Luiz Inacio Lula da Silva ha giurato a Brasilia come nuovo ministro della Casa civile del governo di Dilma Rousseff. Abito scuro e cravatta rossa, Lula ha firmato e ha poi abbracciato la presidente Dilma. L’ex presidente, 70 anni, è sotto inchiesta per presunti reati legati all’inchiesta Lava Jato, la Mani Pulite brasiliana. Dopo la firma del decreto di nomina, la competenza delle indagini su Lula passa ora dal giudice ordinario ai giudici del Supremo tribunale federale, di nomina politica. Le opposizioni accusano Lula di voler sfuggire alla giustizia mentre la presidente Dilma ha detto di aver chiamato Lula per rafforzare il suo governo “per il bene del Brasile”.
La nomina è finita immediatamente sub iudice. In seguito ad un ricorso presentato contro la sua investitura, il giudice federale Itagiba Catta Preta Neto, del 4° tribunale del Distretto federale, ha emesso una sentenza provvisoria che sospende la nomina. “Alla luce del rischio di minare il libero esercizio del potere giudiziario – scrive il magistrato nella sentenza – acconsento alla richiesta di una ingiunzione per sospendere la nomina”, ha scritto il giudice nella sentenza.
Il governo può presentare ricorso contro la decisione in un tribunale di grado maggiore, ma la questione potrebbe aumentare ulteriormente la tensione tra l’esecutivo e la magistratura. Durante il discorso di inaugurazione dei nuovi ministeri, Rousseff ha criticato duramente la diffusione di intercettazioni telefoniche, definendole illegali e antidemocratiche. “Sconvolgere la società brasiliana con metodi oscuri e criticabili viola i principi e le garanzie costituzionali, i diritti dei cittadini e apre precedenti gravissimi, i golpe cominciano così”, ha detto Rousseff.
L’intercettazione: “Ti mandi la nomina, usala se ti serve” – A quali intercettazioni si riferisce Dilma? A quelle rese note dal giudice Sergio Moro, titolare dell’inchiesta “Lava Jato”, la Mani Pulite brasiliana che vede coinvolti i due esponenti del Partito dei lavoratori. Nella breve conversazione, intercettata oggi dalla polizia federale, Dilma informa Lula che sta per mandargli il decreto di nomina ministeriale. “Te lo mando, ma usalo solo in caso di necessità“, dice Dilma a Lula. La dimostrazione, secondo il giudice Moro, che la nomina di Lula è stata fatta allo scopo di ostacolare la giustizia. Dopo la diffusione dell’intercettazione telefonica, un gruppo di deputati d’opposizione ha reclamato a gran voce alla Camera la “rinuncia” della presidente.
Immediata è arrivata la replica della presidenza che “respinge con forza” la diffusione dell’intercettazione “di una conversazione del Capo dello Stato che viola i diritti e le garanzie della presidenza della Repubblica”. Rousseff, inoltre, ha fatto sapere che il governo “adotterà tutte le misure amministrative e giudiziarie” per garantire “che si ripari alla palese violazione della legge e della Costituzione commessa dal giudice responsabile della divulgazione”. Contro la diffusione della registrazione audio si è scagliato anche il legale di Lula, Cristiano Zanin Martins, affermando che in questo modo il magistrato ha cercato di aumentare “il sovvertimento sociale”, considerando che è avvenuta mentre decine di migliaia di persone erano scese in piazza contro la nomina di Lula.
Proteste e scontri in strada – Nel Paese la tensione è altissima: durante il giuramento si sono verificati tafferugli tra manifestanti a favore e contro l’attuale esecutivo a Brasilia, scontri nella piazza dei Tre poteri, dove è intervenuta la polizia militare, ha riferito la Folha de Sao Paolo. Gas lacrimogeni sono stati sparati per impedire ai dimostranti di avanzare, mentre tentavano di invadere il palazzo del Planalto e l’edificio del Senato. Sugli striscioni si legge: “Lula in carcere“.
Disordini anche a San Paolo, dove la polizia è intervenuta tra la folla quando un uomo è stato picchiato sull’avenida Paulista perché accusato di essere favorevole al Partito dei lavoratori di Lula. Gli organizzatori della manifestazione hanno parlato della presenza di 5mila persone, mentre non ci sono ancora stime ufficiali. A Belo Horizone, nel Minas Gerais, i manifestanti si sono radunati di fronte al palazzo della Libertà, ex sede del governo statale, scandendo slogan contro la Rousseff. Anche a Curitiba la gente è scesa in piazza contro Lula. A Porto Alegre, invece, alcune centinaia di persone hanno difeso Rousseff e il governo. Immagini televisive mostrano cortei spontanei in varie altre città del Paese.
“Le difficoltà a volte possono creare grandi opportunità – ha detto Dilma alla folla dopo il giuramento – e le circostanze attuali mi danno la grande possibilità di portare al governo il maggior leader politico di questo Paese”. La sua affermazione è stata seguita da applausi e cori a sostegno dell’ex presidente, seduto a fianco del podio da cui la presidente parla. “Una persona che è un grande amico e compagno di lotta e di conquiste: che tu sia benvenuto, ministro Lula”, ha proseguito Rousseff.
“La giustizia e la lotta alla corruzione sono tanto più forti e degne – ha proseguito Rousseff – quanto più i suoi attori agiscono con correttezza, velocità e discrezione. Non c’è giustizia quando le delazioni sono rese pubbliche, il Brasile non può sottostare a una congiura che invade le prerogative costituzionali della presidenza della Repubblica. Non perché questa sia diversa dal popolo ma perché se si violano queste, che cosa si farà con i diritti dei cittadini?”.
Il vicepresidente, Michel Temer, non era presente alla cerimonia. Ufficialmente, la sua assenza è stata giustificata dall’indicazione di Mauro Lopes, deputato federale del suo partito, Pmdb, alla segreteria dell’Aviazione civile: nell’ultimo congresso del partito, sabato scorso, era infatti stato deciso che nessun esponente del Pmdb avrebbe accettato incarichi nel governo Rousseff per i prossimi 30 giorni. Oltre a Lula e Lopes, oggi ha giurato anche il neo ministro della Giustizia, Eugenio Aragao, mentre Jaques Wagner si trasferisce dalla Casa civile al gabinetto personale della presidente Dilma.
Lula nominato ministro “per salvarlo dall’arresto” – Il Paese era sceso in piazza contro la decisione della presidente Dilma Rousseff di nominare il suo predecessore Luiz Inácio Lula da Silva ministro della Casa Civil, incarico simile a quello di capo di gabinetto. Una mossa tesa a proteggere l’ex presidente dalle accuse che gli sono state mosse nell’ambito dello scandalo Petrobas. Come è successo domenica scorsa, quando un milione di manifestanti sono scesi in piazza in tutto il Paese, decine di migliaia di persone hanno manifestato a San Paolo per chiedere le dimissioni di Rousseff, come a Brasilia dove i manifestanti si sono riuniti poco lontano dal Palacio del Planalto, sede della presidenza, dove la sicurezza è stata rinforzata.
Manifestazioni anche a Belo Horizonte, Curitiba, Río de Janeiro e Florianópolis. A Brasilia le proteste sono iniziate poco dopo che è arrivata la conferma della notizia, che circolava in effetti da giorni, dell’ingresso nel governo di Lula che ora così godrà di uno status particolare. L’indagine a suo carico per lo scandalo dell’ente petrolifero Petrobras verrà assunta dalla procura generale mentre un eventuale processo si svolgerà davanti al Supremo Tribunale Federale, massima istanza giudiziaria del paese.