È il mantra del ministero di Stefania Giannini: la valutazione per portare il merito nel mondo dell’istruzione italiana, come ribadito più volte anche da Matteo Renzi. Ma per il momento continua a creare più problemi che benefici al Miur. Dopo l’onda di protesta suscitata dall’introduzione dei giudizi nella scuola, adesso anche la valutazione universitaria è nel caos: boicottata dai professori, l’agenzia nazionale Anvur ha deciso a sorpresa di prorogarne i termini dopo la scadenza, cambiando le carte in tavola dopo aver sostenuto che la presentazione delle pubblicazioni era stata un successo. Una mossa resa necessaria dall’importanza della posta in palio: milioni di euro di finanziamenti statali, che alcune delle università più importanti del Paese (da Pisa a La Sapienza di Roma) potrebbero perdere. E più in generale la credibilità stessa dell’Anvur e della valutazione universitaria, sempre più a rischio.
Valutazione e finanziamenti
Parliamo della cosiddetta Vqr, la Valutazione della Qualità della Ricerca, introdotta in Italia dall’ex ministro Gelmini ma portata avanti in maniera convinta anche dall’attuale governo. L’Anvur (l’Agenzia nazionale di valutazione, dipendente dal Miur) nomina un gruppo di esperti che deve giudicare le pubblicazioni presentate dai docenti di ciascun dipartimento degli atenei. Da questi “voti” dipendono una serie di meccanismi di funzionamento dell’università italiana, tra cui anche l’assegnazione della parte premiale dei fondi statali (il 20% del totale nel 2016, a regime si arriverà fino al 30%).
La protesta dei docenti per i tagli
Quest’anno, però, la procedura è stata molto travagliata: diversi docenti si sono rifiutati di inserire i propri lavori e farsi giudicare. Le riserve del mondo universitario sulla valutazione sono le più disparate, dalle modalità di presentazione delle pubblicazioni a quelle di giudizio. Ma in realtà la Vqr è stata travolta dalla protesta del movimento per la dignità della docenza universitaria, guidata dal professor Ferraro, che lamenta tutte le misure prese nel corso degli anni contro gli interessi degli atenei, dal blocco degli scatti stipendiali a quello del turnover, passando per i tagli ai finanziamenti: “È un miracolo che l’università sia sopravvissuta all’ultimo decennio”, spiega. “Per noi la Vqr è un mezzo, uno strumento per colpire il Ministero in ciò che gli è più caro e costringerlo ad affrontare questi temi”.
A rischio Pisa e La Sapienza
L’iniziativa “StopVqr” lanciata in autunno sembrava dover raccogliere sempre più adesioni. Alla fine l’astensione è stata “solo” dell’8% su scala nazionale, dato commentato con sollievo dallo stesso presidente dell’Anvur, Stefano Fantoni. Caso rientrato? Evidentemente no: dopo due settimane di quiete apparente, l’Agenzia ha deciso di riaprire a bocce ferme i termini di presentazione dei lavori, “accogliendo la richiesta dei rettori di alcune università”. Quali, però, non è dato conoscere: la Conferenza dei rettori (Crui), che a febbraio aveva chiesto ed ottenuto una prima proroga, afferma di non saperne nulla. La rete di ricercatori “29 aprile” ha scritto all’Anvur per chiedere trasparenza. Di certo c’è che la protesta ha sortito i suoi effetti più di quanto i vertici dell’Agenzia volessero ammettere. Se la media nazionale dell’astensione è stata piuttosto contenuta, infatti, i dati cambiano sul territorio: nell’Università del Salento si arriva fino al 30%, a Pisa al 23%, a La Sapienza di Roma al 13,6%. Una valutazione effettuata su questi numeri porterebbe un forte danno economico ad alcuni dei centri più importanti del Paese. Difficile quantificare con precisione, ma si parla di milioni di euro (6 per la sola Università di Pisa), visto che la quota premiale nel 2016 ammonta complessivamente a circa 1,5 miliardi di euro.
Riapertura e polemiche
Di qui la riapertura dei termini dal 4 al 15 aprile, “per rendere i risultati più rappresentativi per tutte le università”. La proroga, però, non assicura la presentazione dei lavori mancanti e si configura come un cambio di regole a partita in corso. Infatti non sono mancate le polemiche: da parte dei “docenti rivoltosi” che temono un inserimento forzato delle pubblicazioni; ma anche di molte università, secondo cui la nuova finestra di 15 giorni darà un vantaggio a chi non aveva presentato gli articoli e avrà più tempo per farlo, a scapito di chi invece aveva rispettato le scadenze (non si potranno infatti modificare i documenti già depositati). “Noi – afferma il professor Ferraro – chiediamo di sospendere la Vqr, fino quando non saranno risolti i temi sul tavolo. Adesso tocca al ministero decidere se fermarsi, o andare avanti come se nulla fosse con una valutazione monca, che rischia di penalizzare alcuni degli atenei più rinomati del Paese”.