Fbi batte Apple, almeno per ora. Il governo americano ha infatti trovato il modo di sbloccare l’iPhone utilizzato da Syed Rizwan Farook, l’attentatore di San Bernardino, e non ha quindi più bisogno della casa di Cupertino per accedervi. Di conseguenza il dipartimento della Giustizia ha deciso di ritirare la causa legale che aveva intentato per indurre la società californiana a collaborare, anche in nome della sicurezza nazionale.
La disputa però potrebbe non essere finita qui, perché la Apple aveva messo ben in chiaro che, se i federali fossero riusciti ad aprire il dispositivo, la stessa Apple avrebbe chiesto di conoscere il metodo utilizzato.
Il braccio di ferro dura da settimane e vede le due parti contrapposte ognuna nel tentativo di far valere le proprie priorità: da una parte il governo degli Stati Uniti che ritiene che le informazioni contenute nel telefonino siano indispensabili per l’inchiesta sull’attacco di San Bernardino, da più parti considerato il primo attacco ispirato dall’Isis sul suolo americano. Dall’altra la Apple, determinata a non acconsentire a quella che può trasformarsi in una ‘intrusione‘ da cui non si torna indietro, cedendo così sui principi di privacy e di difesa degli utenti che è il cavallo di battaglia della società guidata da Tim Cook.
Una guerra di “principi” in sostanza, da cui però – almeno al primo giro – il governo federale sembra uscire vincitore. Anche perché il sistema del colosso di Cupertino non pare essere così inviolabile nonostante quello quanto sostengono i dirigenti della Apple. “Il governo è riuscito ad accedere con successo ai dati contenuti dell’iPhone di Farook per questo non ha più bisogno dell’assistenza di Apple”, ha comunicato il dipartimento di Giustizia. “Dal punto di vista legale non è detto che la battaglia sia finita”, ha detto al New York Times Esha Bhandari, avvocato della American Civil Liberties Union (Aclu), aggiungendo che il governo potrebbe rifiutare di condividere le scoperte con la Apple, e dichiarare – per contrappasso – che l’informazione è ‘top secret’.
Da parte sua l’azienda di Cupertino ha commentato: “Fin dall’inizio abbiamo contestato la richiesta dell’Fbi di costruire una backdoor nell’iPhone credendo fosse sbagliato e un pericoloso precedente. Questo caso non avrebbe mai dovuto essere aperto”. Dalla Apple fanno sapere di credere “profondamente che le persone negli Usa e in tutto il mondo abbiano il diritto alla protezione di dati, sicurezza e privacy. Sacrificare un principio in nome di un altro pone le persone e i paesi in una posizione di maggiore rischio“. “Noi continueremo ad aiutare le forze dell’ordine con le loro indagini, come abbiamo sempre fatto, e continueremo ad aumentare la sicurezza dei nostri prodotti mentre le minacce e gli attacchi contro i nostri dati diventano più frequenti e più sofisticati” ha concluso l’azienda.