Durante l’operazione Etihad, Alitalia ha licenziato dipendenti disabili. Anche se non avrebbe potuto. E’ questo, in poche parole, il contenuto di un’ordinanza del tribunale di Roma che ha disposto il reintegro di un lavoratore della compagnia aerea. Secondo il magistrato, l’azienda non poteva licenziare perché in quel momento il numero di lavoratori invalidi era inferiore alla quota di riserva, stabilita per legge. Una decisione contestata dall’azienda, che ha fatto ricorso. In tutto sono 32 le categorie protette che hanno perso il posto nel passaggio alla nuova Alitalia, ma solo per tre addetti i giudici hanno disposto il ritorno al lavoro. Eppure i dipendenti non sono ancora tornati in servizio. L’azienda parla di “esigenze organizzative“.
A innescare il dibattito, come detto, è stata un’ordinanza del giudice del lavoro di Roma. Il tribunale ha dato ragione a Gianluca Rossi, lavoratore disabile difeso dagli avvocati Eugenio Barrile ed Elisabetta Durante: il giudice ha reintegrato il dipendente al suo posto di lavoro. Il verdetto si richiama a una legge del 1999 che regola l’inserimento lavorativo degli invalidi: la norma prevede che il licenziamento vada annullato “qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva”. La legge, infatti, stabilisce che le aziende sopra i 50 dipendenti debbano riservare una parte dei posti di lavoro, pari al 7%, a personale che rientra nelle categorie protette. Il giudice rileva che Alitalia presentava un numero di lavoratori disabili inferiori alla quota di riserva e perciò non poteva mandare a casa alcun dipendente portatore di handicap: “Il licenziamento del ricorrente ha determinato una riduzione dei lavoratori occupati obbligatoriamente, al di sotto della quota di riserva normativamente prevista”. Questa interpretazione, naturalmente, è contestata dalla compagnia aerea, che ha fatto ricorso in questo caso come in quello delle altre due categorie protette: “Riteniamo doveroso far valere le ragioni di Alitalia rispetto a sentenze che non hanno tenuto in debita considerazione le nostre ragioni”.
Ma il signor Rossi non è l’unico a trovarsi in questa situazione. Contattata da ilfattoquotidiano.it, Alitalia fa sapere che il numero di quanti hanno perso il lavoro nell’operazione Etihad “è di 32 unità su 148 risorse che rientrano nella cosiddetta categoria protetta e che continuano a lavorare. Dei 32, 24 sono a vario titolo invalidi civili, mentre 8 rientrano nella categoria orfani di guerra“. Tutte queste persone, stando all’ordinanza del tribunale di Roma, non potevano essere allontanate dal loro posto di lavoro. Eppure, chi non ha già fatto ricorso non potrà essere reintegrato: la legge stabilisce che, una volta passati 60 giorni, non è più possibile impugnare il licenziamento.
E dopo la querelle sui licenziamenti, è scattata anche la controversia legata al reintegro. Come spiega la stessa Alitalia, infatti, in tre casi i giudici hanno ordinato il ritorno al lavoro di dipendenti inclusi nelle categorie protette. Eppure tutti e tre gli interessati spiegano che, benché l’azienda li abbia formalmente reintegrati e abbia sbloccato gli stipendi, non sono più tornati in servizio. “Alitalia, com’è naturale che sia, ha immediatamente dato seguito alla sentenza e ha ricominciato a pagare lo stipendio mensile ai reintegrati – spiegano dalla compagnia aerea – Quanto al rientro in servizio, stiamo cercando la posizione più adeguata sia per loro che per le altre risorse coinvolte nelle sentenze di reintegra, tenendo in considerazione le esigenze organizzative e i singoli profili professionali”. Ma i lavoratori non sono convinti da questa versione. “E’ una risposta di rito, ma completamente falsa – afferma Antonio Amoroso, sindacalista Cub Trasporti, anch’egli licenziato e categoria protetta – Nel 99% dei casi, il lavoro dei licenziati ora è svolto da precari, collaboratori esterni o altro personale assunto al loro posto”.
Sulla questione è intervenuta anche un’interrogazione rivolta da tre deputati di Sinistra italiana, Franco Bordo, Stefano Fassina e Giorgio Airaudo, ai ministeri dei Trasporti, del Lavoro e dello Sviluppo economico. Nel documento si segnala appunto “il licenziamento di un consistente numero di lavoratori appartenenti alle categorie protette, pur essendo la compagnia in ‘scopertura‘ rispetto alle quote obbligatorie”. I parlamentari aggiungono: “Alitalia-Sai non sta reintegrando in servizio neppure i lavoratori delle categorie protette, evitando di far rientrare al lavoro anche coloro per i quali il lavoro è un importante strumento di integrazione sociale, difficilmente raggiungibile nelle condizioni date dalla società italiana”.
Lavoro & Precari
Alitalia, nell’operazione Etihad licenziate 32 persone disabili. Tribunale di Roma: “Decisione illegittima”
Secondo il magistrato l'azienda non poteva lasciarli a casa perché in quel momento il numero di lavoratori invalidi appartenenti alle categorie protette era inferiore alla quota di riserva, stabilita per legge. In tre casi è stato disposto il reintegro, contro cui il gruppo ha fatto ricorso. Nel frattempo paga loro lo stipendio ma non li ha fatti rientrare in servizio
Durante l’operazione Etihad, Alitalia ha licenziato dipendenti disabili. Anche se non avrebbe potuto. E’ questo, in poche parole, il contenuto di un’ordinanza del tribunale di Roma che ha disposto il reintegro di un lavoratore della compagnia aerea. Secondo il magistrato, l’azienda non poteva licenziare perché in quel momento il numero di lavoratori invalidi era inferiore alla quota di riserva, stabilita per legge. Una decisione contestata dall’azienda, che ha fatto ricorso. In tutto sono 32 le categorie protette che hanno perso il posto nel passaggio alla nuova Alitalia, ma solo per tre addetti i giudici hanno disposto il ritorno al lavoro. Eppure i dipendenti non sono ancora tornati in servizio. L’azienda parla di “esigenze organizzative“.
A innescare il dibattito, come detto, è stata un’ordinanza del giudice del lavoro di Roma. Il tribunale ha dato ragione a Gianluca Rossi, lavoratore disabile difeso dagli avvocati Eugenio Barrile ed Elisabetta Durante: il giudice ha reintegrato il dipendente al suo posto di lavoro. Il verdetto si richiama a una legge del 1999 che regola l’inserimento lavorativo degli invalidi: la norma prevede che il licenziamento vada annullato “qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva”. La legge, infatti, stabilisce che le aziende sopra i 50 dipendenti debbano riservare una parte dei posti di lavoro, pari al 7%, a personale che rientra nelle categorie protette. Il giudice rileva che Alitalia presentava un numero di lavoratori disabili inferiori alla quota di riserva e perciò non poteva mandare a casa alcun dipendente portatore di handicap: “Il licenziamento del ricorrente ha determinato una riduzione dei lavoratori occupati obbligatoriamente, al di sotto della quota di riserva normativamente prevista”. Questa interpretazione, naturalmente, è contestata dalla compagnia aerea, che ha fatto ricorso in questo caso come in quello delle altre due categorie protette: “Riteniamo doveroso far valere le ragioni di Alitalia rispetto a sentenze che non hanno tenuto in debita considerazione le nostre ragioni”.
Ma il signor Rossi non è l’unico a trovarsi in questa situazione. Contattata da ilfattoquotidiano.it, Alitalia fa sapere che il numero di quanti hanno perso il lavoro nell’operazione Etihad “è di 32 unità su 148 risorse che rientrano nella cosiddetta categoria protetta e che continuano a lavorare. Dei 32, 24 sono a vario titolo invalidi civili, mentre 8 rientrano nella categoria orfani di guerra“. Tutte queste persone, stando all’ordinanza del tribunale di Roma, non potevano essere allontanate dal loro posto di lavoro. Eppure, chi non ha già fatto ricorso non potrà essere reintegrato: la legge stabilisce che, una volta passati 60 giorni, non è più possibile impugnare il licenziamento.
E dopo la querelle sui licenziamenti, è scattata anche la controversia legata al reintegro. Come spiega la stessa Alitalia, infatti, in tre casi i giudici hanno ordinato il ritorno al lavoro di dipendenti inclusi nelle categorie protette. Eppure tutti e tre gli interessati spiegano che, benché l’azienda li abbia formalmente reintegrati e abbia sbloccato gli stipendi, non sono più tornati in servizio. “Alitalia, com’è naturale che sia, ha immediatamente dato seguito alla sentenza e ha ricominciato a pagare lo stipendio mensile ai reintegrati – spiegano dalla compagnia aerea – Quanto al rientro in servizio, stiamo cercando la posizione più adeguata sia per loro che per le altre risorse coinvolte nelle sentenze di reintegra, tenendo in considerazione le esigenze organizzative e i singoli profili professionali”. Ma i lavoratori non sono convinti da questa versione. “E’ una risposta di rito, ma completamente falsa – afferma Antonio Amoroso, sindacalista Cub Trasporti, anch’egli licenziato e categoria protetta – Nel 99% dei casi, il lavoro dei licenziati ora è svolto da precari, collaboratori esterni o altro personale assunto al loro posto”.
Sulla questione è intervenuta anche un’interrogazione rivolta da tre deputati di Sinistra italiana, Franco Bordo, Stefano Fassina e Giorgio Airaudo, ai ministeri dei Trasporti, del Lavoro e dello Sviluppo economico. Nel documento si segnala appunto “il licenziamento di un consistente numero di lavoratori appartenenti alle categorie protette, pur essendo la compagnia in ‘scopertura‘ rispetto alle quote obbligatorie”. I parlamentari aggiungono: “Alitalia-Sai non sta reintegrando in servizio neppure i lavoratori delle categorie protette, evitando di far rientrare al lavoro anche coloro per i quali il lavoro è un importante strumento di integrazione sociale, difficilmente raggiungibile nelle condizioni date dalla società italiana”.
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Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Steve Witkoff, ha definito "inaccettabili" le ultime richieste di Hamas in merito al cessate il fuoco a Gaza. Riferendosi alla conferenza del Cairo di inizio mese, l'inviato statunitense per il Medio Oriente ha detto alla Cnn di aver "trascorso quasi sette ore e mezza al summit arabo, dove abbiamo avuto conversazioni davvero positive, che descriverei come un punto di svolta, se non fosse stato per la risposta di Hamas".
Hamas avrebbe insistito affinché i negoziati per un cessate il fuoco permanente iniziassero lo stesso giorno del prossimo rilascio di ostaggi e prigionieri palestinesi. Secondo Al Jazeera, Hamas ha anche chiesto che, una volta approvato l'accordo, i valichi di frontiera verso Gaza venissero aperti, consentendo l'ingresso degli aiuti umanitari prima del rilascio di Edan Alexander e dei corpi di quattro ostaggi. Inoltre, il gruppo ha chiesto la rimozione dei posti di blocco lungo il corridoio di Netzarim e l'ingresso senza restrizioni per i residenti di Gaza che tornano dall'estero attraverso il valico di Rafah.
"Abbiamo trascorso parecchio tempo a parlare di una proposta di ponte che avrebbe visto il rilascio di cinque ostaggi vivi, tra cui Edan Alexander, e anche, tra l'altro, il rilascio di un numero considerevole di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane", ha detto Witkoff. "Pensavo che la proposta fosse convincente: gli israeliani ne erano stati informati e avvisati in anticipo". "C'è un'opportunità per Hamas, ma si sta esaurendo rapidamente", ha continuato Witkoff. " Con quello che è successo ieri con gli Houthi, ciò che è successo con il nostro ordine di attacco, incoraggerei Hamas a diventare molto più ragionevole di quanto non sia stato finora".
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha scoperto un nascondiglio di armi nel campo profughi di Nur Shams, fuori Tulkarem, nella Cisgiordania settentrionale. Lo ha reso noto l'Idf, precisando che sono state rinvenute diverse borse contenenti armi, una delle quali conteneva anche un giubbotto con la scritta 'Unrwa'. Le armi confiscate sono state consegnate alle forze di sicurezza per ulteriori indagini.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.