Calunniato con “false accuse” fino a farlo commissariare, destituire e indagare. Fallito il tentativo di sequestro, gli avrebbero prospettato la rinuncia ad ogni azione giudiziale in cambio dei beni. In altre parole: un complotto. Passa al contrattacco padre Stefano Manelli, il fondatore della congregazione dei Frati Francescani dell’Immacolata destituito per la gestione di fondi e beni dell’ordine e indagato dalla Procura di Avellino per presunti abusi e maltrattamenti nei confronti delle ex suore che ne facevano parte. Un altro capitolo della brutta storia che ha assunto i tratti de Il Nome della Rosa e dei romanzi di Dan Brown e da mesi riserva titoli forti ai rotocalchi di nera e prelibati riempitivi per i palinsesti pomeridiani: l’ex suora che testimonia d’aver subito violenze vent’anni prima, lettere di devozione al “fondatore” scritte col sangue e altre aberrazioni, complotti nelle alte sfere della Chiesa e tra laici e religiosi per accaparrarsi l’ingente patrimonio dell’istituto che sarebbe poi destinato ai poveri e invece resta lì, in attesa che la giustizia terrena accerti i fatti e metta fine al romanzo a puntate che incolla tanti italiani alla tv. Non prima d’aver vagliato anche l’ultima: le “morti sospette”, avvelenamenti compresi.
Su quei fatti c’è molta poca chiarezza. Prova ne sia una contro-denuncia per associazione a delinquere, calunnia e diffamazione depositata il 2 marzo scorso presso la Procura di Avellino, la stessa che indaga sui quei fatti, dal legale di Manelli, Enrico Tuccillo, già difensore del cardinal Giordano e di Don Giuseppe Rassello. L’esposto riporta dieci firme, compresa quella del fondatore sott’accusa, e ipotizza un complotto di alcuni frati ai danni del Manelli e dell’ordine al fine di “impossessarsi dei beni dell’istituto”: sarebbero gli istigatori delle ricostruzioni “fantasiose” che hanno demolito l’immagine del religioso, adoperandosi nel confezionare e diffondere il citatissimo “dossier” che ha contribuito ad allargare le indagini dalla truffa alle violenze, sempre presunte.
A depositarlo era stato l’avvocato di padre Fidenzio Volpi, il commissario dottrinale inviato dalla Santa Sede dopo la destituzione del fondatore dell’Ordine e deceduto il 6 giugno dell’anno scorso. Contiene dichiarazioni di religiose e religiosi che accusano Manelli di comportamenti autoritari, culto della personalità, vessazioni e ricatti, oltre che di una gestione “arbitraria e personale” di beni e risorse provenienti da lasciti e donazioni. Il testo è anonimo ma c’è chi vi ha attinto a piene mani, anche a rischio di commettere qualche imprudenza e offrire, con quella, argomenti a chi oggi difende Manelli, riparato a San Giovanni Rotondo, nella casa del ramo femminile della congregazione. Ad esempio nell’indicare come “sospetta” il decesso di una signora di 91 anni di Benevento, tal Marcella De Tata. La signora Marcella è morta, ma la notizia era “fortemente esagerata”: se ne sta lì, sul divano, con in mano la copia del settimanale che la dà per morta. “La paziente è vivente”, certifica un medico di Benevento a fine febbraio.
Il “complotto” e le proposte “irricevibili” del Vaticano
La veridicità delle ricostruzioni giornalistiche non è il punto, quanto il fatto che dai rinominati “conventi degli orrori” nessuno esce bene, neppure chi vi era entrato con l’incenso della purificazione. Le denunce sulle presunte “devianze” che risalgono anche al 1998 si sono materializzate solo nel 2013, quando sette frati hanno scritto alla Congregazione dei religiosi, l’organismo in Vaticano che si occupa d’indagare sul giusto operato delle comunità cattoliche: per 17 anni lettere e denunce sarebbero rimaste nei cassetti, finché Papa Benedetto XVI ha mandato un visitatore apostolico e Papa Francesco ha commissariato l’istituto. L’ultima denuncia sul caso, la controffensiva legale di Manelli, accredita però ombre perfino su quello.
E’ il presunto “complotto”. Partirebbe da lontano, coi tratti innocui di uno scisma dottrinale sulla messa in latino praticata dai “manelliani” in sintonia con Benedetto XVI ma in contrasto con l’ala “modernista” della Chiesa di Papa Francesco. Il decreto che commissaria la congregazione dell’Immacolata e ne destituisce il fondatore la proibisce. In ballo c’è però qualcosa di più materiale del rito liturgico per la cura delle anime. “Tutto gira intorno ai soldi”, ammette l’avvocato Sarno, lo stesso che ha materialmente consegnato il dossier agli inquirenti. Il patrimonio delle associazioni finite sotto inchiesta, ossia l’«Associazione Missione dell’Immacolata» e l’«Associazione Missione del Cuore Immacolato» vale 30 milioni di euro tra depositi, immobili, terreni, un impianto radio-tv, 5 impianti fotovoltaici, 102 autovetture.
Il commissariamento avviato per “motivi dottrinali” va a parare presto lì, provocando una reazione a catena: un mese dopo, il 28 luglio 2013, si presentano al notaio i consiglieri delle associazioni francescane, modificano lo statuto facendo entrare nella compagine sociale due laici che, non essendo soggetti al voto di obbedienza, potevano disporre dei beni e arginare il commissario pontificio. Per i “manelliani” allo scopo di tutelarli, impedendone il trasferimento dalla Congregazione dei religiosi alla Santa Sede; per gli accusatori, invece, con l’inganno e allo scopo di sottrarli, trasferendo a soggetti “non legittimati” beni per quasi un milione di euro. La Procura chiede due volte il sequestro di quei beni, il Tribunale del Riesame e la Cassazione li restituiscono alle associazioni, negando i presupposti del sequestro. Non sono mancate, nel frattempo, proposte di transazione avanzate dai commissari della Santa Sede (e naufragate) per ottenere la dimissione degli amministratori laici delle associazioni e la devoluzione dei beni alla Chiesa stessa, con impegno a restituirli poi all’Istituto. In cambio, la rinuncia ad ogni azione giudiziale. L’accordo sarebbe poi saltato per la professata “indifferenza alla patrimonialità” da parte del Manelli.
Le suore denunciano (e vengono denunciate)
Fallito anche quel tentativo, insiste la denuncia, sarebbe partita la campagna di diffamazione che ha per oggetto le suore e il fondatore. La denuncia è a carico di tre ex suore (Lattanzi, Turturiello e Iovine) e di sei sacerdoti (tra i quali padre Alfonso Bruno, ex segretario al tempo di padre Volpi e ora superiore, Alessandro Calloni, superiore e dal 2013 delegato generale per l’Italia dei Fratelli Francescani dell’Immacolata) e due laici. Questi ultimi si sarebbero adoperati nel divulgare “dossier anonimi dai contenuti falsi, testimonianze ripescate a distanza di anni in giro per il mondo allo scopo di destabilizzare tutta la fascia del vecchio ordine che era fedele alla regola della povertà. Non caso – si legge – gli stessi soggetti sono ora assurti ai ruoli apicali dell’Istituto”.
Così, ruoli di vittima e carnefice cambiano a seconda dei piani, dei testimoni, degli episodi e dei documenti. Tra i 15 denunciati, ad esempio, figura Suor Maria Letizia (Ilaria Turturiello) che ha fornito ai media e alla Procura una delle testimonianze più toccanti dei presunti abusi subiti per anni, a partire dal 1997. In quella, indica nella madre superiore e nipote del fondatore Susanna Manelli (Suor Cecilia) l’istigatrice che l’avrebbe spinta a concedere favori sessuali a un benefattore titolare di un supermercato. Che però nega e contro-denuncia. L’ex religiosa aveva chiamato in causa anche un’altra “povera consorella” che dopo essersi prostituita, per nascondere la vergogna, sarebbe stata rinchiusa nel silenzio della clausura. Non per sempre, perché nella querela si legge: “Io, Ornella Mietitore (Suor M. Regina), la vittima, smentisco di essere mai stata costretta a compiere atti contro la morale e la mia volontà”. Nonché di essere stata segregata da qualche parte. Allora, chi mente? Dove sta la verità? Il mistero può continuare. E le tv, ringraziano.
Cronaca
Sesso, sangue, soldi e suore. La versione di padre Manelli: “Complotti per accaparrarsi 30 milioni di beni”
Il fondatore dei Frati Francescani dell'Immacolata è indagato dalla Procura di Avellino per frode e maltrattamenti. I suoi legali contrattaccano depositando una denuncia per associazione a delinquere, calunnia e diffamazione: "Il fondatore infangato per mettere le mani sul patrimonio della congregazione"
Calunniato con “false accuse” fino a farlo commissariare, destituire e indagare. Fallito il tentativo di sequestro, gli avrebbero prospettato la rinuncia ad ogni azione giudiziale in cambio dei beni. In altre parole: un complotto. Passa al contrattacco padre Stefano Manelli, il fondatore della congregazione dei Frati Francescani dell’Immacolata destituito per la gestione di fondi e beni dell’ordine e indagato dalla Procura di Avellino per presunti abusi e maltrattamenti nei confronti delle ex suore che ne facevano parte. Un altro capitolo della brutta storia che ha assunto i tratti de Il Nome della Rosa e dei romanzi di Dan Brown e da mesi riserva titoli forti ai rotocalchi di nera e prelibati riempitivi per i palinsesti pomeridiani: l’ex suora che testimonia d’aver subito violenze vent’anni prima, lettere di devozione al “fondatore” scritte col sangue e altre aberrazioni, complotti nelle alte sfere della Chiesa e tra laici e religiosi per accaparrarsi l’ingente patrimonio dell’istituto che sarebbe poi destinato ai poveri e invece resta lì, in attesa che la giustizia terrena accerti i fatti e metta fine al romanzo a puntate che incolla tanti italiani alla tv. Non prima d’aver vagliato anche l’ultima: le “morti sospette”, avvelenamenti compresi.
Su quei fatti c’è molta poca chiarezza. Prova ne sia una contro-denuncia per associazione a delinquere, calunnia e diffamazione depositata il 2 marzo scorso presso la Procura di Avellino, la stessa che indaga sui quei fatti, dal legale di Manelli, Enrico Tuccillo, già difensore del cardinal Giordano e di Don Giuseppe Rassello. L’esposto riporta dieci firme, compresa quella del fondatore sott’accusa, e ipotizza un complotto di alcuni frati ai danni del Manelli e dell’ordine al fine di “impossessarsi dei beni dell’istituto”: sarebbero gli istigatori delle ricostruzioni “fantasiose” che hanno demolito l’immagine del religioso, adoperandosi nel confezionare e diffondere il citatissimo “dossier” che ha contribuito ad allargare le indagini dalla truffa alle violenze, sempre presunte.
A depositarlo era stato l’avvocato di padre Fidenzio Volpi, il commissario dottrinale inviato dalla Santa Sede dopo la destituzione del fondatore dell’Ordine e deceduto il 6 giugno dell’anno scorso. Contiene dichiarazioni di religiose e religiosi che accusano Manelli di comportamenti autoritari, culto della personalità, vessazioni e ricatti, oltre che di una gestione “arbitraria e personale” di beni e risorse provenienti da lasciti e donazioni. Il testo è anonimo ma c’è chi vi ha attinto a piene mani, anche a rischio di commettere qualche imprudenza e offrire, con quella, argomenti a chi oggi difende Manelli, riparato a San Giovanni Rotondo, nella casa del ramo femminile della congregazione. Ad esempio nell’indicare come “sospetta” il decesso di una signora di 91 anni di Benevento, tal Marcella De Tata. La signora Marcella è morta, ma la notizia era “fortemente esagerata”: se ne sta lì, sul divano, con in mano la copia del settimanale che la dà per morta. “La paziente è vivente”, certifica un medico di Benevento a fine febbraio.
Il “complotto” e le proposte “irricevibili” del Vaticano
La veridicità delle ricostruzioni giornalistiche non è il punto, quanto il fatto che dai rinominati “conventi degli orrori” nessuno esce bene, neppure chi vi era entrato con l’incenso della purificazione. Le denunce sulle presunte “devianze” che risalgono anche al 1998 si sono materializzate solo nel 2013, quando sette frati hanno scritto alla Congregazione dei religiosi, l’organismo in Vaticano che si occupa d’indagare sul giusto operato delle comunità cattoliche: per 17 anni lettere e denunce sarebbero rimaste nei cassetti, finché Papa Benedetto XVI ha mandato un visitatore apostolico e Papa Francesco ha commissariato l’istituto. L’ultima denuncia sul caso, la controffensiva legale di Manelli, accredita però ombre perfino su quello.
E’ il presunto “complotto”. Partirebbe da lontano, coi tratti innocui di uno scisma dottrinale sulla messa in latino praticata dai “manelliani” in sintonia con Benedetto XVI ma in contrasto con l’ala “modernista” della Chiesa di Papa Francesco. Il decreto che commissaria la congregazione dell’Immacolata e ne destituisce il fondatore la proibisce. In ballo c’è però qualcosa di più materiale del rito liturgico per la cura delle anime. “Tutto gira intorno ai soldi”, ammette l’avvocato Sarno, lo stesso che ha materialmente consegnato il dossier agli inquirenti. Il patrimonio delle associazioni finite sotto inchiesta, ossia l’«Associazione Missione dell’Immacolata» e l’«Associazione Missione del Cuore Immacolato» vale 30 milioni di euro tra depositi, immobili, terreni, un impianto radio-tv, 5 impianti fotovoltaici, 102 autovetture.
Il commissariamento avviato per “motivi dottrinali” va a parare presto lì, provocando una reazione a catena: un mese dopo, il 28 luglio 2013, si presentano al notaio i consiglieri delle associazioni francescane, modificano lo statuto facendo entrare nella compagine sociale due laici che, non essendo soggetti al voto di obbedienza, potevano disporre dei beni e arginare il commissario pontificio. Per i “manelliani” allo scopo di tutelarli, impedendone il trasferimento dalla Congregazione dei religiosi alla Santa Sede; per gli accusatori, invece, con l’inganno e allo scopo di sottrarli, trasferendo a soggetti “non legittimati” beni per quasi un milione di euro. La Procura chiede due volte il sequestro di quei beni, il Tribunale del Riesame e la Cassazione li restituiscono alle associazioni, negando i presupposti del sequestro. Non sono mancate, nel frattempo, proposte di transazione avanzate dai commissari della Santa Sede (e naufragate) per ottenere la dimissione degli amministratori laici delle associazioni e la devoluzione dei beni alla Chiesa stessa, con impegno a restituirli poi all’Istituto. In cambio, la rinuncia ad ogni azione giudiziale. L’accordo sarebbe poi saltato per la professata “indifferenza alla patrimonialità” da parte del Manelli.
Le suore denunciano (e vengono denunciate)
Fallito anche quel tentativo, insiste la denuncia, sarebbe partita la campagna di diffamazione che ha per oggetto le suore e il fondatore. La denuncia è a carico di tre ex suore (Lattanzi, Turturiello e Iovine) e di sei sacerdoti (tra i quali padre Alfonso Bruno, ex segretario al tempo di padre Volpi e ora superiore, Alessandro Calloni, superiore e dal 2013 delegato generale per l’Italia dei Fratelli Francescani dell’Immacolata) e due laici. Questi ultimi si sarebbero adoperati nel divulgare “dossier anonimi dai contenuti falsi, testimonianze ripescate a distanza di anni in giro per il mondo allo scopo di destabilizzare tutta la fascia del vecchio ordine che era fedele alla regola della povertà. Non caso – si legge – gli stessi soggetti sono ora assurti ai ruoli apicali dell’Istituto”.
Così, ruoli di vittima e carnefice cambiano a seconda dei piani, dei testimoni, degli episodi e dei documenti. Tra i 15 denunciati, ad esempio, figura Suor Maria Letizia (Ilaria Turturiello) che ha fornito ai media e alla Procura una delle testimonianze più toccanti dei presunti abusi subiti per anni, a partire dal 1997. In quella, indica nella madre superiore e nipote del fondatore Susanna Manelli (Suor Cecilia) l’istigatrice che l’avrebbe spinta a concedere favori sessuali a un benefattore titolare di un supermercato. Che però nega e contro-denuncia. L’ex religiosa aveva chiamato in causa anche un’altra “povera consorella” che dopo essersi prostituita, per nascondere la vergogna, sarebbe stata rinchiusa nel silenzio della clausura. Non per sempre, perché nella querela si legge: “Io, Ornella Mietitore (Suor M. Regina), la vittima, smentisco di essere mai stata costretta a compiere atti contro la morale e la mia volontà”. Nonché di essere stata segregata da qualche parte. Allora, chi mente? Dove sta la verità? Il mistero può continuare. E le tv, ringraziano.
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Milano, 12 feb. (Adnkronos) - Il conto in Olanda dove sono stati sequestrati i soldi versati da Massimo Moratti, nell'ambito di una truffa in cui è stato usato il nome del ministro della Difesa Massimo Crosetto, risulta intestato a più persone straniere su cui ora sono in corso gli accertamenti per verificarne l'esistenza e anche per capire eventuali collegamenti con altri soggetti. E' quanto si apprende da fonti investigative.
In particolare, da quanto emerge, sul conto olandese risultano versati i 980mila euro della truffa al presidente di Saras, soldi che il gruppo avrebbe tentato di spostare altrove, ma la tempistica non ha giocato a loro favore e il 'congelamento' del denaro è arrivato prima.
In attesa degli esiti delle rogatorie, si attendono già domani, in procura a Milano si continua a lavorare anche sui numeri telefonici usati per mettere a segno i plurimi tentativi di truffa - ora usando il nome del ministro o del suo staff - nei confronti del gotha dell'imprenditoria e della finanza.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - Sicurezza negli stadi, contrasto alla criminalità e prevenzione dei comportamenti illeciti. Sono le tematiche al centro del tavolo presieduto dai ministri dell’Interno e per lo Sport e i giovani, Matteo Piantedosi e Andrea Abodi che hanno incontrato i presidenti di Figc Gabriele Gravina, Lega serie A, Ezio Simonelli, Lega nazionale professionisti serie B, Paolo Bedin, Lega italiana calcio professionistico, Matteo Marani, Lega nazionale dilettanti, Giancarlo Abete. Presenti anche il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, il capo della Polizia, Vittorio Pisani e il presidente dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive, Mario Improta.
La riunione è stata l’occasione per proseguire il confronto già avviato su proposte e iniziative da mettere in campo congiuntamente. L’obiettivo rimane quello di tutelare le tifoserie sane e di individuare in maniera chirurgica coloro che vanno allo stadio per attuare comportamenti criminali e violenti, assicurando un ambiente più sicuro e vivibile per tutti gli appassionati. Il tavolo ha anche discusso di azioni concrete per contrastare le scommesse illegali e per arginare il fenomeno della pirateria audiovisiva, sanzionando i fruitori dei contenuti illegali. Prossimo incontro tra un mese. Così una nota congiunta dei ministri dell'Interno e per lo Sport e i giovani.
Londra, 12 feb. (Adnkronos) - Non sarà consentito l'alcol ai Mondiali del 2034 in Arabia Saudita. Lo ha dichiarato l'ambasciatore saudita nel Regno Unito, il principe Khalid bin Bandar Al Saud. I tifosi che assisteranno al torneo non potranno trovare bevande alcoliche negli hotel, nei ristoranti o negli stadi. L'Arabia Saudita è un paese differente dal Qatar, dove l'alcol era disponibile in alcuni posti durante i Mondiali del 2022, e non ci saranno eccezioni per questo torneo. "Al momento, non consentiamo l'alcol", ha detto Al Saud a LBC.
"Ci si può divertire molto senza alcol, non è necessario al 100% e se vuoi bere dopo essere andato via, sei il benvenuto, ma al momento non abbiamo alcol. Un po' come il nostro clima, è un paese secco". L'Arabia Saudita è stata confermata come paese ospitante della Coppa del Mondo a dicembre, nonostante le preoccupazioni sui diritti umani. Alla domanda se i tifosi gay di calcio sarebbero stati al sicuro nel paese, Al Saud ha aggiunto: "Daremo il benvenuto a tutti in Arabia Saudita. Non è un evento saudita, è un evento mondiale. E in larga misura, daremo il benvenuto a chiunque voglia venire".
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - Le attiviste del Referendum Cittadinanza hanno lanciato un appello via social alle artiste e agli artisti che in questi giorni si esibiranno sul palco del Festival di Sanremo: dire Sì all’Italia che riconosce tutte le sue figlie e tutti i suoi figli direttamente dall’Ariston. La cantante Giorgia e Brunori Sas sono stati i primi a rispondere all'appello e, insieme alle attiviste di ActionAid Utibe Joseph e Kejsi Hodo, hanno cantato il celebre brano di Toto Cutugno L'Italiano.
Gli artisti, poi, hanno ricevuto in dono un ciuccio con un nastrino tricolore da portare con sé sul palco, come simbolo di tutti quei figli e figlie d'Italia che non hanno ancora il riconoscimento della cittadinanza. Il referendum cittadinanza ha ricevuto l'ok dalla Corte Costituzionale lo scorso 20 gennaio insieme agli altri 4 quesiti sul lavoro promossi dalla Cgil. Andrà al voto in primavera.
Dopo la bocciatura del quesito sull'Autonomia la sfida del quorum si fa più ardua, ed è per questo che i promotori partono proprio dal più popolare spettacolo televisivo italiano per richiamare l'attenzione del Paese sull'appuntamento referendario. Il referendum cittadinanza è stato promosso da +Europa, Possibile, Dalla Parte Giusta della Storia, ActionAid, Libera, Arci, Italiani senza Cittadinanza, Conngi, insieme a una grande rete di oltre 70 organizzazioni.
Milano, 12 feb. (Adnkronos) - La competenza territoriale si radica a Milano, da qualunque lato si inquadri la questione. Lo sostiene la Cassazione nelle motivazioni sul caso Visibilia che vede indagata, tra gli altri, la ministra del Turismo Daniela Santanchè con l'ipotesi di truffa aggravata all'Inps in relazione alla cassa integrazione nel periodo Covid. Nel provvedimento, che segue la decisione dello scorso 29 gennaio, si rigetta la richiesta della difesa di considerare singole ipotesi di truffa (e non una truffa continuata) e di radicare la competenza a Roma.
Per il collegio della seconda sezione penale presieduta da Anna Petruzzellis - chiamato a rispondere alla questione sollevata dalla giudice delle indagini preliminari di Milano Tiziana Gueli - dato che la procura meneghina ha rilevato che l'ultima erogazione dei contributi è stata pagata a un dipendente in una banca nel Milanese, "deve essere affermata la competenza territoriale del Tribunale di Milano". Nell'indagine, coordinata dai pubblici ministeri Maria Giuseppina Gravina e Luigi Luzi, risultano coinvolti 13 dipendenti delle due società indagate, Visibilia Concessionaria srl e Visibilia Editore spa, che sarebbero stati messi in cassa integrazione a zero ore senza saperlo (e quindi continuando a lavorare) causando un 'danno' di oltre 126 mila euro versati dall'Inps.
"La soluzione - si legge nella decisione della Cassazione - non cambia nel caso in cui si voglia ancorare la competenza territoriale al momento della richiesta della cassa integrazione, posto che dalla documentazione prodotta in atti risulta che la richiesta è stata inviata alla sede Inps di Milano e che sempre la sede Inps di Milano ha autorizzato la cassa integrazione". Infine, a rafforzare la competenza territoriale il fatto che "avendo le società sede a Milano, il delitto di truffa si è comunque consumato a Milano, al momento della acquisizione dell’ingiusto profitto da parte delle società, che si realizza in concomitanza con la percezione dei contributo da parte dei lavoratori". L'udienza preliminare sul caso Visibilia riprenderà come da calendario il 26 marzo prossimo.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - L'aula della Camera ha approvato la proposta di legge recante 'modifiche alla disciplina della Fondazione Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma'. I voti favorevoli sono stati 140, 84 quelli contrari e 3 gli astenuti.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - "Ho visto Sanremo ieri sera, erano anni che non lo vedevo, ma sono rimasto sveglio fino alle 2 per vedermelo tutto. Mi è piaciuto per la qualità espressa, è una vetrina italiana vera. Come ha detto Jovanotti è un po’ come Natale, capodanno, carnevale". Filippo Ricci, direttore creativo della Stefano Ricci Spa, ha commentato così con l'Adnkronos la prima serata del 75esimo Festival di Sanremo e gli outfit del conduttore Carlo Conti creati dalla maison.
Che emozione è stata vedere Carlo Conti con i vostri abiti in apertura del 75esimo Festival della Canzone italiana?
"Siamo abituati a palcoscenici internazionali, ma è la prima volta che saliamo con rispetto sul palco dell'Ariston, tra l'altro con il conduttore e direttore, e quindi è stata una bella emozione. Ero un po' in apprensione che questo outfit gli tornasse bene addosso in una serata movimentata. E' fatto tutto al 100% in Italia, su misura per Carlo, e c'è stato dietro un lavoro di ricerca, insieme a lui, dei tessuti e della costruzione dei modelli in questi mesi, quindi è stato parte proattiva della ricerca e dello sviluppo degli outfit per queste cinque serate", ha spiegato Filippo Ricci.
Che idea avete avuto nello sviluppo degli outfit? Ne utilizzerà uno a serata?
"L'idea che abbiamo avuto, sin dall'inizio, è stata quella di fare un percorso di sartorialità. Noterete che sono tutti outfit abbastanza rigorosi, anche se la qualità dei tessuti conferisce un senso di morbidezza. L'idea era di dare un concetto di eleganza senza tempo perché Sanremo appartiene alla cultura del Paese. Poi ieri sera abbiamo giocato con il colore, il midnight blu, questo blu notte che è ben diverso dal classico nero, anche se ci saranno degli outfit scuri in seguito. Non conosco la sequenza, visto che la deciderà lui con il proprio staff ogni sera. Sono tutti pronti e a disposizione, con un nostro sarto dedicato dietro le quinte. Carlo ha più scelte, ma credo userà un outfit a serata perché da quello che ho visto ieri, nel movimento veloce tra uno spazio e l'altro credo che voglia mantenere un ritmo serrato per le tempistiche sceniche sue".
Quali emozioni ci sono state durante la prima serata del Festival?
"E' stato bello vedere Papa Francesco e ascoltare il suo messaggio, credo che sia la prima volta nella storia del Festival, quindi anche solo quella è stata un'immagine potente. Poi Jovanotti ha provocato una scarica d’energia positiva, da re dell'entertainment", ha spiegato il direttore creativo della Stefano Ricci Spa.
Carlo Conti era preoccupato di non riuscire a valorizzare la classe e la modernità degli smoking, ci è riuscito?
"Ci è riuscito assolutamente, ha un bel portamento, e gli ho detto 'sei proprio un bel modello'. E' un uomo che sa stare sul palcoscenico e vestire dei capi sartoriali. Quello di ieri non era un capo semplicissimo, è una giacca smoking in velluto blu, tra l'altro quello è un jersey di velluto, quindi più morbido, ma lo vestiva molto bene, con i tre pezzi, e sotto aveva un gilet in lana coordinato con il pantalone mohair. Abbiamo voluto fare proprio il tocco estremo di sartorialità con tutto il bordino in raso che è stato fatto su tutto il revere. L'idea era quella di rispettare un percorso abbastanza classico della sartorialità italiana e fiorentina, perché se si va a vedere la spalla, è una vecchia scuola fiorentina il modo di realizzarla in maniera morbida, quindi la giacca è molto leggera".
Queste sera la seconda serata con nuove sorprese?
"Gli abiti sono smoking oppure giacche da cocktail, quindi ci sarà un'alternanza dove Carlo ha possibilità di scelta anche tra cravatta o papillon. Ci hanno scritto in molti sui social, anche dall’estero a conferma di una vetrina internazionale come Sanremo, proprio per avere questa informazione, ed è molto divertente. La cosa interessante è che ci arrivano messaggi da tutto il mondo, perché è il Festival della canzone italiana, è italianissimo, ma lo guardano in America, lo guardano gli italo-americani, lo guardano in Sud America, lo guardano a Est, e comunque la visibilità internazionale è importante. Questo è un palcoscenico di italianità che richiama la musica italiana in generale ma non solo", ha spiegato Filippo Ricci la cui maison vende in tutto il mondo.
I nostri mercati principali?
"Noi produciamo tutto in Italia, ma in Italia vendiamo poco. Noi vendiamo a clienti in tutto il mondo, con le nostre 82 boutique e in Italia ne abbiamo due a Firenze dove è anche la sede dell'azienda, due a Milano, uno a Porto Cervo. Tra i mercati più importanti gli Stati Uniti, le capitali del continente europeo come Londra e Parigi, al Middle East, Dubai, fino alla Cina. A Carlo Conti abbiamo fornito tutto l'outfit, dalle scarpe, alle camicie, e abbiamo anche fatto diversi capi sportivi per le conferenze stampa e gli altri impegni del Festival. Dalle giacche in maglia sportive con le sneaker più casual e abbiamo lavorato insieme per fargli provare un po' di tessuti anche particolari"ha concluso Filippo Ricci. (di Emanuele Rizzi)