse del minore adottato il riconoscimento della sentenza straniera che abbia pronunciato la sua adozione in favore del coniuge del genitore, a prescindere dal fatto che il matrimonio stesso abbia prodotto effetti in Italia“.
Il loro ricorso, però, è stato dichiarato inammissibile, ovvero la stessa conclusione a cui è giunta l’Avvocatura dello Stato, secondo cui la legge impugnata già permette, in realtà, casi particolari di adozione, mettendo in primo piano la tutela dell’interesse “supremo” del minore. Una linea affermata anche da alcune sentenze di merito, prima tra tutte quella firmata dal collegio presieduto dal giudice Melita Cavallo, che nel 2014 diede il via libera all’adozione di una bambina in una coppia formata da due donne.
Da un’angolatura ancora diversa la posizione dell’Associazione Avvocatura per i diritti Lgbti – Rete Lenford: “Ancora una volta la politica sta abdicando al suo primato, chiedendo alla giurisprudenza di continuare a svolgere un ruolo di supplenza nel quadro dei principi dell’ordinamento”.