Due lacrime asciugate in fretta appena entrato in chiesa, poi quasi tutta la cerimonia a occhi chiusi. Nel giorno dell’ultimo saluto all’amico Gianroberto Casaleggio, Beppe Grillo non si concede debolezze. Entra nel silenzio di ghiaccio della basilica di Santa Maria delle Grazie a Milano seguito dai “ragazzi” del direttorio con gli occhi rossi e si ferma a tranquillizzare gli attivisti. Ogni tanto l’abbraccio della moglie Parvin in piedi dietro di lui a ricordargli che non è solo. “Questo ci porterà delle cose belle”, dice. Lo guardano tutti, hanno bisogno della conferma che lui c’è e che anche questo passerà, che il Movimento reggerà il colpo, che sono ancora uniti. “Noi non molleremo mai”, gli dicono e molto spesso è una domanda.

Il Grillo dei comizi gridati e delle emozioni sopra le righe non c’è. C’è un leader che si carica sulle spalle un amico e che prova a fare il padre della loro creatura: “Gianroberto ha creato una miscela grandiosa”, commenta uscendo dalla basilica. “Adesso andiamo avanti. Ci ha lasciato un’eredità importante”. L’eurodeputato romano Fabio Massimo Castaldo, uno che del M5s conosce gli inizi, lo ferma: “Ora hai una grande responsabilità”. Grillo lo afferra per un braccio: “Tutto questo ci porterà belle cose. Stiamo uniti. Ma la preoccupazione mia e di Gianroberto erano i finti amici che cercano di entrare nel Movimento: dobbiamo stare attenti”.

I parlamentari si siedono in silenzio, ognuno al suo posto come in classe, come a dire che ci sono ma che non sanno bene dove stare. Presto inizieranno le domande sul futuro e loro non sanno cosa rispondere. Scrivono e chiamano da tutta Italia: il Movimento ce la farà? “Non ce l’aspettavamo così presto, la verità è che non siamo pronti”. Di Maio commosso saluta un attivista: “Ho sentito Gianroberto al telefono solo domenica”. Grillo fa il papà: consola Roberto Fico in lacrime, cerca la mano degli altri deputati e li abbraccia, continuamente. Pacche sulle spalle per scacciare la paura perché c’è già da pensare a domani, perché il domani arriva sempre troppo in fretta. Qualcuno fa una battuta: “Qui di fianco è esposta l’Ultima cena di Leonardo Da Vinci. Gianroberto ha voluto metterci in guardia: chissà chi sarà il nostro Giuda”.

La basilica di Santa Maria delle Grazie si riempie in fretta. La cerimonia inizia in anticipo e l’unica preoccupazione è quella di rispettare la riservatezza del fondatore M5s. “Papà perché non torni”, dice il figlio Francesco, 10 anni, dall’altare. Poi lascia la parola al fratellastro Davide: “Mio padre aveva un sogno: cambiare in meglio questo Paese. Chiunque ritenga di aver ricevuto qualcosa da lui lo conservi”. Assenti quasi tutti i politici avversari: per il Pd arrivano tra i fischi solo Emanuele Fiano, Lorenzo Guerini e Pietro Bussolati. I grillini apprezzano una presenza: Umberto Bossi. L’ex leader del Carroccio è uno che di facce giovani buttate nel calderone della politica ne sa qualcosa e che per il M5s ha sempre avuto, contraccambiato, rispetto. Sull’altare i familiari quasi sconosciuti per la stampa insieme al premio Nobel Dario Fo, nella navata centrale quelli che Casaleggio considerava i suoi figli: parlamentari, eurodeputati, consiglieri regionali e comunali. Ci sono tutti: dai primi capigruppo Vito Crimi e Roberta Lombardi al direttorio. Commossa la consigliera lombarda Silvana Carcano, ma anche la deputata Carla Ruocco. Dalla Sicilia Giancarlo Cancelleri, da Napoli Valeria Ciarambino. Nei primi banchi quelle che per il fondatore erano le promesse per il futuro: le candidate a sindaco per Torino e Roma Chiara Appendino e Virginia Raggi. Non poteva mancare il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, più di una volta sull’orlo dell’espulsione dal Movimento. I fedelissimi lo controllano da lontano, mentre lui cerca di stare almeno oggi il più defilato possibile.

In piedi commossi ci sono poi i suoi uomini: la squadra della comunicazione che Casaleggio ha selezionato personalmente, spesso andando contro il volere dei parlamentari. Scelti sulla fiducia, perdono una spalla e soprattutto una protezione. Inconsolabile Rocco Casalino, ma anche la fidata Ilaria Loquenzi che lo stesso fondatore ha voluto a tutti i costi restasse a Roma. Seduto tra i parlamentari Matteo Incerti: uno che Casaleggio si è preso sotto braccio nel 2006 e che si è tenuto stretto in tutti i momenti più complicati. Poi il videomaker Nik il Nero, il capo dello staff in Europa Filippo Pittarello Silvia Virgulti, incaricata da Gianroberto di preparare i parlamentari per parlare in pubblico (da qualche mese anche compagna di Di Maio). Vicino a Grillo naturalmente Pietro Dettori, quello che ormai era diventato la stampella di Casaleggio nel quotidiano, e che a stento è riuscito a ingoiare le lacrime: collaboratore e assistente, è stato al suo fianco in ogni uscita pubblica. Alla fine della cerimonia c’è il tempo anche per un abbraccio storico: Claudio Messora, ex fidatissimo poi silurato dallo staff di Bruxelles, si avvicina timido a Grillo che lo stringe a sorpresa per qualche minuto. Mesi di attacchi a distanza si sciolgono così “perché adesso c’è altro a cui pensare”.

Il quadro finale è di tanti attivisti e poche bandiere. I militanti della prima ora si sono arrampicati fino a Milano dai Meetup di tutta Italia. Preoccupati di non mancare di rispetto al leader così riservato, si concedono solo qualche lungo applauso e il grido “onestà” fuori dalla basilica. Cercano gli uni negli occhi degli altri il segnale che tutto andrà bene. “Non potevamo mancare. Siamo qui grazie a lui”, dice Natascia Guiduzzi, consigliera di Cesena dove è nato il primo Meetup d’Italia. “Ora è dura, ma la strada è stata segnata e andremo avanti”. Un po’ persi, si guardano intorno e cercano le facce dei portavoce. “Sentiamo la pressione”, dice Sergio Sangiovanni di Milano, “ora tocca noi, ma questa è stata una bastonata”. Un imprenditore di Pescara porta la bandiera dei 5 stelle come un mantello: “Casaleggio ha innescato una reazione a catena. Gli dobbiamo tutto, ma ora dobbiamo fare la nostra parte”.

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