L’attuale ministro Graziano Delrio non ha detto la verità ai magistrati che indagavano sulla ‘ndrangheta in Emilia, o è stato quanto meno reticente? Il Movimento 5 Stelle ne è convinto: “Delrio mente davanti ai pm antimafia oppure, nella migliore delle ipotesi, è talmente incapace da non ricordare fatti risalenti a pochi mesi prima”, affermano in una nota i parlamentari M5S, dopo che Il Resto del Carlino ha pubblicato la versione integrale del suo interrogatorio del 17 ottobre 2012, come persona informata sui fatti, nell’ambito di quella che poco più di due anni più tardi sarebbe stata svelata, con 117 arresti, come la più grande inchiesta sulla ‘ndrangheta in Emilia. “E’ gravissimo non raccontare la verità a un magistrato antimafia”, aggiungono le parlamentari Giulia Sarti e Maria Edera Spadoni. “E’ qui che Delrio mente oppure si dimostra totalmente incapace e comunque deve dimettersi immediatamente”, affermano. A difendere il ministro è il capogruppo dem in Antimafia Franco Mirabelli: “La macchina del fango è in piena azione”.
“NATA A CUTRO? NON LO SAPEVO?”. La questione non è tanto quella delle foto del ministro delle Infrastrutture “con i mafiosi”, evocate da un indagato dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata e mai emerse dagli atti di Aemilia. Il punto è che davanti al magistrato della Direzione nazionale antimafia Roberto Pennisi l’allora sindaco Delrio ha descritto come molto lasco il suo rapporto con la dirigente del’Urbanistica Maria Sergio, moglie dell’attuale sindaco di Reggio Luca Vecchi e al centro di un caso nei mesi scorsi per aver acquistato, nel 2012, la casa di famiglia da un pesonaggio poi arrestato nell’inchiesta Aemilia con l’accusa di essere il prestanome di Nicolino Grande Aracri, considerato il numero uno della ‘ndrangheta in Emilia.
Nell’interrogatorio, Delrio afferma di non sapere che Maria Sergio fosse nata a Cutro, in provincia di Crotone. Un puro dato anagrafico sul quale i magistrati insistono per il semplice fatto che Cutro è il paese d’origine dei Grande Aracri e dei loro affiliati, nonché di moltissime famiglie di origine calabrese residenti a Reggio Emilia e provincia. E ancora, Delrio afferma di non essere a conoscenza delle parentele della Sergio con costruttori attivi nel territorio. Ma andando a spulciare gli archivi del Consiglio comunale, sostengono i 5 Stelle, emergono documenti che mettono in dubbio la versione dell’attuale ministro. E aprono interrogativi sul suo atteggiamento davanti ai pm.
GLI INCARICHI FIDUCIARI A MARIA SERGIO. E’ il 29 novembre 2004 quando la giunta comunale presieduta dal sindaco Delrio incarica come dirigente dell’Urbanistica, con un contratto a termine, “l’ingegner Sergio Maria, nata Cutro…”. Cinque anni più tardi, nel 2009, Delrio è eletto al secondo mandato. E’ in quella campagna elettorale che compie la discussa trasferta istituzionale-elettorale a Cutro, a cui fa riferimento il presunto tentativo di dossieraggio fotografico emerso dall’inchesta sul petrolio. La nuova giunta da lui presieduta rinnova il contratto a tempo determinato a diversi dirigenti, compresa la Sergio (“nata a Cutro…”, si ri-legge nell’atto burocratico). E ancora, il 28 dicembre 2009 un atto firmato di proprio pugno da Delrio conferisce un incarico “fiduciario” alla Sergio: la direzione del Servizio pianificazione e qualità urbana. Lo stesso giorno, con un altro atto, le conferisce anche la direzione ad interim del Servizio edilizia. Pochi mesi dopo, infine, un altro incarico “di natura fiduciaria” firmato per lei da Delrio, sempre in materia di urbanistica e compatibilità paesaggistica.
Si può anche ammettere che un sindaco non conosca il luogo di nascita di uno stretto collaboratore, ma dato il significato che Cutro riveste per i reggiani – tanto da spingere un candidato sindaco come Delrio a muoversi mille chilometri più a sud – la cosa suscita perplessità. Il ruolo di Cutro e dei Grande Aracri nella presenza mafiosa in città, su cui Delrio davanti ai pm appare sempre vago e poco informato, sono precisamente descritti da Enzo Ciconte nello studio del 2008 “Le dinamiche criminali a Reggio Emilia”, commissionato proprio dall’assessorato alla sicurezza sociale del Comune. E il candore mostrato da Delrio su questi temi stride con l’opinione netta del Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti espressa in un’inziativa pubblica: “Se tu in occasione delle elezioni che si fanno qui in Emilia vai a fare campagna elettorale in Calabria, vuol dire che sai che l’appoggio o il non appoggio alla tua elezione viene dalla Calabria, non dall’Emilia”. Delrio, comunque, ha sempre negato fosse lì per farsi campagna: “Fu un impegno istituzionale, insieme ad altri primi cittadini, in risposta a specifico invito dell’allora sindaco di Cutro”.
PARENTI COSTRUTTORI? NON LO SAPEVO. Così come, contestano i 5 Stelle, è difficile credere che il sindaco nulla sapesse degli affari dei familiari della Sergio. Proprio tre mesi prima del colloquio di Delrio con i pm antimafia, l’allora consigliere comunale Pd Luca Vecchi era stato costretto ad astenersi nel voto su un intervento urbanistico perché interessava la società La Sorgente srl, di cui alcuni parenti della moglie Maria Sergio possedevano il 25%. Da notare che allora Vecchi era capogruppo del partito del sindaco, e gli succederà quando Delrio, nel 2014, sarà chiamato al governo da Matteo Renzi. Vecchi, insomma, in quel consiglio comunale non è proprio l’ultimo arrivato.
Su queste basi, secondo le grilline Sarti e Spadoni (quaest’ultima di Reggio Emilia), Delrio “ha menito” ai magistrati il 17 ottobre 2012, “parlando di Maria Sergio, allora sua fedele dirigente all’urbanistica”. E perché in quell’occasione, si chiedono le due parlamentari, “il ministro dichiara di non sapere che la Sergio sia nativa di Cutro, cosa che tutti sapevano a Reggio Emilia, ma soprattutto, a domanda del magistrato sulle parentele della stessa con persone originarie di Cutro che svolgano attività imprenditoriale nel settore edilizio, egli dichiara di non saperne nulla?”.
PD: “CONTRO DELRIO MACCHINA DEL FANGO”
A rispondere alle accuse dei 5 stelle al ministro Graziano Delrio è stato il senatore Franco Mirabelli, capogruppo Pd in commissione Antimafia: “L’aspetto davvero inquietante nell’ossessione con cui i parlamentari pentastellati continuano da mesi ad accusare Graziano Delrio è la sovrapposizione delle loro argomentazioni, infondate e smentite dall’inchiesta, con l’attività di dossieraggio contro il ministro svolta da Gemelli e compagni. Delrio fa bene a non temere nulla visto che intercettazioni e fatti attestano la sua estraneità alla ‘ndrangheta. Per questo, su questa vicenda, ha consegnato personalmente un esposto alla Procura della Repubblica di Roma”. Secondo Mirabelli “chi ci deve delle spiegazioni sono invece i rappresentanti del Movimento 5 stelle in Antimafia. Come mai le loro ripetute accuse di vicinanza alla ‘ndrangheta rivolte al ministro Delrio, fondate su allusioni e ambiguità, coincidono con il dossier calunnioso e infondato contro il ministro dei Trasporti emerso nell’inchiesta di Potenza? La macchina del fango è in piena azione”.