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Referendum costituzionale, perché voto NO

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Ho l’onore di essere uno dei firmatari, insieme ad economisti, giuristi e intellettuali, dell’appello “Perché votare NO nel referendum costituzionale per la riconquista dell’autonomia politica ed economica del nostro paese contro la tirannia tecnocratica sovranazionale e dei trattati europei”.

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J.P. Morgan Chase nel maggio 2013 ha suggerito di cambiare la cornice generale della convivenza civile e politica all’interno di ciò che rimane della residua sovranità popolare degli stati europei, specie nei paesi più fragili e periferici, e dunque di attuare un superamento definitivo delle Costituzioni nazionali ove ancora è presente il riconoscimento dei diritti sociali. La riforma costituzionale è ispirata da queste idee e il governo Renzi intende realizzare un progetto ambizioso e pericoloso: esautorare il Parlamento dalle sue fondamentali prerogative. In questo modo si avallano e si consolidano le “riforme” imposte dai trattati europei che esautorano le politiche economiche nazionali ed erodono i principi democratici costituzionali cioè: – le riduzioni delle tutele e del potere di acquisto del lavoro e delle pensioni; – l’esautoramento di ogni autonoma politica economica nazionale. In tal modo sono poste le premesse per la distruzione dell’apparato della ricerca scientifica, dell’istruzione, produttivo industriale, pubblico e privato, con il conseguente impoverimento generale, e si è preclusa al paese l’adozione di sue proprie politiche di sviluppo a tutto vantaggio dei paesi più forti dell’Europa, Germania in testa, che in questi anni hanno goduto, anche grazie a ciò, di un ulteriore vantaggio competitivo.

Questi provvedimenti vanno inquadrati nella logica propria della svolta liberista, che mira a liberare l’economia e il mercato dagli interventi della politica, favorendo la giustizia di mercato contro la giustizia sociale. Tuttavia i provvedimenti finora adottati hanno aggravato la crisi, tuttora in corso, oltre che reso ancora ampie le disuguaglianze tra i paesi del Nord e del Sud Europa, spingendo questi ultimi in una posizione di crescente “mezzogiornificazione”, ossia sempre più nelle retrovie dello sviluppo.

Le Costituzioni, come la nostra, mirano invece a una democrazia sociale con un’economia mista e con una significativa presenza del pubblico nei settori nevralgici per l’economia e la società quali industria, scuola, ricerca, salute, credito, energia. In questo si traduce la forte affermazione di un principio di eguaglianza formale e sostanziale, di diritti e libertà nella I parte della Carta.

Votare NO nel referendum costituzionale significa, dunque, votare contro la tecnocrazia sovranazionale che, grazie alla presente manomissione della Costituzione potrà appoggiarsi ad una monocrazia nazionale, ancor più vassalla delle oligarchie europee che continuerà ad affossare lo sviluppo del Paese con ancor più risolutezza. Il NO nel referendum è un SI’ al rilancio della democrazia prevista nella nostra Costituzione fondata sulla sovranità popolare: ieri c’è stata la presentazione della campagna per il NO  che spero sia il primo passo per aggregare le tante voci che chiedono democrazia e partecipazione.

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