“L’Ue guardi ai suoi limiti prima di dire alla Turchia cosa fare con i migranti“. Mentre a Bruxelles i 28 tentano un difficile accordo con Ankara per decongestionare la Grecia delle 40mila persone bloccate dalla chiusura della rotta dei Balcani, il presidente turco punta il dito contro l’Unione Europea. “In un momento in cui la Turchia ospita tre milioni di migranti, quelli che non trovano spazio per una manciata di rifugiati, che nel mezzo dell’Europa tengono questi innocenti in condizioni vergognose, dovrebbero prima guardare a se stessi”, ha detto Erdogan in un discorso trasmesso in tv, accusando l’Europa di avere un atteggiamento ambiguo sul terrorismo: “Nonostante la realtà degli attacchi contro la Turchia – ha scandito il capo dello stato turco in riferimento ai recenti attacchi terroristici che hanno colpito la Turchia, ultimo quello che il 13 marzo ad Ankara ha causato 37 vittime – gli Stati dell’Ue non danno peso a questi fatti”.

Dopo la prima giornata del vertice in cui i 28 hanno preparato con difficoltà una posizione comune sulla controproposta da fare alla Turchia per bloccare il flusso di migranti e rifugiati verso l’Europa, il negoziato con Ankara è ripreso stamani poco prima delle 9 con la riunione ristretta tra il premier turco Ahmet Davutoglu ed i responsabili europei (il presidente del Consiglio Donald Tusk, il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ed il premier olandese Mark Rutte, detentore della presidenza di turno). Uno schema già visto un mese fa nel summit dedicato alla Brexit. Terminato il vertice a quattro, è ripartito il lavoro a un “lavoro tecnico” in cui le trattative proseguono e si lavora alla definizione del testo.

Principali questioni in sospeso, l’apertura di nuovi capitoli negoziali nel processo di adesione della Turchia all’Unione su cui grava il veto di Cipro, l’accelerazione della liberalizzazione dei visti per i turchi (che la Ue conferma, a patto che entro giugno Ankara attui ben 72 riforme), il meccanismo per riportare in Turchia i rifugiati entrati in Europa affidandosi ai trafficanti (e la garanzia che ogni posizione sarà trattata individualmente, garantendo anche il diritto di appello), la protezione che la Turchia dovrebbe offrire anche a iracheni e afghani e non solo ai siriani, la quantificazione della effettiva riduzione dei flussi e le condizioni per il raddoppio del finanziamento da tre a sei miliardi di euro.

La questione legale, è forse la più complessa, essendo piuttosto complicato conciliare decine di migliaia di rimpatri forzosi con il rispetto dei diritti stabiliti dalla Convenzione di Ginevra. Il meccanismo perciò è stato trasformato. Se inizialmente, al vertice del 7 marzo scorso, si era ipotizzato un rimpatrio di massa in Turchia per poi provvedere da lì a stabilire chi doveva tornare in Europa e chi no, il meccanismo ora si è di molto ammorbidito: l’idea è quella di rimpatriare i “migranti irregolari” dalla Grecia verso la Turchia ma le domande di asilo per quelli che arrivano sulle isole greche saranno valutate dalle autorità europee e ad essere rimpatriati saranno solo quelli che non faranno domanda o che riceveranno una risposta negativa.

Per rendere il testo ancora più digeribile ai puntigliosi giuristi internazionali, è stata inserita nel testo anche la parola “individuali” in relazione ai rimpatri, per specificare che ogni caso sarà valutato singolarmente e allontanare l’idea di operazioni di massa. Tutto questo impianto richiederà una struttura imponente: decine di giudici, centinaia di pubblici ufficiali con relative strutture Easo (il sistema di asilo europeo) per raccogliere le domande di asilo, e tutto il personale Frontex necessario per i rimpatri. Oltre a strutture per ospitare o trattenere, a seconda dei casi, migranti e richiedenti asilo. Per metterla in piedi, spiegano fonti della Commissione Ue, ci vorrà del tempo ma non possono passare mesi. E per finanziarla ci sono già i 700 milioni messi a disposizione dalla settimana scorsa per la Grecia.

Resta in piedi invece immutato il meccanismo dell'”uno contro uno“: cioè per ogni siriano rimandato in Turchia, un rifugiato sarà inviato dalla Turchia in Europa. Il tutto fino a un massimo di 72mila persone. Soglia oltre la quale sarà necessario rivedere le intese. Una volta definito un meccanismo che risponda a tutte le norme del dritto umanitario, resta il problema di Cipro: Nicosia ha annunciato di voler porre il veto per bloccare l’accordo se Ankara non aprirà i suoi porti e aeroporti ai collegamenti con l’isola. Su questo Davutoglu potrebbe non cedere facilmente.

Come potrebbe rappresentare un ostacolo importante la questione dell’adesione: la formula individuata finora sostanzialmente rimanda l’apertura di nuovi capitoli negoziali a data da destinarsi ed è presumibile che proprio questo rappresenterà il maggiore elemento di contrasto tra Ue e governo turco. C’è poi la questione dei 3 miliardi di euro aggiuntivi richiesti dalla Turchia per il 2018, oltre ai tre già accordati per il biennio 2016-2017: si discute, spiegano le fonti, “non il se ma il come”.

Al termine della prima giornata i lavori del summit la cancelliera tedesca Angela Merkel aveva sottolineato che oggi le trattative saranno “tutto tranne che facili”. E il presidente francese François Hollande aveva evidenziato che “c’è ancora molta strada da fare e non è possibile garantire una conclusione felice”. Anche perché l’inquilino dell’Eliseo rimarca la questione diritti civili, presente fino a qualche giorno fa nella bozza dell’accordo ma di cui si sono perse le tracce: “Anche se capiamo la volontà della Turchia di difendersi dal terrorismo, non accetteremo alcun compromesso sui diritti umani e sulla libertà di stampa“.

Oggi il premier turco Ahmet Davutoglu è tornato sull’argomento: “Stiamo lavorando come nei precedenti summit su temi umanitari. Il tema dei rifugiati non è un tema sul quale fare contrattazioni ma è un tema di valori, valori umanitari e valori europei”. “La Turchia – ha aggiunto – ha ricevuto 2,7 milioni di rifugiati senza alcuna significativa assistenza da nessuno. Voglio enfatizzare ancora che la Turchia manterrà la sua attitudine umanitaria“.

Giovedì il premier britannico David Cameron aveva lanciato un allarme: nelle prossime settimane ripartirà il flusso di migranti nel Mediterraneo verso l’Europa, in particolare dalla Libia. Mentre il premier Matteo Renzi aveva avvertito: “Va bene fare l’accordo con la Turchia ma sia chiaro che se ci sarà, farà da precedente. Le regole che saranno valide” per Ankara “dovranno essere valide anche per gli altri Paesi da cui ci attendiamo” numeri massicci di sbarchi.

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