Il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni a gennaio è risalito portandosi al 39,3%, il valore più alto dall’ottobre scorso. E’ quanto emerge dai dati provvisori dell’Istat, che rileva un aumento di 0,7 punti percentuali su base mensile. Peraltro l’istituto di statistica ha rivisto al rialzo, dal 37,9 al 38,6%, il dato di dicembre. Anno su anno il tasso risulta in discesa di 1,6 punti. Per l’intera platea degli italiani attivi resta all’11,5%, quasi invariato dal mese di agosto. Dalle rilevazioni dell’istituto di statistica emerge poi che, nel complesso, a gennaio gli occupati sono aumentati di 70mila unità su base mensile e di 299mila (+1,3%) rispetto a gennaio 2015, quando è entrata in vigore la decontribuzione totale sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato. Gli occupati però crescono quasi solo tra gli over 50.
Aumentano i dipendenti stabili, giù gli indipendenti – Il risultato è stato originato da una crescita di 448mila unità dei dipendenti, 426mila dei quali a tempo indeterminato e 22mila a termine, mentre sono diminuiti di 149mila unità gli indipendenti. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha comunque espresso soddisfazione parlando di “un grande risultato”, dicendosi “felice per tutte queste persone e le loro famiglie” e ringraziando “tutte le aziende e gli imprenditori che hanno avuto fiducia in loro e nel futuro e si sono assunti la responsabilità di promuovere nuovo lavoro”.
Occupati su di 299mila. Ma Renzi ripesca i dati Inps: “+764mila contratti, boom del Jobs Act” – L’aumento dei posti di lavoro effettivi è molto più contenuto rispetto ai 764mila contratti a tempo indeterminato registrati dall’Inps e rivendicati dal governo come “risultato del Jobs Act“: l’istituto previdenziale tiene traccia dei dati amministrativi, che non hanno però valore statistico ai fini dell’andamento dell’occupazione perché sono dati di flusso (dicono quanti soggetti entrano ed escono da un rapporto contrattuale in un certo periodo) e non di stock. Non permettono, insomma, di confrontare il numero di occupati prima e dopo. Per di più, come sottolineato dal docente di analisi dei dati Luca Ricolfi in un’intervista a ilfattoquotidiano.it, i 764mila contratti sono la somma fra il numero delle trasformazioni (578mila) e il saldo fra assunzioni e cessazioni (186mila). E le trasformazioni erano state di più nel 2012, un anno di recessione. Nonostante questo, anche martedì il premier ha rivendicato su Facebook proprio quel dato – “Inps ricorda come siano aumentati i contratti a tempo indeterminato nel 2015 di qualcosa come 764.000 unità!” – per sostenere che “il boom del Jobs Act è impressionante” e “nei due anni del nostro governo abbiamo raggiunto l’obiettivo di quasi mezzo milione di posti di lavoro stabili in più”.
Tra gli under 35 occupati aumentati solo di 9mila unità – Gli occupati crescono di fatto esclusivamente tra gli over 50. A gennaio infatti le persone con un posto di lavoro in questa fascia di età sono cresciute di 359mila unità rispetto a gennaio 2015 (+73mila su dicembre). E se gli inattivi sono diminuiti di 106mila unità è stato grazie a una riduzione di 209mila unità degli inattivi tra i 50 e i 64 anni, legata soprattutto alla stretta sull’età pensionabile. Nella fascia con meno di 35 anni, al contrario, gli occupati sono aumentati a gennaio di appena 9mila unità rispetto a gennaio 2015. Tra gli under 24 si è registrata addirittura una riduzione (-7mila) del numero di persone che hanno un lavoro, compensata da un aumento di 16mila posti per la fascia compresa tra i 25 e i 34 anni. La tendenza si è accentuata a gennaio: rispetto a dicembre gli occupati con meno di 24 anni sono diminuiti di 31mila unità mentre sono aumentati di 8mila unità coloro che hanno tra i 25 e i 34 anni.
A gennaio i dipendenti permanenti sono aumentati di 99mila unità mentre sono calati di 28mila i dipendenti a termine. La crescita occupazionale ha interessato uomini e donne con la medesima intensità: +0,3%. Il tasso di occupazione è cresciuto di 0,2 punti percentuali per gli uomini, arrivando al 66,1% e di 0,1 punti per le donne, attestandosi al 47,5 per cento.