“Stiamo facendo tutte le attività possibili per il risanamento ambientale, senza se e senza ma”. È perentoria Debora Serracchiani quando parla della Ferriera di Trieste, impianto siderurgico che ha fama di essere “l’Ilva del nord” a causa delle concentrazioni di inquinanti emessi nell’abitato circostante, che da anni fanno a gara con quelle riscontrate nel quartiere Tamburi di Taranto.
“Qualunque tipo di attività si svolgerà nell’area si farà solo se c’è il risanamento ambientale”. Così la presidente del Friuli Venezia Giulia nel lontano 2013, prima che lo stabilimento venisse acquisito dal gruppo Arvedi dopo una precedente gestione disastrosa sia dal punto di vista ambientale che economico. Ma l’attesa è stata vana: dopo un primo anno in cui la nuova proprietà ha potuto operare a pieno regime, è arrivato l’allarme dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) per le emissioni inquinanti. “Se si continua così l’area a caldo va chiusa”, chiedono i cittadini esasperati, che il 31 gennaio hanno manifestato in oltre 4000. Niente da fare: in quegli stessi giorni la Regione guidata da Serracchiani fa esattamente il contrario, rinnovando i permessi per i prossimi dieci anni e alzando i livelli di tolleranza delle emissioni.
Negli ultimi anni della precedente gestione (Gruppo Lucchini), che aveva smesso di investire sull’impianto, le emissioni inquinanti avevano toccato livelli allarmanti, sforando sistematicamente ogni limite legale. Dopo il fallimento economico di Lucchini l’arrivo di un nuovo proprietario, il gruppo del “cavaliere dell’acciaio” Arvedi, è stato presentato all’opinione pubblica come la soluzione a tutti i problemi, a partire da quelli ambientali. “Le condizioni per il proseguimento dell’attività sono la messa in sicurezza operativa del sito”, aveva dichiarato ai microfoni del ilfattoquotidiano.it Debora Serracchiani, dopo aver tentato di sottrarsi alle domande sul futuro dello stabilimento siderurgico.
Ma le promesse di Serracchiani sono andate in fumo. A dirlo sono i dati dell’ultimo rapporto dell’Arpa: nel 2015 sono stati 142 gli sforamenti di polveri sottili Pm10 registrati dalla centralina a ridosso dell’impianto, mentre quelli consentiti sarebbero – in un anno – 35, e anche il valore medio riscontrato nel corso dell’anno supera nettamente i 40 μg/mc concessi, spingendo l’Arpa a parlare di “criticità ambientale“. Per il benzo(a)pirene il discorso non è diverso: la media annuale rilevata è di 1,25 ng/mc, ben al di sopra del valore limite di 1 ng/mc.
Quel che più colpisce è l’andamento delle concentrazioni degli inquinanti negli ultimi mesi dell’anno, specie se si considerano i lavori di riqualificazione (il cui costo è stato pagato anche dai contribuenti con 42 milioni di euro di fondi pubblici) che hanno riguardato la Ferriera, previsti dall’accordo di programma siglato tra proprietà e Regione al fine di ridurre l’impatto ambientale dello stabilimento siderurgico. Nello scorso ottobre è infatti entrata in funzione una cappa di aspirazione delle polveri, brevettata dallo stesso Arvedi e in grado di captare, secondo l’azienda, più di 1100 kg di polveri al giorno.
L’azienda aveva subito cantato vittoria rilevando, in una nota del 4 febbraio, che “dall’entrata in funzione del nuovo sistema di aspirazione della cokeria, il livello di benzo(a)pirene rilevato dalla centralina più vicina all’impianto si è mantenuto ampiamente sotto il limite previsto di 1 ng/mc”. Ma i valori riscontrati nei mesi successivi, e pubblicati nel rapporto dell’Arpa – 1 ng/mc per novembre e 1,6 ng/mc per dicembre – ribaltano le carte in tavola, e fanno emergere dubbi sull’effettiva efficacia della cappa, oltre che sulle ordinanze che Comune e Regione hanno emesso più volte negli ultimi mesi nei confronti dell’azienda.
Alla luce dell’ennesimo anno in cui i limiti di inquinanti sono stati oltrepassati, i cittadini hanno chiesto il rispetto degli impegni presi da amministrazione regionale e comunale. Per tutta risposta, lo scorso 28 gennaio è arrivata invece, dalla Regione a guida Pd, la firma definitiva dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, che permette alla Ferriera di continuare la produzione per i prossimi dieci anni. Una concessione di fiducia non meritata, a detta degli ambientalisti: “L’AIA è stata data in presenza di un inquinamento che si protrae da troppo tempo, e fa seguito a un’altra AIA che ha lasciato molto a desiderare e i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti”, dichiara a ilfattoquotidiano.it Alda Sancin, presidente dell’associazione NoSmog. “Strutture che inquinano in questa maniera non possono continuare a produrre in mezzo alle abitazioni civili, che distano solo 160 metri dalla cokeria”, osserva Sancin.
Ma c’è di più. La tolleranza delle emissioni rilevate dalla centralina di San Lorenzo, attigua all’impianto ma non più delle prime case abitate, è stata alzata da 50 a 70 µg/mc per le Pm10 nella nuova AIA: “Un innalzamento dei valori così arbitrario ci pare inspiegabile. Da dove viene la proposta e a vantaggio di chi?”, domanda Sancin. Pochi giorni dopo il rinnovo dell’AIA la città ha risposto con una manifestazione pubblica “per la salute, il lavoro e il rispetto dei cittadini” che ha portato in piazza oltre 4000 persone.
A promuoverla è stato il Comitato 5 dicembre, gruppo di cittadini apartitico nato per risolvere “un problema che non è solo di Servola (il quartiere a ridosso dell’impianto, ndr), ma riguarda tutta la città”, come dichiara a ilfattoquotidiano.it Andrea Rodriguez, che del comitato fa parte. Alla manifestazione è seguito un incontro pubblico con il sindaco Roberto Cosolini (Pd), il quale aveva assicurato che entro la fine del 2015 i miglioramenti sarebbero stati finalmente tangibili: “Abbiamo avviato un percorso estremamente rigoroso in cui le nostre prescrizioni saranno estremamente dettagliate. Potremmo ritrovarci qui fra un anno e vedere chi aveva ragione”, aveva dichiarato a ilfattoquotidiano.it in una conferenza stampa del 10 ottobre 2014.
Il sindaco, nel confronto con il comitato, ha preso nuovi impegni con la cittadinanza: “Prima delle elezioni amministrative la giunta si esprimerà sulla chiusura o meno dell’area a caldo – continua Rodriguez – che sarà valutata prendendo in considerazione i valori di benzo(a)pirene e di Pm10 rilevati dalle centraline, la caduta di polveri e l’inquinamento acustico prodotti dall’impianto. Gli accorgimenti presi finora per ridurre le emissioni non hanno funzionato, il percorso di chiusura è ora inevitabile”. E se invece si deciderà diversamente? “Una nuova manifestazione è pronta: tutto dipende dalla buona volontà del sindaco”, conclude Rodriguez.