Ancora guai per gli ex vertici di Banca Etruria e le attività dell’istituto aretino. Extra creditizie, però. E, in particolare, quelle nei rifiuti, in cui la banca era presente grazie alla partecipazione del 2,5% circa di Sei Toscana, il nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani nelle provincie dell’Ato Toscana Sud (Arezzo, Grosseto e Siena). Un appalto ventennale da circa 160 milioni l’anno vinto nel 2013 ora finito nel mirino della procura di Firenze che, riferiscono La Nazione e Repubblica Firenze, indaga per turbativa d’asta. L’ipotesi degli inquirenti è che il bando di gara è stato tagliato su misura del vincitore.
Banca Etruria era entrata nell’affare un anno prima della gara, nel 2011, rilevando il 9,5% di uno degli azionisti di Sei Toscana, Sta, in occasione di un aumento di capitale. Non solo. L’istituto, insieme all’ex azionista Monte dei Paschi, è tra i finanziatori della società che a fine 2014 aveva quasi 14 milioni di debiti con le banche. I protagonisti principali dell’operazione sono gli stessi che in quegli anni hanno portato l’istituto a investire negli outlet in Toscana, Abruzzo e Cina. Ovvero Giuseppe Fornasari, all’epoca presidente della banca e oggi in attesa di verdetto sul rinvio a giudizio per ostacolo alla vigilanza chiesto dalla Procura di Arezzo. In prima linea c’era però il suo successore Lorenzo Rosi, oggi indagato per omessa dichiarazione di conflitto d’interesse, che nel 2011 era consigliere dell’istituto, presidente di Sta e al vertice della cooperativa Castelnuovese, altro grande socio nonché partner tecnico di Sei, di cui detiene ancora l’11% circa accanto al colosso emiliano Unieco e ai fiorentini di Cooplat. Con loro l’onnipresente Luciano Nataloni, che secondo la stampa locale sarebbe tra i sette indagati per l’appalto. Il commercialista fiorentino nel 2011 ha chiuso un mandato ultradecennale alla presidenza del collegio sindacale della Castelnuovese, tenendosi l’incarico di consigliere di Banca Federico del Vecchio (gruppo Etruria) cui avrebbe presto sommato un ruolo analogo nella capogruppo aretina, per il quale è oggi indagato insieme a Rosi. Chiude le fila Alessio Ferrabuoi, attuale presidente della Castelnuovese, consigliere di Sta ed ex sindaco di Laterina, il paese natale della famiglia Boschi che nel 1995 aveva sconfitto il padre del ministro nella corsa a primo cittadino del comune toscano.
Il ruolo più operativo nel business dei rifiuti è però toccato a Eros Organni, che insieme a Nataloni e al collega Dario Capobianco aveva curato la presentazione del progetto di Sei e, a gara vinta, ne è diventato amministratore delegato. A chi aveva criticato la nomina, il sindaco di Siena, Bruno Valentini, aveva risposto che si tratta di un “tecnico dei servizi pubblici locali”. E altrettanto avrebbe potuto dire del vicepresidente di Sei, il senese Fabrizio Vigni: ex consigliere provinciale e comunale di Siena, da parlamentare, tra il 1994 e il 2006, è stato membro della Commissione ambiente della Camera e ha partecipato alla Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Dal 2009 Vigni è anche presidente di un importante socio di Sei, Sienambiente, il gestore del piano provinciale dei rifiuti fondato alla fine degli anni ’80 dagli enti locali e da Mps, di cui Rosi è stato consigliere dal 1997 fino al 2002.
I nomi non sono casuali: tra i punti che gli inquirenti vogliono chiarire, ci sono i rapporti fra i consulenti dell’Ato, la società pubblica che ha bandito la gara, e i consulenti di Sei. Cioè lo studio legale fiorentino Mariani e Menaldi che ha scritto il bando e, appunto, Capobianco, Nataloni e Organni, che hanno lavorato alla proposta poi risultata vincente. Secondo gli investigatori, fra lo studio legale dell’appaltante e i commercialisti del raggruppamento concorrente c’erano rapporti professionali. Da qui le perquisizioni della Guardia di finanza avvenute nei giorni scorsi che hanno riguardato il direttore generale dell’Ato Toscana Sud, Andrea Corti, i tre commercialisti, Mariani, Menaldi e Vigni.
L’appalto era già finito nel mirino della Corte dei Conti, dopo un esposto firmato dal Movimento 5 Stelle. I pentastellati all’inizio avevano presentato una mozione in almeno 20 dei 100 comuni delle province di Arezzo, Siena e Grosseto. A seguire un’interrogazione in Consiglio regionale e l’esposto alla Corte dei Conti dopo il quale, a fine maggio 2015, la Guardia di Finanza aveva fatto la sua prima visita nella sede senese dell’Ato Toscana Sud acquisendo in 48 ore tutti gli atti relativi alla gara. Nel mirino degli esponenti durata, costi, requisiti di partecipazione e corrispettivo economico della gara. Per vincerla, ad esempio, le ditte interessate avrebbero dovuto mettere in preventivo un esborso di almeno 10 milioni e mezzo di euro per rimborsare ai precedenti gestori i crediti Tia non riscossi.
Una somma non da poco, tanto più che non era possibile stimarne i tempi precisi di ammortamento, visto che sempre nel bando era scritto che il servizio in questione “avrà durata non inferiore a 15 né superiore a 25 anni”. Altro requisito tecnico contestato è quello relativo alle competenze dei partecipanti, ai quali veniva chiesto di avere in gestione almeno un impianto di termovalorizzazione dei rifiuti. Se una società interessata lo aveva gestito in passato? Inutile e insufficiente a partecipare. Nel mirino, poi, le eccessive discrepanze tra il bando di gara e il contratto siglato dall’Ato. Tra queste voci di costo del servizio non presenti nello schema di contratto approvato dalla Giunta regionale che hanno portato alla stipula di due accordi integrativi (il secondo dei quali non sottoscritto da Sei Toscana) con il conseguente incremento del corrispettivo di oltre 12 milioni di euro.
Il costo del servizio in sé, poi, merita un capitolo a parte. Secondo il Movimento 5 Stelle, infatti, nel contratto era prevista un’iniziale fase transitoria (si parla di una durata di sei mesi) al termine della quale l’Ato e Sei Toscana avrebbero avviato un confronto finalizzato a quantificare il compenso da versare. Accusa a prima vista balzana, ma che trova riscontro nel bilancio 2014 presentato da Sei Toscana. Nel documento si legge testualmente che “la più rilevante criticità affrontata nel 2014 è stata senz’altro l’assenza di un corrispettivo definito per lo svolgimento delle nostre attività”. In pratica per il primo anno di attività, la Sei Toscana da contratto avrebbe dovuto incassare una cifra calcolata sulla base dei servizi offerti prima dell’avvio della gestione di ambito. A dicembre 2013, l’Ato fissò questa cifra provvisoria in 104 milioni di euro, che “doveva poi essere sostituita dalla quantificazione definitiva a seguito dell’applicazione dei parametri di gara al progetto dei servizi esecutivo”.
Di questi soldi, però, la Sei Toscana nel 2014 ha potuto fatturare solo 98 milioni di euro, “poiché a pochi mesi dall’avvio della gestione, l’Ato ridusse il corrispettivo provvisorio in modo del tutto unilaterale e senza alcun collegamento con la concreta progettazione dei servizi”. Di fronte a quest’atto, Sei Toscana ricorre al Tar. Si apre un contenzioso che viene risolto con una bozza d’accordo: Sei Toscana si impegna a non incassare subito il dovuto e acconsente ad introdurre un sistema graduale che, nell’arco di quattro anni, dai 98 milioni di partenza arrivi ai 104 dovuti. E il resto? Costituirà “una voce di credito che potrà essere regolata al termine della fase transitoria attraverso un eventuale allungamento della concessione“. Tradotto: l’appalto viene prorogato. In ogni caso “la bozza di accordo è stata approvata dall’assemblea di Ato, nonché dal cda di Sei Toscana ed è attualmente in corso di definizione”. Si vedrà.
Nel frattempo, Sei Toscana non ha perso tempo per commentare l’inchiesta per turbativa d’asta della Procura di Firenze. “Abbiamo piena fiducia nell’operato della magistratura e auspichiamo che si compiano al più presto tutte le verifiche necessarie a chiarire il procedimento di aggiudicazione del servizio, la cui correttezza riteniamo che alla fine verrà dimostrata” ha detto il presidente del raggruppamento di imprese Simone Viti. Tranquillità assoluta, insomma, tanto che Viti ha anche sottolineato che “questa fase di approfondimento dell’indagine, avviata oltre due anni fa, è per noi, finalmente, un modo per far luce una volta per tutte sul nostro operato”. Intanto però Sei Toscana ha già all’attivo due esercizi di gestione dei rifiuti delle province di Arezzo, Grosseto e Siena che il primo anno hanno fruttato 1,8 milioni di utili. E nel frattempo ha concorso anche per l’affidamento del centro (Firenze, Prato e Pistoia) e della costa (Livorno, Lucca, Massa Carrara e Pisa) della Toscana.
Lobby
Banca Etruria e Castelnuovese, ora il guaio è la spazzatura: l’attività del settore rifiuti nel mirino dei pm di Firenze
I magistrati del capoluogo fiorentino indagano sull'appalto ventennale da 160 milioni di euro vinto da Sei Toscana, il nuovo gestore del servizio integrato dei di raccolta nelle provincie dell’Ato Toscana Sud (Arezzo, Grosseto e Siena) e di cui l'istituto di credito possiede il 2,5%. Almeno sei gli indagati, tra essi anche l'ex consigliere di Etruria Nataloni
Ancora guai per gli ex vertici di Banca Etruria e le attività dell’istituto aretino. Extra creditizie, però. E, in particolare, quelle nei rifiuti, in cui la banca era presente grazie alla partecipazione del 2,5% circa di Sei Toscana, il nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani nelle provincie dell’Ato Toscana Sud (Arezzo, Grosseto e Siena). Un appalto ventennale da circa 160 milioni l’anno vinto nel 2013 ora finito nel mirino della procura di Firenze che, riferiscono La Nazione e Repubblica Firenze, indaga per turbativa d’asta. L’ipotesi degli inquirenti è che il bando di gara è stato tagliato su misura del vincitore.
Banca Etruria era entrata nell’affare un anno prima della gara, nel 2011, rilevando il 9,5% di uno degli azionisti di Sei Toscana, Sta, in occasione di un aumento di capitale. Non solo. L’istituto, insieme all’ex azionista Monte dei Paschi, è tra i finanziatori della società che a fine 2014 aveva quasi 14 milioni di debiti con le banche. I protagonisti principali dell’operazione sono gli stessi che in quegli anni hanno portato l’istituto a investire negli outlet in Toscana, Abruzzo e Cina. Ovvero Giuseppe Fornasari, all’epoca presidente della banca e oggi in attesa di verdetto sul rinvio a giudizio per ostacolo alla vigilanza chiesto dalla Procura di Arezzo. In prima linea c’era però il suo successore Lorenzo Rosi, oggi indagato per omessa dichiarazione di conflitto d’interesse, che nel 2011 era consigliere dell’istituto, presidente di Sta e al vertice della cooperativa Castelnuovese, altro grande socio nonché partner tecnico di Sei, di cui detiene ancora l’11% circa accanto al colosso emiliano Unieco e ai fiorentini di Cooplat. Con loro l’onnipresente Luciano Nataloni, che secondo la stampa locale sarebbe tra i sette indagati per l’appalto. Il commercialista fiorentino nel 2011 ha chiuso un mandato ultradecennale alla presidenza del collegio sindacale della Castelnuovese, tenendosi l’incarico di consigliere di Banca Federico del Vecchio (gruppo Etruria) cui avrebbe presto sommato un ruolo analogo nella capogruppo aretina, per il quale è oggi indagato insieme a Rosi. Chiude le fila Alessio Ferrabuoi, attuale presidente della Castelnuovese, consigliere di Sta ed ex sindaco di Laterina, il paese natale della famiglia Boschi che nel 1995 aveva sconfitto il padre del ministro nella corsa a primo cittadino del comune toscano.
Il ruolo più operativo nel business dei rifiuti è però toccato a Eros Organni, che insieme a Nataloni e al collega Dario Capobianco aveva curato la presentazione del progetto di Sei e, a gara vinta, ne è diventato amministratore delegato. A chi aveva criticato la nomina, il sindaco di Siena, Bruno Valentini, aveva risposto che si tratta di un “tecnico dei servizi pubblici locali”. E altrettanto avrebbe potuto dire del vicepresidente di Sei, il senese Fabrizio Vigni: ex consigliere provinciale e comunale di Siena, da parlamentare, tra il 1994 e il 2006, è stato membro della Commissione ambiente della Camera e ha partecipato alla Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Dal 2009 Vigni è anche presidente di un importante socio di Sei, Sienambiente, il gestore del piano provinciale dei rifiuti fondato alla fine degli anni ’80 dagli enti locali e da Mps, di cui Rosi è stato consigliere dal 1997 fino al 2002.
I nomi non sono casuali: tra i punti che gli inquirenti vogliono chiarire, ci sono i rapporti fra i consulenti dell’Ato, la società pubblica che ha bandito la gara, e i consulenti di Sei. Cioè lo studio legale fiorentino Mariani e Menaldi che ha scritto il bando e, appunto, Capobianco, Nataloni e Organni, che hanno lavorato alla proposta poi risultata vincente. Secondo gli investigatori, fra lo studio legale dell’appaltante e i commercialisti del raggruppamento concorrente c’erano rapporti professionali. Da qui le perquisizioni della Guardia di finanza avvenute nei giorni scorsi che hanno riguardato il direttore generale dell’Ato Toscana Sud, Andrea Corti, i tre commercialisti, Mariani, Menaldi e Vigni.
L’appalto era già finito nel mirino della Corte dei Conti, dopo un esposto firmato dal Movimento 5 Stelle. I pentastellati all’inizio avevano presentato una mozione in almeno 20 dei 100 comuni delle province di Arezzo, Siena e Grosseto. A seguire un’interrogazione in Consiglio regionale e l’esposto alla Corte dei Conti dopo il quale, a fine maggio 2015, la Guardia di Finanza aveva fatto la sua prima visita nella sede senese dell’Ato Toscana Sud acquisendo in 48 ore tutti gli atti relativi alla gara. Nel mirino degli esponenti durata, costi, requisiti di partecipazione e corrispettivo economico della gara. Per vincerla, ad esempio, le ditte interessate avrebbero dovuto mettere in preventivo un esborso di almeno 10 milioni e mezzo di euro per rimborsare ai precedenti gestori i crediti Tia non riscossi.
Una somma non da poco, tanto più che non era possibile stimarne i tempi precisi di ammortamento, visto che sempre nel bando era scritto che il servizio in questione “avrà durata non inferiore a 15 né superiore a 25 anni”. Altro requisito tecnico contestato è quello relativo alle competenze dei partecipanti, ai quali veniva chiesto di avere in gestione almeno un impianto di termovalorizzazione dei rifiuti. Se una società interessata lo aveva gestito in passato? Inutile e insufficiente a partecipare. Nel mirino, poi, le eccessive discrepanze tra il bando di gara e il contratto siglato dall’Ato. Tra queste voci di costo del servizio non presenti nello schema di contratto approvato dalla Giunta regionale che hanno portato alla stipula di due accordi integrativi (il secondo dei quali non sottoscritto da Sei Toscana) con il conseguente incremento del corrispettivo di oltre 12 milioni di euro.
Il costo del servizio in sé, poi, merita un capitolo a parte. Secondo il Movimento 5 Stelle, infatti, nel contratto era prevista un’iniziale fase transitoria (si parla di una durata di sei mesi) al termine della quale l’Ato e Sei Toscana avrebbero avviato un confronto finalizzato a quantificare il compenso da versare. Accusa a prima vista balzana, ma che trova riscontro nel bilancio 2014 presentato da Sei Toscana. Nel documento si legge testualmente che “la più rilevante criticità affrontata nel 2014 è stata senz’altro l’assenza di un corrispettivo definito per lo svolgimento delle nostre attività”. In pratica per il primo anno di attività, la Sei Toscana da contratto avrebbe dovuto incassare una cifra calcolata sulla base dei servizi offerti prima dell’avvio della gestione di ambito. A dicembre 2013, l’Ato fissò questa cifra provvisoria in 104 milioni di euro, che “doveva poi essere sostituita dalla quantificazione definitiva a seguito dell’applicazione dei parametri di gara al progetto dei servizi esecutivo”.
Di questi soldi, però, la Sei Toscana nel 2014 ha potuto fatturare solo 98 milioni di euro, “poiché a pochi mesi dall’avvio della gestione, l’Ato ridusse il corrispettivo provvisorio in modo del tutto unilaterale e senza alcun collegamento con la concreta progettazione dei servizi”. Di fronte a quest’atto, Sei Toscana ricorre al Tar. Si apre un contenzioso che viene risolto con una bozza d’accordo: Sei Toscana si impegna a non incassare subito il dovuto e acconsente ad introdurre un sistema graduale che, nell’arco di quattro anni, dai 98 milioni di partenza arrivi ai 104 dovuti. E il resto? Costituirà “una voce di credito che potrà essere regolata al termine della fase transitoria attraverso un eventuale allungamento della concessione“. Tradotto: l’appalto viene prorogato. In ogni caso “la bozza di accordo è stata approvata dall’assemblea di Ato, nonché dal cda di Sei Toscana ed è attualmente in corso di definizione”. Si vedrà.
Nel frattempo, Sei Toscana non ha perso tempo per commentare l’inchiesta per turbativa d’asta della Procura di Firenze. “Abbiamo piena fiducia nell’operato della magistratura e auspichiamo che si compiano al più presto tutte le verifiche necessarie a chiarire il procedimento di aggiudicazione del servizio, la cui correttezza riteniamo che alla fine verrà dimostrata” ha detto il presidente del raggruppamento di imprese Simone Viti. Tranquillità assoluta, insomma, tanto che Viti ha anche sottolineato che “questa fase di approfondimento dell’indagine, avviata oltre due anni fa, è per noi, finalmente, un modo per far luce una volta per tutte sul nostro operato”. Intanto però Sei Toscana ha già all’attivo due esercizi di gestione dei rifiuti delle province di Arezzo, Grosseto e Siena che il primo anno hanno fruttato 1,8 milioni di utili. E nel frattempo ha concorso anche per l’affidamento del centro (Firenze, Prato e Pistoia) e della costa (Livorno, Lucca, Massa Carrara e Pisa) della Toscana.
Lady Etruria
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Terzo giorno di attacchi hacker russi a siti italiani: giù Mediobanca, Nexi e Fiocchi munizioni
Kiev, 19 mar. (Adnkronos) - "Sono attualmente in corso operazioni di soccorso a Odessa in seguito a un altro attacco russo alle infrastrutture energetiche della città. 160mila persone sono al momento senza luce e riscaldamento". Lo scrive su X il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, aggiungendo che "ancora una volta, le strutture energetiche civili sono state colpite: da quasi tre anni, l'esercito russo utilizza senza sosta missili e droni d'attacco contro di esse".
"Proprio ieri - prosegue il post - dopo il famigerato incontro a Riad, è diventato chiaro che i rappresentanti russi stavano di nuovo mentendo, sostenendo di non prendere di mira il settore energetico ucraino. Eppure, quasi contemporaneamente, hanno lanciato un altro attacco, con droni che hanno colpito trasformatori elettrici. E questo durante l'inverno: di notte c'erano meno 6 gradi Celsius".
"Almeno 160.000 residenti di Odessa sono ora senza riscaldamento ed elettricità. Tredici scuole, un asilo e diversi ospedali sono rimasti senza elettricità o riscaldamento. Le squadre di riparazione stanno lavorando instancabilmente e tutti i servizi comunali sono impegnati. Sono grato a ogni soccorritore e a tutti coloro che aiutano le persone. Non dobbiamo mai dimenticare che la Russia è governata da bugiardi patologici: non ci si può fidare di loro e bisogna fare pressione. Per amore della pace".
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - Si svolge oggi, alle 15, il Question time trasmesso dalla Rai in diretta televisiva dall'Aula di Montecitorio, a cura di Rai Parlamento. Il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, risponde a una interrogazione sulle iniziative volte a salvaguardare la produzione nazionale di ortofrutta, attraverso un corretto equilibrio tra esigenze produttive e sicurezza alimentare.
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, risponde a interrogazioni sulle iniziative normative per limitare il ricorso alla custodia cautelare, anche nell'ottica della riduzione del sovraffollamento all'interno delle carceri; sulle iniziative in relazione alla situazione all'interno delle carceri, con particolare riferimento al sovraffollamento e al fenomeno dei suicidi; sulle tecnologie in uso alla polizia penitenziaria; sulle risorse finanziarie destinate al funzionamento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, del Gruppo operativo mobile e del Nucleo investigativo centrale e chiarimenti in ordine ad attività di intercettazione svolte da strutture finanziate dal ministero della Giustizia.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, risponde a interrogazioni sulle iniziative volte ad arginare i fenomeni di sfruttamento lavorativo nell'ambito delle filiere del made in Italy; sullo sviluppo dell'industria aerospaziale italiana; sulle iniziative volte a salvaguardare la continuità produttiva degli stabilimenti liguri della Piaggio aerospace e i relativi livelli occupazionali, con riferimento alla procedura di cessione all'azienda turca Baykar; sulle iniziative a sostegno della produzione industriale nazionale a tutela dei livelli occupazionali, nonché per stimolare la crescita economica e rafforzare la competitività; sull'adozione del Libro bianco sulla nuova strategia italiana di politica industriale.
Palermo, 19 feb. (Adnkronos) - I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, unitamente a personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Gruppo Operativo Regionale Antifrode - Gora), hanno eseguito un’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Termini Imerese (su richiesta della Procura termitana), con cui è stato disposto il sequestro preventivo di 10 complessi aziendali, nonché di beni e di disponibilità finanziarie per oltre 15 milioni di euro nei confronti di 13 soggetti (anche per equivalente). Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico - Finanziaria di Palermo in co-delega con il citato Ufficio dell’A.D.M., hanno consentito di ricostruire l’operatività di un’associazione per delinquere attiva nelle province di Palermo, Agrigento e Catania e dedita alla commissione di illeciti tributari, con particolare riferimento alla commercializzazione di prodotti energetici sottoposti ad aliquota agevolata (c.d. “gasolio agricolo”).
Secondo la ricostruzione compiuta, la frode avrebbe permesso di sottrarre al pagamento delle imposte oltre 11 milioni di litri di prodotto petrolifero e sarebbe stata perpetrata attraverso l’utilizzo strumentale di operatori economici del settore e la predisposizione di documentazione mendace. Più nel dettaglio, diversi depositi commerciali riconducibili ai vertici del sodalizio criminale avrebbero emesso fatture per operazioni inesistenti e predisposto DAS fittizi al fine di documentare cartolarmente la vendita di carburante a “società di comodo” o aziende del tutto ignare di quanto avveniva, mentre lo stesso, in realtà, veniva ceduto “in nero” a soggetti terzi non aventi titolo a riceverlo. Il che consentiva a questi ultimi di praticare prezzi fortemente concorrenziali a discapito degli altri operatori del settore.
Il descritto sistema di frode - come accertato all’esito di indagini tecniche, servizi di riscontro su strada e mirate attività ispettive - avrebbe garantito un significativo abbattimento dell’I.V.A. e delle Accise dovute, oltre che delle imposte dirette, generando un’evasione d’imposta, e un conseguente danno alle casse dello Stato, pari a 15.231.376,80 euro. Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici, irregolarità nella loro circolazione e illeciti di natura tributaria.
Abu Dhabi, 19 feb. (Adnkronos) - Il segretario di Stato americano Marco Rubio è arrivato negli Emirati Arabi Uniti, ultima tappa del suo primo tour in Medio Oriente, dopo i colloqui di ieri con i funzionari russi a Riad. Rubio incontrerà ad Abu Dhabi il presidente degli Emirati Mohammed bin Zayed Al Nahyan e il ministro degli Esteri Abdullah bin Zayed Al Nahyan.
La visita di Rubio negli Emirati Arabi Uniti precede il vertice di venerdì in Arabia Saudita dei sei Stati del Consiglio di cooperazione del Golfo, nonché di Egitto e Giordania, per rispondere al piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per la Gaza del dopoguerra.
L'amministrazione Trump, che respinge qualsiasi ruolo futuro di Hamas nel devastato territorio palestinese, ha invitato i paesi arabi, fermamente contrari a qualsiasi spostamento dei palestinesi da Gaza, a proporre alternative al piano del presidente degli Stati Uniti.
Kiev, 19 feb. (Adnkronos) - Il massiccio attacco notturno con droni russi contro la città e l'oblast meridionale di Odessa ha ferito almeno quattro persone, tra cui un bambino. Lo ha riferito il governatore Oleh Kiper, secondo cui nell'attacco sono rimasti danneggiati una clinica pediatrica, un asilo, grattacieli e alcune automobili.
Tel Aviv, 19 feb. (Adnkronos) - I caccia israeliani hanno colpito depositi di armi appartenenti all'ex regime siriano di Bashar Assad a Sasa, nella Siria meridionale. Lo ha reso noto l'esercito israeliano in una nota.
Brasilia, 19 feb. (Adnkronos/Afp) - L'ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro è stato incriminato per un presunto piano di "colpo di stato" volto a impedire il ritorno al potere del suo successore Lula dopo le elezioni del 2022. La procura ha dettagliato in un comunicato l'incriminazione dell'ex leader dell'estrema destra (2019-2022) e di altri 33 indagati "accusati di incitamento e compimento di atti contrari ai tre poteri e allo Stato di diritto democratico".
L'atto d'accusa è stato consegnato alla Corte Suprema, che ora dovrà decidere se processarlo. L'ex capo dello Stato è stato incriminato per presunti piani di "colpo di stato", "tentato tentativo di abolizione violenta dello stato di diritto democratico" e "organizzazione criminale armata". Se si aprisse un processo, Jair Bolsonaro rischierebbe una condanna da 12 a 40 anni di carcere.
Secondo l'accusa, questa presunta cospirazione "era guidata dal presidente Bolsonaro e dal suo candidato alla vicepresidenza Walter Braga Netto che, alleati con altri individui, civili e militari, hanno tentato di impedire, in modo coordinato, l'applicazione del risultato delle elezioni presidenziali del 2022".