Sono stati creati su richiesta dell’Unione Europea, dovevano servire per identificare subito i migranti arrivati nel nostro Paese e capire immediatamente chi può chiedere asilo, ma fino ad oggi hanno avuto solo l’effetto di moltiplicare i casi di clandestinità. È una sonora bocciatura quella ricevuta dal nuovo sistema degli hotspot a pochi mesi dalla sua nascita: il nuovo modello di accoglienza voluto da Bruxelles, infatti, funziona peggio dei vecchi centri di prima accoglienza. È quanto emerge dai dati ufficiali registrati dal ministero dell’Interno e diffusi oggi da Sinistra Italiana che ha tenuto una conferenza congiunta con le associazioni Arci Palermo, Diritti e frontiere e L’Altro Diritto.
Tra il primo gennaio e il 15 febbraio del 2015 in Italia ci sono stati circa 7.800 sbarchi: lo stesso numero registrato nello stesso periodo di quest’anno, che però è lo stesso di entrata in vigore il sistema degli hotspot, al momento attivi solo in Sicilia a Lampedusa, Trapani e Pozzallo. “La differenza tra i due periodi è che a fronte dello stesso numero di sbarchi il numero dei migranti segnalati come irregolari e quindi respinti è quasi raddoppiato rispetto all’anno scorso”; ha spiegato Erasmo Palazzotto, segretario della commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza.
Dodici mesi fa, infatti, tra gennaio e febbraio erano 3.666 le persone espulse e registrate in condizione di clandestinità. Oggi invece, dopo il varo degli hotspot, quel numero è cresciuto fino a registrare 5.254 irregolari: un’istantanea nitida che fotografa il fallimento del nuovo sistema d’accoglienza. “Purtroppo in questa fase alcune questure continuano ad adottare piani di respingimento ed espulsione sconfessati persino da una recente circolare dello stesso ministero dell’Interno, che in alcune province siciliane restano lettera morta”, dice Fulvio Vassallo Paleologo dell’associazione Diritti e frontiere. Il risultato è che al momento dello sbarco, ai migranti vengono poste domande sommarie sui luogo di provenienza, in modo che nella maggior parte dei casi si arrivi in tempi rapidi alla notifica del provvedimento di respingimento.
“Entro 48 ore – spiega sempre Palazzotto – viene dunque dato loro il foglio di via e vengono accompagnati alle stazioni ferroviarie, dove hanno l’obbligo di lasciare il paese entro sette giorni. Lì vengono abbandonati, senza denaro e lasciati in un limbo dove non possono né andare via né restare in Italia. Quello degli hotspot è quindi una vera e propria macchina di clandestinità”. Una bocciatura totale al sistema hotspot arriva anche dalle associazioni che fanno parte del Tavolo nazionale Asilo (Arci, Caritas, Medici senza frontere, Acli), che domani presenteranno un documento per denunciare l’arbitrarietà “con cui viene negato l’accesso alla procedura d’asilo: a chi non viene permesso di presentare domanda, viene notificato un decreto di respingimento che lo obbliga ad abbandonare la struttura senza ricevere nessun tipo di assistenza”. Il risultato è che in appena dodici mesi i numeri sui clandestini presenti in Italia sono praticamente raddoppiati.