Can Dundar ed Erdem Gul, direttore e caporedattore del quotidiano turco di opposizione laica Cumhuriyet, sono stati rimessi in libertà a Istanbul, dopo 92 giorni di prigionia. I giornalisti erano stati fermati in seguito a un’inchiesta sul traffico di armi verso la Siria nella quale si rivelava la vicenda del camion dell’intelligence turca fermato con un carico di armi mentre era in procinto di attraversare la frontiera con la Siria. L’inchiesta era stata pubblicata dal quotidiano Cumhuriyet alla vigilia delle elezioni turche del 7 giugno e forniva rivelazioni scottanti sull’interesse di Ankara ad armare una minoranza turcomanna, potenziale testa di ponte nel possibile “grande gioco” di una spartizione del territorio siriano.
I due sono stati rilasciati dopo che la Corte costituzionale turca ha giudicato una “violazione dei diritti” la loro detenzione in attesa di giudizio, iniziata il 26 novembre scorso con l’accusa di atti di spionaggio, cospirazione contro l’autorità e collaborazione con il terrorismo, reati per i quali la procura chiede l’ergastolo. Per la Corte, il provvedimento che ha ordinato il loro arresto manca di sufficienti giustificazioni, e ha violato i loro diritti. In particolare la Corte, con un voto a maggioranza di 12 contro 3, ha stabilito che sono stati violati i “diritti individuali, la libertà di espressione e di stampa” dei due reporter, citando gli articoli 19, 26 e 28 della Carta.
“Scusateci per avervi fatto attendere così a lungo – ha detto il direttore di Cumhuriyet all’uscita dal carcere di Silivri dove lo attendevano giornalisti, attivisti, familiari, politici del Partito repubblicano popolare (Chp) – il 26 febbraio è il compleanno del presidente Erdogan e siamo contenti di festeggiarlo con questa scarcerazione”. Riferendosi poi alla moglie che lo accompagnava, Dündar ha aggiunto: “Il presidente ci ha messo in carcere nel nostro anniversario di matrimonio e noi oggi vogliamo fargli un regalo di compleanno”. Il giornalista ha ricordato che passare in carcere tre mesi “non è niente” al confronto con la più lunga detenzione di altri reporter in carcere e ha definito “storica” la sentenza della Corte costituzionale, esprimendo la speranza che possa spianare la strada per mettere in libertà gli altri circa 30 cronisti che sono in carcere nel Paese. Dundar ha quindi definito “storica” la sentenza della Corte costituzionale, per i suoi risvolti sulla libertà di espressione in Turchia. “Continueremo a difenderci – ha detto – a voce ancora più alta”.
Dopo la pubblicazione dello scoop di Cumhuriyet, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva accusato i suoi autori di “tradimento” promettendo che avrebbero pagato “un caro prezzo”. Il loro arresto aveva scatenato forti proteste a livello internazionale, rilanciando l’allarme sulla limitazione della libertà di stampa in Turchia. Dundar aveva anche scritto una lettera aperta ai leader Ue e un’altra direttamente al premier Matteo Renzi, chiedendo di non accettare compromessi con Ankara “su diritti umani e libertà di stampa” in cambio di un accordo sui migranti.
La vicenda ebbe una grossa eco internazionale, anche perché Cumhuriyet è un giornale-bandiera del laicismo kemalista nella Turchia che Erdogan sta riportando alle sue radici islamiche. A costo anche di una repressione concretizzatasi da anni con ostacoli ai social network e soprattutto con l’arresto di numerosi giornalisti: un fatto stigmatizzato da organizzazioni internazionali, tra cui il Parlamento europeo.