Ora c’è anche l’ufficialità: Sinisa Mihajlovic non è più l’allenatore del Milan. Lo ha deciso Silvio Berlusconi, contro il parere anche dei suoi più fidati consiglieri. Salgono così a quattro i tecnici cacciati negli ultimi due anni e mezzo da quella che è diventata una delle panchine più calde della Serie A. La scelta del presidente rossonero è maturata tra domenica e lunedì, giorni nei quali ha incontrato due volte Cristian Brocchi, fino a poche ore fa tecnico della Primavera. A lui è stata chiesta una svolta nelle ultime sei partite di campionato – dove il Milan non vince da cinque turni e viene da due sconfitte contro Atalanta e Juventus – e la conquista della Coppa Italia. Obiettivi che, secondo Berlusconi, la squadra non avrebbe potuto raggiungere con Mihajlovic, nonostante finora i giocatori si siano schierati dalla parte del serbo.
Poco gioco e pochi punti con le piccole
Lo si era capito anche durante la sfida alla Juve, sabato sera. Il Milan ha fatto quel che ha potuto, portandosi in vantaggio e giocando alla pari con i campioni d’Italia per quasi un’ora. Poi il crollo, apparso soprattutto fisico. Una prestazione tutto sommato buona, di carattere, che sembrava aver allontanato lo spettro dell’esonero. Invece, nella incapacità di reggere il confronto con i bianconeri, Berlusconi ha letto tutte le colpe dell’allenatore che aveva scelto con forza in estate per rilanciare la sua creatura. Un’operazione-rinascita nella quale aveva investito 90 milioni di euro senza mai vedere l’ombra di una squadra capace di proporre un bel gioco, neanche davanti alle piccole. Anzi, proprio contro le ultime 8 in classifica, il Milan ha lasciato per strada 14 punti infilandosi in una stagione anonima, rivitalizzata solo in parte dal 3-0 nel derby di ritorno e dal cammino (comodo) in Coppa Italia che potrebbe regalare un trofeo e la qualificazione in Europa League, raggiungibile anche difendendo il sesto posto dall’attacco del Sassuolo. Troppo poco per sopportare Mihajlovic fino a maggio.
Quanti botta e risposta
Da mesi, infatti, Berlusconi non digerisce il calcio e l’atteggiamento del serbo. L’innamoramento per l’ex allenatore della Sampdoria, che a luglio aveva firmato un contratto biennale, è durato appena tre mesi. Dopo il poker del Napoli a San Siro, il rapporto si è incrinato dando il là a un’escalation di punzecchiature, a tratti feroci, tra presidente e allenatore. Il primo pretendeva bel gioco e risultati, il secondo rimarcava la propria autonomia. Mihajlovic non è uno yesman: ogni volta che l’ex cavaliere ha tuonato contro il calcio espresso dal Milan, ha risposto arrivando a dire che “Berlusconi può parlare di calcio, ma sempre con il mio permesso” e che lui si confronta e ascolta, ma alla fine decide con la sua testa.
Oltre 90 milioni, poca qualità (e filosofie diverse)
Nel mezzo, una rosa inadeguata a lottare per i primi posti, nonostante le importanti spese estive. Quasi cento milioni di euro investiti sul mercato per portare Romagnoli, Bertolacci, Kucka e Bacca a Milanello. A conti fatti, un fallimento. Soprattutto secondo il presidente che avrebbe voluto una squadra divertente, pur essendo noto che il serbo predilige il pragmatismo all’estetica. L’ennesima scelta rinnegata, nonostante Adriano Galliani e Arrigo Sacchi avessero caldeggiato negli scorsi giorni la conferma del tecnico fino al termine della stagione, fa salire a quattro il numero degli allenatori allontanati da Berlusconi negli ultimi due anni e mezzo.
Allegri, Seedorf, Inzaghi. E la programmazione?
Fino all’esonero di Massimiliano Allegri, l’arrivederci-e-grazie non era di casa ad Arcore. Da allora è invece diventata un’abitudine. Nell’estate 2014 toccò a Clarence Seedorf, nonostante gli ottimi risultati nella sua breve esperienza rossonera. Una parte dello spogliatoio contro e l’autonomia di pensiero e parola dell’olandese non andavano a genio a Berlusconi, che scelse Filippo Inzaghi. Dalla Primavera alla prima squadra, SuperPippo ha vissuto un’intera stagione sulla graticola. Ora tocca a Mihajlovic finire nella centrifuga e lasciare il posto a un altro ex giocatore rossonero diventato tecnico del settore giovanile. In sette partite Brocchi può guadagnarsi la conferma e il contestuale e corposo rinnovo del contratto (in scadenza a giugno) oppure ritrovarsi “bruciato” in appena quaranta giorni. Secondo l’ex cavaliere, è allenatore giusto per guidare quel Milan giovane, costruito in casa, che si vedrà nel 2016/17: un insieme di veterani (pochi) e giovani (tanti) alla ricerca di equilibrio tra costi e risultati. È questo il piano. Almeno fino al prossimo momento in cui Berlusconi non immaginerà nuovamente di poter vincere in Italia e fuori senza adeguate (e ormai indisponibili) risorse economiche. Ma soprattutto senza pazienza, programmazione e fiducia nelle proprie scelte.
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Milan, Berlusconi licenzia Mihajlovic: al suo posto Brocchi. L’ex Cavaliere si riscopre mangia-allenatori – Video
Fatale per l'ex Sampdoria la sconfitta interna con la Juve e la costante mancanza di gioco e divertimento "ammirato" a San Siro. Promosso l'ex tecnico della Primavera rossonera: a lui il compito di salvare la stagione e di programmare il futuro con un mix tra giovani e veterani
Ora c’è anche l’ufficialità: Sinisa Mihajlovic non è più l’allenatore del Milan. Lo ha deciso Silvio Berlusconi, contro il parere anche dei suoi più fidati consiglieri. Salgono così a quattro i tecnici cacciati negli ultimi due anni e mezzo da quella che è diventata una delle panchine più calde della Serie A. La scelta del presidente rossonero è maturata tra domenica e lunedì, giorni nei quali ha incontrato due volte Cristian Brocchi, fino a poche ore fa tecnico della Primavera. A lui è stata chiesta una svolta nelle ultime sei partite di campionato – dove il Milan non vince da cinque turni e viene da due sconfitte contro Atalanta e Juventus – e la conquista della Coppa Italia. Obiettivi che, secondo Berlusconi, la squadra non avrebbe potuto raggiungere con Mihajlovic, nonostante finora i giocatori si siano schierati dalla parte del serbo.
Poco gioco e pochi punti con le piccole
Lo si era capito anche durante la sfida alla Juve, sabato sera. Il Milan ha fatto quel che ha potuto, portandosi in vantaggio e giocando alla pari con i campioni d’Italia per quasi un’ora. Poi il crollo, apparso soprattutto fisico. Una prestazione tutto sommato buona, di carattere, che sembrava aver allontanato lo spettro dell’esonero. Invece, nella incapacità di reggere il confronto con i bianconeri, Berlusconi ha letto tutte le colpe dell’allenatore che aveva scelto con forza in estate per rilanciare la sua creatura. Un’operazione-rinascita nella quale aveva investito 90 milioni di euro senza mai vedere l’ombra di una squadra capace di proporre un bel gioco, neanche davanti alle piccole. Anzi, proprio contro le ultime 8 in classifica, il Milan ha lasciato per strada 14 punti infilandosi in una stagione anonima, rivitalizzata solo in parte dal 3-0 nel derby di ritorno e dal cammino (comodo) in Coppa Italia che potrebbe regalare un trofeo e la qualificazione in Europa League, raggiungibile anche difendendo il sesto posto dall’attacco del Sassuolo. Troppo poco per sopportare Mihajlovic fino a maggio.
Quanti botta e risposta
Da mesi, infatti, Berlusconi non digerisce il calcio e l’atteggiamento del serbo. L’innamoramento per l’ex allenatore della Sampdoria, che a luglio aveva firmato un contratto biennale, è durato appena tre mesi. Dopo il poker del Napoli a San Siro, il rapporto si è incrinato dando il là a un’escalation di punzecchiature, a tratti feroci, tra presidente e allenatore. Il primo pretendeva bel gioco e risultati, il secondo rimarcava la propria autonomia. Mihajlovic non è uno yesman: ogni volta che l’ex cavaliere ha tuonato contro il calcio espresso dal Milan, ha risposto arrivando a dire che “Berlusconi può parlare di calcio, ma sempre con il mio permesso” e che lui si confronta e ascolta, ma alla fine decide con la sua testa.
Oltre 90 milioni, poca qualità (e filosofie diverse)
Nel mezzo, una rosa inadeguata a lottare per i primi posti, nonostante le importanti spese estive. Quasi cento milioni di euro investiti sul mercato per portare Romagnoli, Bertolacci, Kucka e Bacca a Milanello. A conti fatti, un fallimento. Soprattutto secondo il presidente che avrebbe voluto una squadra divertente, pur essendo noto che il serbo predilige il pragmatismo all’estetica. L’ennesima scelta rinnegata, nonostante Adriano Galliani e Arrigo Sacchi avessero caldeggiato negli scorsi giorni la conferma del tecnico fino al termine della stagione, fa salire a quattro il numero degli allenatori allontanati da Berlusconi negli ultimi due anni e mezzo.
Allegri, Seedorf, Inzaghi. E la programmazione?
Fino all’esonero di Massimiliano Allegri, l’arrivederci-e-grazie non era di casa ad Arcore. Da allora è invece diventata un’abitudine. Nell’estate 2014 toccò a Clarence Seedorf, nonostante gli ottimi risultati nella sua breve esperienza rossonera. Una parte dello spogliatoio contro e l’autonomia di pensiero e parola dell’olandese non andavano a genio a Berlusconi, che scelse Filippo Inzaghi. Dalla Primavera alla prima squadra, SuperPippo ha vissuto un’intera stagione sulla graticola. Ora tocca a Mihajlovic finire nella centrifuga e lasciare il posto a un altro ex giocatore rossonero diventato tecnico del settore giovanile. In sette partite Brocchi può guadagnarsi la conferma e il contestuale e corposo rinnovo del contratto (in scadenza a giugno) oppure ritrovarsi “bruciato” in appena quaranta giorni. Secondo l’ex cavaliere, è allenatore giusto per guidare quel Milan giovane, costruito in casa, che si vedrà nel 2016/17: un insieme di veterani (pochi) e giovani (tanti) alla ricerca di equilibrio tra costi e risultati. È questo il piano. Almeno fino al prossimo momento in cui Berlusconi non immaginerà nuovamente di poter vincere in Italia e fuori senza adeguate (e ormai indisponibili) risorse economiche. Ma soprattutto senza pazienza, programmazione e fiducia nelle proprie scelte.
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Palermo, ottavo cambio in panchina: via anche Novellino, torna Ballardini
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Serie A 33° turno, Mancini ritrova Sarri. Dybala sfida il passato. Brocchi debutta come allenatore del Milan – Video
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Roma, 19 mar (Adnkronos) - "Giorgia Meloni è fuggita di nuovo, non la vedevamo dal dicembre scorso e le volte che si è palesata in aula si contano sulle dita di una mano. Si è chiusa per mesi nel silenzio imbarazzato di chi non sa cosa dire o non vuole dire cosa pensa". Lo ha detto Elly Schlein alla Camera.
Roma, 19 mar (Adnkronos) - La Lega "ha sostanzialmente commissariato la presidente Meloni dicendo che non ha mandato per esprimersi al Consiglio Ue". Lo ha detto Elly Schlein alla Camera.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Nessun impegno, nessun nuovo modello e nessuna certezza su occupazione e investimenti. Oltre i modi garbati di Joh Elkann non c’è nulla di nuovo". Lo affermano Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Alleanza Verdi Sinistra.
"Abbiamo chiesto - proseguono i due leader di Avs - a John Elkann di fare davvero il Presidente e il Ceo dell’azienda che dirige. Solo lui potrebbe e dovrebbe dare garanzie concrete su investimenti e occupazione in Italia. Dal 2014 ad oggi il settore ha perso 15mila lavoratori, con un danno sociale ed economico enorme per il paese. Vogliamo riportare le produzioni delocalizzate in Italia, come quella della grande Panda in Serbia, interrompendo il trasferimento degli stabilimenti all’estero. È inaccettabile che Stellantis continui a produrre modelli di grande diffusione lontano dal nostro Paese utilizzando l’immagine made in Italy solo per gli spot".
"Chiediamo un progetto industriale chiaro, che preveda investimenti definiti, nuovi modelli da realizzare in Italia e precise garanzie sul fronte produttivo e occupazionale. Tocca costatare che anche oggi non è arrivata nessuna risposta sulla Gigafactory di Termoli, sul reshoring delle produzioni trasferite all’estero, così come la fine della spinta alle delocalizzazioni, che impoveriscono il nostro tessuto industriale. L’audizione di oggi evidenzia anche - concludono Bonelli e Fratoianni - l’inadeguatezza del governo Meloni, più impegnato a fare la guerra alla transizione ecologica che a investire seriamente nelle infrastrutture necessarie, come le stazioni di ricarica e le Gigafactory. La destra non capisce che, se l’Europa non procederà con determinazione verso l’elettrico, sarà schiacciata dai colossi globali come l’americana Tesla e la cinese Byd. Serve una politica industriale lungimirante, non la difesa di modelli ormai superati".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Oplà! L’ennesima giravolta di Giorgia l’Influencer è servita". Lo scrive Matteo Renzi sui social postando una dichiarazione del 2016 della premier Giorgia Meloni. "Sull'Europa avevano le idee più chiare nel 1941 i firmatari del Manifesto di Ventotene, detenuti in carcere", disse Meloni parlando di Renzi, Hollande e Merkel.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Criticare un Manifesto è legittimo. Non rispettare la storia di ha dato la propria vita è un errore, ma questo non è accaduto". Lo ha detto in aula Maurizio Lupi di Noi Moderati nelle dichiarazioni di voto dopo le comunicazioni delle premier Giorgia Meloni. "Rispettare la storia non vuol dire non avere la libertà o la legittimità di criticare contenuti e idee diverse dalla propria storia, questo è il sale delle forza della democrazia".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - “La presidente del Consiglio che rinnega i valori della Costituzione sulla quale pure ha giurato: come si può? Come si possono insultare i padri non solo dell’Europa ma anche della nostra patria? Non è solo un’anti europeista che getta la maschera, e su questo avevamo pochi dubbi visto che la sua idea di Europa è più quella di Orban che la nostra ,il fatto più grave è che Meloni, con il suo discorso sul manifesto di Ventotene, insulta la storia e la memoria del nostro Paese". Così in una nota l’eurodeputata del Pd, Irene Tinagli.
"Mi voglio augurare che i vertici delle istituzioni, i presidenti di Camera e Senato in primis, vogliamo intervenire a tutela della democrazia, duramente contestata da chi dovrebbe governare l’Italia ed invece la oltraggia. La verità è fin troppo banale: all'Europa libera e unita, la Meloni preferisce l’autoritarismo di Orban e la sudditanza a Trump”.
Roma, 19 mar (Adnkronos) - "Abbiamo assistito all'ennesimo show della influencer Meloni, dopo un intervento scialbo, il grande colpo finale, l'attacco al Manifesto di Ventotene, preparato da giorni con giornalisti amici e le Tv, che serve per stare sui giornali per il Manifesto di Ventotene anzichè per le divisioni della maggioranza o la mancanza di una linea chiara di questo governo". Lo ha detto Maria Elena Boschi in aula alla Camera.
"Penso che abbia mandato di traverso il pranzo al presidente Mattarella, che ha anche ricordato che il Manifesto di Ventotene è un punto di riferimento nella costruzione europea", ha aggiunto la capogruppo di Iv a Montecitorio, che tra le altre cose ha sottolineato: "La Lega ha linea chiara, e l'ha detto: lei no ha mandato per andare al Consiglio Ue".