“Con questi numeri meritiamo il Nobel per l’economia”. Ora che la fondazione dell’Arena di Verona rischia il fallimento sotto il peso di 32 milioni di euro di debiti, i lavoratori del teatro stabile veronese non riescono a togliersi dalla testa questa frase, pronunciata dal sovrintendente Francesco Girondini. Era il settembre 2013 quando il perito agrario amico di Flavio Tosi – recentemente riconfermato alla guida della prestigiosa fondazione lirico-sinfonica dal ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini – presentava orgoglioso i dati della stagione lirica. La situazione dei conti dell’Arena, però, era un’altra. Secondo un report del giugno 2015, curato dalla società di revisione Kpmg per conto della stessa Fondazione Arena, nel triennio 2012-2014 si sarebbero verificati un “significativo incremento” dei debiti verso i fornitori e un “sensibile peggioramento” dell’esposizione bancaria.
In parole povere, il più grande teatro lirico all’aperto del mondo, fiore all’occhiello dell’Italia sul palcoscenico internazionale, ora rischia il default. E per questo i lavoratori, dal 13 novembre scorso, hanno deciso di occupare in modo permanente gli uffici della Fondazione Arena per chiedere “un cambio di vertice immediato”. Il sindacato autonomo dello spettacolo, Fials, punta il dito contro i debiti “accumulati in poco più di tre anni attraverso scelte aziendali tutte riconducibili al sovrintendente e al Consiglio di indirizzo (Cdi)”, il cui presidente è il sindaco di Verona, il leghista Flavio Tosi. Che lunedì 22 febbraio ha annullato tutti gli incontri con i sindacati e ha minacciato di chiudere l’ente lirico se i lavoratori non accetteranno il piano lacrime e sangue che prevede fino al 50% di esuberi: “È un atto di occupazione illegittima della nostra sede – ha dichiarato Tosi, secondo quanto riporta il quotidiano veronese L’Arena – O si tratta subito o a casa tutti. E la stagione lirica la fa il Comune direttamente”.
Un “buco” di 32 milioni
Stando all’analisi di Kpmg, i conti della Fondazione Arena sono precipitati negli ultimi quattro anni della gestione Tosi-Girondini. La situazione patrimoniale – si legge nel piano industriale 2015-2017 – ha visto “un peggioramento di circa 23 milioni di euro” e l’esposizione verso il sistema bancario è passata “da 3 milioni nel 2011 a 16,2 milioni nel 2014”, mentre i debiti verso i fornitori “da 3,3 milioni nel 2011 a 11,5 nel 2014” (ma il dato aggiornato è ormai intorno ai 16,3 milioni). Il segretario veronese del sindacato autonomo dello spettacolo, Dario Carbone, ha le idee chiare: “La fondazione ha costituito una società chiamata Arena Extra controllata al 100% dalla Fondazione Arena, con amministratore unico lo stesso sovrintendente Girondini, nella quale fluiscono milioni di euro senza un completo controllo neppure da parte del Cdi e dei revisori dei conti”. Insomma, “un mezzo che permette affari altrimenti negati dallo statuto della fondazione – prosegue Carbone – come la gestione dell’Arena Museo Opera (Amo) che ci costa 1,1 milioni all’anno”.
Il M5S: “Finanza creativa”
I fascicoli aperti dalla Procura di Verona in seguito agli esposti presentati sulla società Arena Extra – creata per gestire tutti gli eventi dell’Arena che non fanno parte della stagione lirica – e sulla gestione del sovrintendente Girondini e del sindaco Tosi risultano archiviati o oggetto di richieste di archiviazione da parte della Procura. Ma la questione è stata rispolverata di recente in Parlamento con un’interrogazione firmata dalla senatrice del M5S, Michela Montevecchi: “Nonostante la gestione fallimentare della nuova società (Arena Extra, ndr) nel 2013 Flavio Tosi e l’amministratore unico Girondini hanno deciso di far acquisire ad Arena Extra, dalla fondazione Arena, un ramo d’azienda per circa 12,3 milioni di euro”. Una mossa che avrebbe permesso di iscrivere nel bilancio un credito che, per quanto “inesigibile”, consentiva di ottenere “un pareggio di bilancio fittizio per l’anno 2013, grazie al quale Girondini avrebbe percepito dallo Stato un bonus pari a 50mila euro”. Secondo il capogruppo M5S in consiglio comunale, Gianni Benciolini, “la documentazione dettagliata della Fondazione Arena è top secret: abbiamo chiesto l’accesso agli atti e non abbiamo ricevuto alcuna risposta, tanto che siamo stati costretti a fare ricorso al Tar: l’udienza sarà il 3 marzo prossimo”.
Il piano: 72 esuberi e ballerini “on call”
A “risanare” i conti della Fondazione Arena – dopo il taglio del contratto integrativo dei dipendenti, pari a circa il 30% dello stipendio – è stata chiamata direttamente da Firenze la manager Francesca Tartarotti. Nel 2011 l’allora sindaco di Firenze, Matteo Renzi, l’aveva voluta per ristrutturare la fondazione del Maggio Musicale Fiorentino. E lei – ex manager di Fastweb e Fondiaria – nel capoluogo toscano aveva applicato una ricetta semplice: il taglio del personale. “Per un teatro lirico il personale non è una semplice voce di spesa – spiega il segretario Fials, Carbone – ma è al tempo stesso il risultato finale e la materia prima”. Il piano presentato da Francesca Tartarotti – che ilfattoquotidiano.it ha potuto consultare – prevede circa 72 esuberi tra personale tecnico-amministrativo e artistico per poter accedere ai contributi della legge Bray. Senza contare il taglio del corpo di ballo (la proposta è di sostituirlo con artisti con contratti di “job on call”) e dei laboratori delle scenografie, la cui professionalità è rinomata in tutto il mondo. “È un bagno di sangue per l’economia veronese – spiega a ilfattoquotidiano.it il capogruppo del Pd in consiglio comunale, Michele Bertucco – che dall’Arena riceve ogni anno un indotto di circa 400 milioni”. Mentre i sindacati promettono battaglia: “Senza la nostra firma non se ne fa niente”.