È il 12 febbraio 2016 quando 47 aziende della sharing economy scrivono una lettera aperta al primo ministro olandese, Mark Rutte, che detiene la presidenza dell’Unione europea. Uber e Airbnb, in testa, chiedono che sia elaborata una strategia unica per tutto il continente. Le norme di settore, dicono, sono troppo frammentate, lo sforzo di gestione è eccessivo. Quello della sharing economy è un dossier su cui la commissione lavora da mesi, l’elaborazione delle linee guida dovrebbe concludersi a giugno.
“Non neghiamo che ci piacerebbe molto se la commissione si facesse ispirare dalla nostra proposta. Sarebbe un ottimo modo per avviare un dibattito costruttivo”. A dirlo a ilfattoquotidiano è Stefano Quintarelli, uno dei firmatari della prima proposta di legge italiana sulla sharing economy presentata la settimana scorsa dall’Intergruppo parlamentare innovazione. Nel testo non ci sono definizioni anglosassoni: si parla di economia della condivisione riferendosi al valore che si produce condividendo online beni e servizi guadagnandoci. “Ci abbiamo lavorato per due anni – spiega Quintarelli – Abbiamo ascoltato tutti: aziende consumatori, regolatori, ministeri, avvocati. Abbiamo osservato cosa accadeva nel mondo”. Trovare un modello che andasse bene per tutti era difficile. “Abbiamo allora scelto di proporre una legge solo per chi avesse messo a disposizione il proprio tempo e le proprie risorse come integrazione del basso reddito”. L’obiettivo è, da un lato, non scontrarsi troppo drammaticamente con gli operatori professionisti, dall’altro consentire agli utenti di arrotondare.
La proposta è divisa in 12 punti e sarà online fino al 19 maggio, quando si chiuderà la consultazione pubblica: chiunque può accedere alla pagina e commentare il testo con suggerimenti e idee. Il concetto di partenza è che i beni e i servizi che generano valore appartengono agli utenti che li mettono a disposizione e non ai gestori della piattaforma. Si esclude l’esistenza o la nascita di qualsiasi rapporto di lavoro di tipo subordinato tra gestore e utente: ad esempio, nessun cuoco che si iscrive a Gnammo, piattaforma di home restaurant, potrà mai essere riconosciuto come suo dipendente. Il testo prevede poi l’istituzione di un “registro elettronico nazionale delle piattaforme”: lo istituisce l’Antitrust, che ha anche il compito di vigilare e verificare che sia rispettato l’obbligo di garantire una polizza assicurativa per le attività ospitate.
E di approvare un documento di policy che gli utenti dovranno sottoscrivere. Se ad esempio si utilizza una camera con Airbnb, si è coperti da assicurazione? Al momento, non è detto. Con la legge sarà obbligatorio. “Cercare di dare norme sui singoli settori è difficile – spiega Quintarelli – Così abbiamo previsto un’autoregolamentazione. Chi, oggi, senza la legge fa un home restaurant rischia di essere multato perché magari non rispetta le normative di settore. Ma se si è iscritti al registro e gli utenti fatturano massimo 10mila euro, si è tutelati perché c’è un documento di policy che informa il consumatore che non sta andando in un ristorante in cui il prosciutto e il formaggio in frigo devono essere separati, come previsto dalla legge”.
C’è poi la questione fiscale. La proposta prevede la tassazione al 10% fino a 10 mila euro di fatturato, con la piattaforma che fa da sostituto d’imposta. Se però si supera questo limite, l’utente è tenuto a rispettare tutti gli obblighi che toccano a un professionista. Viene cioè considerato tale. È il motivo per cui, ad esempio, Uber non rientra in questa legge: al momento fa solo intermediazione di professionisti. Uberpop, invece, rientrerebbe ma è stata bloccata dal tribunale di Milano. Fuori dalla proposta anche servizi come BlaBlaCar, che non prevedono ricavi. “È perfetta invece per Airbnb – spiega Quintarelli – Se affitti una stanza, oggi sei perseguibile. Con questa legge no. Tutti gli alberghi travestiti da affittuari Airbnb, invece, superando i 10 mila euro saranno costretti a stare alle regole”. Punto critico è quello che riguarda l’obbligo delle piattaforme di avere un’organizzazione stabile in Italia, pagando le tasse qui.
Simone Cicero è il fondatore di Hopen Think Tank e si occupa di innovazione. È stato uno dei primi a criticare la proposta. “Alla base c’è un’estrema burocratizzazione – dice – l’istituzione del registro, l’approvazione dell’Antitrust. Sono processi poco attuali. Oggi, chi crea una start-up la testa sul cliente prima di svilupparla. Doversi iscrivere prima a un registro rallenta tutti i processi”. Sailsquare, invece, è una piattaforma per condividere le vacanze in barca. “È positivo che si sia aperto un tavolo di discussione – spiega al Fatto il ceo Riccardo Boatti – e soprattutto che si affronti la questione della fiscalità. Questo è un punto di partenza: non si può pretendere di riunire diversi settori in una sola legge. C’è bisogno di una distinzione verticale”. Proprio quella che i deputati vogliono evitare.
La sharing economy, oggi, coinvolge soprattutto tre mercati: attività ricettiva, cibo e trasporto. “I professionisti non possono essere esclusi – dice Cicero – E la tassazione, poi, è molto bassa, senza obbligo previdenziale: si tassano allo stesso modo rendite da immobili e da lavoro”. Più critici i fondatori di Cocontest, la start-up che propone soluzioni e progetti architettonici che nei mesi scorsi è entrata in forte contrasto con il Parlamento. “È una logica votata a recuperare il gettito dalle big company straniere – dice il fondatore Alessandro Rossi – invece che a favorire la crescita delle start-up italiane. Il limite a 10mila euro ne incrementa un utilizzo amatoriale e non professionale mentre la massa critica si può ottenere solo con un uso professionale”.
da Il Fatto Quotidiano del 9 marzo 2016
Economia
Sharing economy, la sfida dell’Italia a regolamentare il caos della condivisione
L’Intergruppo parlamentare innovazione ha presentato la prima proposta di legge sul settore, che oggi coinvolge soprattutto le attività ricettive, il cibo e i trasporti. Si esclude la nascita di qualsiasi rapporto di lavoro subordinato tra gestore e utente e si prevede l’istituzione di un “registro elettronico nazionale delle piattaforme”. Consultazione online fino al 19 maggio
È il 12 febbraio 2016 quando 47 aziende della sharing economy scrivono una lettera aperta al primo ministro olandese, Mark Rutte, che detiene la presidenza dell’Unione europea. Uber e Airbnb, in testa, chiedono che sia elaborata una strategia unica per tutto il continente. Le norme di settore, dicono, sono troppo frammentate, lo sforzo di gestione è eccessivo. Quello della sharing economy è un dossier su cui la commissione lavora da mesi, l’elaborazione delle linee guida dovrebbe concludersi a giugno.
“Non neghiamo che ci piacerebbe molto se la commissione si facesse ispirare dalla nostra proposta. Sarebbe un ottimo modo per avviare un dibattito costruttivo”. A dirlo a ilfattoquotidiano è Stefano Quintarelli, uno dei firmatari della prima proposta di legge italiana sulla sharing economy presentata la settimana scorsa dall’Intergruppo parlamentare innovazione. Nel testo non ci sono definizioni anglosassoni: si parla di economia della condivisione riferendosi al valore che si produce condividendo online beni e servizi guadagnandoci. “Ci abbiamo lavorato per due anni – spiega Quintarelli – Abbiamo ascoltato tutti: aziende consumatori, regolatori, ministeri, avvocati. Abbiamo osservato cosa accadeva nel mondo”. Trovare un modello che andasse bene per tutti era difficile. “Abbiamo allora scelto di proporre una legge solo per chi avesse messo a disposizione il proprio tempo e le proprie risorse come integrazione del basso reddito”. L’obiettivo è, da un lato, non scontrarsi troppo drammaticamente con gli operatori professionisti, dall’altro consentire agli utenti di arrotondare.
La proposta è divisa in 12 punti e sarà online fino al 19 maggio, quando si chiuderà la consultazione pubblica: chiunque può accedere alla pagina e commentare il testo con suggerimenti e idee. Il concetto di partenza è che i beni e i servizi che generano valore appartengono agli utenti che li mettono a disposizione e non ai gestori della piattaforma. Si esclude l’esistenza o la nascita di qualsiasi rapporto di lavoro di tipo subordinato tra gestore e utente: ad esempio, nessun cuoco che si iscrive a Gnammo, piattaforma di home restaurant, potrà mai essere riconosciuto come suo dipendente. Il testo prevede poi l’istituzione di un “registro elettronico nazionale delle piattaforme”: lo istituisce l’Antitrust, che ha anche il compito di vigilare e verificare che sia rispettato l’obbligo di garantire una polizza assicurativa per le attività ospitate.
E di approvare un documento di policy che gli utenti dovranno sottoscrivere. Se ad esempio si utilizza una camera con Airbnb, si è coperti da assicurazione? Al momento, non è detto. Con la legge sarà obbligatorio. “Cercare di dare norme sui singoli settori è difficile – spiega Quintarelli – Così abbiamo previsto un’autoregolamentazione. Chi, oggi, senza la legge fa un home restaurant rischia di essere multato perché magari non rispetta le normative di settore. Ma se si è iscritti al registro e gli utenti fatturano massimo 10mila euro, si è tutelati perché c’è un documento di policy che informa il consumatore che non sta andando in un ristorante in cui il prosciutto e il formaggio in frigo devono essere separati, come previsto dalla legge”.
C’è poi la questione fiscale. La proposta prevede la tassazione al 10% fino a 10 mila euro di fatturato, con la piattaforma che fa da sostituto d’imposta. Se però si supera questo limite, l’utente è tenuto a rispettare tutti gli obblighi che toccano a un professionista. Viene cioè considerato tale. È il motivo per cui, ad esempio, Uber non rientra in questa legge: al momento fa solo intermediazione di professionisti. Uberpop, invece, rientrerebbe ma è stata bloccata dal tribunale di Milano. Fuori dalla proposta anche servizi come BlaBlaCar, che non prevedono ricavi. “È perfetta invece per Airbnb – spiega Quintarelli – Se affitti una stanza, oggi sei perseguibile. Con questa legge no. Tutti gli alberghi travestiti da affittuari Airbnb, invece, superando i 10 mila euro saranno costretti a stare alle regole”. Punto critico è quello che riguarda l’obbligo delle piattaforme di avere un’organizzazione stabile in Italia, pagando le tasse qui.
Simone Cicero è il fondatore di Hopen Think Tank e si occupa di innovazione. È stato uno dei primi a criticare la proposta. “Alla base c’è un’estrema burocratizzazione – dice – l’istituzione del registro, l’approvazione dell’Antitrust. Sono processi poco attuali. Oggi, chi crea una start-up la testa sul cliente prima di svilupparla. Doversi iscrivere prima a un registro rallenta tutti i processi”. Sailsquare, invece, è una piattaforma per condividere le vacanze in barca. “È positivo che si sia aperto un tavolo di discussione – spiega al Fatto il ceo Riccardo Boatti – e soprattutto che si affronti la questione della fiscalità. Questo è un punto di partenza: non si può pretendere di riunire diversi settori in una sola legge. C’è bisogno di una distinzione verticale”. Proprio quella che i deputati vogliono evitare.
La sharing economy, oggi, coinvolge soprattutto tre mercati: attività ricettiva, cibo e trasporto. “I professionisti non possono essere esclusi – dice Cicero – E la tassazione, poi, è molto bassa, senza obbligo previdenziale: si tassano allo stesso modo rendite da immobili e da lavoro”. Più critici i fondatori di Cocontest, la start-up che propone soluzioni e progetti architettonici che nei mesi scorsi è entrata in forte contrasto con il Parlamento. “È una logica votata a recuperare il gettito dalle big company straniere – dice il fondatore Alessandro Rossi – invece che a favorire la crescita delle start-up italiane. Il limite a 10mila euro ne incrementa un utilizzo amatoriale e non professionale mentre la massa critica si può ottenere solo con un uso professionale”.
da Il Fatto Quotidiano del 9 marzo 2016
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Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.