Il caso Guidi-Gemelli è da giorni sui giornali i quali pongono l’attenzione, come è ovvio, sulle implicazioni politiche e giudiziarie.
Sul Corriere della Sera Aldo Cazzullo l’8 aprile e Pierluigi Battista il 10 aprile offrono una chiave di lettura diversa, addentrandosi un po’ nel tenore delle telefonate tra la Guidi e Gemelli ed esaminandole dal punto di vista del rapporto sentimentale tra i due, rapporto che emerge come tempestoso, ma soprattutto come da un lato squallidamente orientato all’interesse materiale e dall’altro come una situazione di sofferenza.
Considerando che la Guidi è donna ricca, graziosa e potente e che Gemelli sembra di un altro livello e inferiore, risulta razionalmente incomprensibile come la prima possa avere subìto una relazione nella quale oltre a dover assecondare i discutibili interessi del secondo, soffriva; visibilmente soffriva sul lato affettivo, almeno da quanto emerge dalle intercettazioni delle quali, a mio avviso, avrebbe dovuto esserle risparmiata la pubblicazione. Mi domando a questo proposito perché i magistrati non censurino accuratamente tutti i dialoghi che non hanno a che vedere con la materia strettamente giudiziaria e perché i giornali non abbiano il pudore e il buon gusto di non pubblicare, cedendo invece alla tentazione di soddisfare – remunerativamente – i pruriti dei lettori.
Ma, tornando al punto, la cosa è razionalmente incomprensibile; se non che dove c’è l’amore la mente cede il passo ai sentimenti e la razionalità si eclissa.
La Guidi, alla quale va tutta la mia comprensione su questo aspetto, insieme alle mie scuse a nome di tutti gli uomini che non considerano la donna, nessuna donna, come un oggetto, sia esso di desiderio o di sfruttamento economico, nei vari dialoghi telefonici esprime tutto il suo disagio per essere trattata da “sguattera”, vede chiaramente come il suo compagno usi come punto di forza l’essere il padre del di lei figlio, lamenta cattiverie e prevaricazioni, ma resta lì, mentre il Gemelli la colpevolizza pure per essersi esposta per altri più che per lui. Arriva persino a dover precisare di non essere cretina; e infatti certamente non lo è, ma innamorata lo era sì, probabilmente di quell’amore che acceca e che tiene legati a dispetto di quella vocina che da dentro suggerisce: “Vattene, meriti di più”.
Catullo già oltre duemila anni fa, in poesie indirizzate a Lesbia che lo aveva tradito, sviscera bene questo concetto:
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia.
Non lo so, ma sento che ciò accade, e mi tormento.
e anche:
…Quod amantem iniuria talis
cogit amare magis, sed bene velle minus
…Perché tale offesa costringe
l’amante ad amare di più, ma a volere meno bene
L’offesa dall’amata gli provocava odio e attenuava il suo volere bene – cosa diversa dalla passione amorosa – , ma non poteva cancellare l’amore.
Questa condizione, della quale Catullo aveva evidenza, è alla base dello sfruttamento dei sentimenti dell’altro, che è lo scenario di tutte le relazioni nelle quali una parte, cinicamente, persegue i propri scopi calpestando la dignità dell’altro e usandolo come un mezzo anziché come un fine, negando la sostanza dell’imperativo categorico di Kant. E va riconosciuto che ancora ai giorni nostri è l’uomo che maggiormente abusa della donna in questo senso.
Quindi, al netto delle considerazioni politiche, di opportunità e giudiziarie, credo che si debba essere solidali con la Guidi e – per i maschi – provare anche un po’ di vergogna.
Tutto sommato, anche se non potrebbe essere un’attenuante in un procedimento giudiziario, l’avere agito spinta da un amore – per quanto mal riposto – è un’attenuante forte dal punto di vista umano e tra i due emerge come forte non Gemelli – che persegue bassi scopi materiali -, ma la Guidi, perché l’amore acceca, ma, specialmente quando non è inquinato dal desiderio di ricevere dall’altro, è il sentimento più alto, al quale talvolta si sacrificano raziocinio, tranquillità, anche vita.
Credo che noi maschietti con pudore e tutte le donne, sempre prescindendo da considerazioni di carattere politico e giudiziario e di invidia del potere, dovremmo dire che su questo aspetto “siamo tutti Federica Guidi”.