Salerno, Bari, Brescia. Per ora. Documenti falsi e contatti con il commando che il 22 marzo ha compiuto la strage di Bruxelles, ma anche con Salah Abdeslam, l’8° uomo del gruppo di fuoco protagonista degli attentati di Parigi del 13 novembre. Si moltiplicano i fili che legano l’Italia alle carneficine compiute in Francia e Belgio.
Salerno, arrestato l’uomo dei documenti falsi – Djamal Eddine Ouali, 40 anni, algerino. La polizia lo ha arrestato sabato a Bellizzi, in provincia di Salerno. Secondo gli investigatori fa parte di una rete clandestina che produce falsi documenti utilizzati anche da alcuni terroristi implicati nelle stragi di Parigi e Bruxelles, tra cui lo stesso Salah Abdeslam. Il 6 gennaio le autorità di Bruxelles avevano emesso nei suoi confronti un mandato di arresto europeo per i reati di partecipazione ad un’organizzazione dedita al falso documentale e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il suo nome era venuto fuori nel corso di una perquisizione effettuata in un covo di falsari a Saint-Gilles, sobborgo della capitale belga, a ottobre del 2015, qualche settimana prima delle stragi di Parigi: in quell’occasione i poliziotti trovarono e sequestrarono circa un migliaio di immagini digitalizzate, tutte riferibili a falsi documenti d’indentità. Tra questi, ce ne erano tre che sono stati utilizzati da altrettanti terroristi che hanno partecipato ai due attentati. Uno di questi, intestato a Yassine Baghli, nato il 29 settembre del 1989, è stato utilizzato da colui che doveva farsi saltare in aria allo Stade de France e che all’ultimo si è tirato indietro, arrestato 10 giorni fa a Bruxelles: Abdeslam Salam. Il secondo documento, intestato a Samir Bouzid, nato l’8 luglio del 1977, è stato invece utilizzato – secondo gli investigatori – da Mohamed Belkaid, ucciso durante il blitz del 15 marzo nell’appartamento di rue de Dries a Forest dove si nascondeva proprio Salah. L’ultimo falso documento d’identità, infine, intestato a Soufiane Kayal, nato il 28 agosto 1988 sarebbe servito a Najim Laachraoui, uno dei due kamikaze che si è fatto saltare in aria martedì all’aeroporto di Zaventen.
Il collegamento con l’Italia è emerso quando l’algerino si è rivolto alla questura di Salerno per chiedere il permesso di soggiorno: i controlli effettuati dalla Polizia hanno infatti consentito di scoprire che un soggetto omonimo di quello che aveva presentato la richiesta era ricercato dal Belgio. Tramite Interpol, nella serata di ieri le autorità italiane hanno inviato ai colleghi belgi la foto dell’algerino che aveva presentato la richiesta di soggiorno e questi hanno confermato che si trattava proprio del soggetto che stavano cercando. Immediatamente sono scattate le ricerche: gli uomini della Digos di Roma e di Salerno, quelli dell’Antiterrorismo e della Polizia Scientifica, si sono messi alla caccia di Ouali, che è stato rintracciato e arrestato nel tardo pomeriggio di oggi mentre camminava lungo una strada a Bellizzi. Ma il lavoro degli investigatori non è finito: bisognerà ricostruire i motivi della presenza di Ouali in Italia, capire con chi è entrato in contatto, verificare la presenza nel nostro paese di altri appartenenti all’organizzazione.
Bari: la porta d’ingresso è la Puglia – Ancora documenti falsi, ma non solo. Bari è un probabile luogo di passaggio di terroristi e base per supporto logistico a foreign fighter. E’ l’ipotesi investigativa alla quale sta lavorando da mesi la magistratura barese e che ha portato nei giorni scorsi ai fermi (poi convalidati in arresti in carcere) dell’iracheno Ridha Shwan Jalal, 38 anni, alias Kaka Sherzad (sedicente finlandese), e poi di due inglesi 31enni di origini irachene. Le accuse: favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e possesso di documenti falsi. La loro posizione, però, è all’attenzione della Dda nell’ambito di una più ampia indagine sul terrorismo internazionale di matrice islamica avviata nel giugno 2015. Gli accertamenti, coordinati dai pm Renato Nitti e Roberto Rossi, sono affidati agli agenti della Digos e ai carabinieri del Ros e prendono avvio da un’altra inchiesta barese su un presunto componente della cellula jihadista di ‘Ansar Al Islam’, il 45enne iracheno Muhamad Majid, arrestato a dicembre.
L’uomo era arrivato in Italia da Milano Malpensa il 25 febbraio 2015. Il 5 agosto viene arrestato nel porto di Bari mentre è sul punto di imbarcarsi per la Grecia, perché trovato in possesso di un documento greco falso. Proprio in quei giorni era passato dal porto di Bari Salah Abdeslam. L’indagine barese non sembra aver collegamenti con i fatti di Parigi e di Bruxelles ma dagli accertamenti emerge che nel giungo scorso Jalal aveva chiesto in un’agenzia viaggi di Matera un preventivo per il trasporto di 20 cittadini iracheni i quali, distinti in gruppi di cinque persone, sarebbero partiti dall’aeroporto di Sulayrmaniyah (nella regione del Kurdistan iracheno), alla volta di Parigi con uno scalo intermedio ad Istanbul (Turchia). I voli, mai acquistati, gli sarebbero costati 21mila euro. Sono trascorsi altri due mesi e Jalal è stato arrestato nel porto di Bari. Tornato in libertà gli è stato notificato presso la Questura di Matera il mancato riconoscimento della richiesta di protezione internazionale. Da quel momento aveva fatto perdere le sue tracce fino a qualche giorno fa, quando è stato trovato nuovamente con un documento falso, questa volta della Repubblica Ceca, intestato ad un cittadino finlandese. Proprio dalle sue dichiarazioni agli investigatori baresi si è risaliti poi all’identità dei due britannici, ora in carcere a Bari.
Brescia, il marocchino e l’sms con il kamikaze della metro – Un altro possibile collegamento tra i terroristi di Bruxelles e l’Italia passa da Brescia. Uno dei due presunti jihadisti risultati in contatto con i fratelli El Bakraoui arrestati in Germania nel distretto di Giessen durante un normale controllo, è un marocchino di 28 anni che è stato in carcere in Italia. Si chiama, scrive L’Espresso, Mohammed Lahlaoui, è nato nel 1987 in Marocco. In Italia dal 2007, l’uomo ha accumulato molti precedenti per stupefacenti, reati contro il patrimonio e la persona. Nulla a che vedere con l’estremismo jihadista in pratica, ma un en plein in fatto di con la criminalità comune. Il giovane “gravitava per lo più nel bresciano” dove nel 2014 era finito agli arresti domiciliari a Vestone per tentato omicidio, porto abusivo di armi e evasione. Sul suo cellulare “sono stati trovati messaggi molto compromettenti con la data del 22 marzo, il giorno delle stragi nell’aeroporto e nella metropolitana di Bruxelles .Uno degli sms conteneva il nome del kamikaze del metrò, Khalid El Bakraoui. In un altro messaggio c’era la parola “fin“, che in francese significa “fine”. Questo messaggio – scrive L’Espresso – sarebbe stato inviato alle 9.08. Mentre Khalid si è fatto esplodere tre minuti più tardi, alle 9.11″. Un tempismo che, per gli inquirenti, è ritenuto molto inquietante.