L’azienda di raccolta e smaltimento rifiuti di Livorno, Aamps, è entrata in concordato preventivo. Il via libera è stato dato dal tribunale dopo la richiesta avanzata dal Comune a guida Cinquestelle. Si tratta dell’operazione che il sindaco Filippo Nogarin ha indicato da inizio dicembre e che ha provocato settimane di polemiche, proteste degli operai dell’azienda – 100 per cento di proprietà del Comune –, una crisi di maggioranza (dopo la quale 3 consiglieri M5s sono stati espulsi e un assessore defenestrato), scontri anche tra il cda nominato dalla stessa amministrazione e la giunta comunale. Alla fine quel cda è stato azzerato e quello nuovo ha inoltrato la richiesta di concordato preventivo in continuità al tribunale civile.
I giudici hanno risposto in pochi giorni: in 4 pagine hanno accordato il concordato preventivo e nominato il commissario giudiziale, il commercialista Fabio Serini. Quest’ultimo avrà il compito di vigilare “sul corretto adempimento degli obblighi informativi”. Ogni mese Aamps dovrà presentare a Serini e al tribunale il punto sullo stato finanziario dell’azienda e una relazione sulla gestione. “In questi ultimi tempi ci hanno accusato di tutto – scrive il sindaco Nogarin su facebook – Di essere contro i lavoratori (e abbiamo assunto 33 precari), di aver intrapreso strade illegali, di minacciare la salute pubblica della città, di fare chissà quali operazioni. Oggi però, l’unico organo – in mezzo a un oceano di chiacchiere – che era veramente titolato a parlare, la sezione fallimentare del tribunale di Livorno, ha proferito la sua parola”.
Entro 60 giorni, aggiunge Nogarin, dovrà essere presentato il piano. Il commissario, aggiunge, “potrà finalmente aprire quella scatola in cui sospettiamo troverà molte sorprese”. Il riferimento del sindaco è a una gestione non sempre lineare dell’azienda che peraltro è guidata da quasi due anni da manager nominati dalla giunta M5s. “Ancora una volta ci avevano detto che era impossibile, sbagliato, nefasto e improprio – ribadisce Nogarin – Oggi, invece, ancora una volta, come per il reddito di cittadinanza locale, la promessa è stata mantenuta. Perché noi del M5S abbiamo solo un parola. Ora a tutti quelli che in questi anni hanno ammorbato l’Aamps, utilizzandola come ufficio di collocamento e per praticare la più becera delle politiche clientelari, auguro buona fortuna. Ne avrete bisogno”.
Ora quindi sulla gestione di Aamps ci sarà lo sguardo della giustizia civile, oltre che quella penale. Tra i passaggi significativi dell’ordinanza del tribunale il rapporto tra partecipata e unico socio finanziatore (il Comune), al centro di numerosi scontri tra maggioranza grillina e opposizione, in particolare quella del Pd: “Non solo non sussiste alcun obbligo da parte dell’ente pubblico di finanziare la società partecipata in perdita – scrive il tribunale – ma anzi l’intervento pubblico teso a ricapitalizzare la società in caso di perdite non è ammesso se non in casi eccezionali, dovendo le società pubbliche essere gestite sulla base di principi di economicità, efficienza e legalità finanziaria”.
Non solo. I giudici dicono anche che “ad oggi” non ci sono elementi “sufficienti” per poter definire l’Aamps come “ente pubblico”. Infatti, rovesciando la questione, “nel caso in cui si escludesse l’applicabilità della legge fallimentare – dicono i tre giudici che hanno preso la decisione in forma collegiale – sarebbe totalmente frustrato il sistema di pubblicità legale del registro delle imprese, che suscita nei terzi un legittimo affidamento all’assoggettabilità delle società al regime dell’imprenditore commerciale. Inoltre, si violerebbero clamorosamente i principi di concorrenza e di parità di trattamento tra imprese, e soprattutto si lascerebbe ai creditori la possibilità di azioni esecutive individuali che potrebbero impedire di fatto la prosecuzione dell’attività economica e la conservazione dei valori aziendali”.