Delle inchieste non ci interessa; dei danni ambientali nemmeno; del referendum di domenica men che meno; noi rilasciamo concessioni a trivellare in mare vicino alla costa a prescindere da qualunque considerazione. È questa – se traducessimo in italiano colloquiale il burocratese ministeriale – la risposta a un’interrogazione di Davide Crippa (M5S) che nei giorni scorsi è stata depositata alla Camera dal dicastero dello Sviluppo economico per confermare il via libera al raddoppio della piattaforma Vega (di proprietà di Edison, che poi sono i francesi di Edf), che sta nel canale di Sicilia, davanti a Ragusa, a meno di 12 miglia dalla riserva naturale del fiume Irminio.
La storia è assurda e, almeno fino alla risposta del governo, è stata documentata con dovizia di particolari e documenti da tre giornalisti del collettivo “Italian offshore”. Si parte dal lontano 1984 quando la concessione viene assegnata la prima volta (sia detto en passant, prima della legge che rendeva obbligatoria la valutazione di impatto ambientale). La seconda tappa è il 2007, quando la Capitaneria di Porto di Pozzallo scopre quanto segue: nei registri della Edison non c’è scritto niente sul trattamento dei rifiuti.
Per farla breve, alla fine si scopre che tra il 1989 e il 2007 Edison aveva semplicemente iniettato illegalmente in un pozzo sterile a 2.800 metri di profondità enormi quantità di rifiuti petroliferi (tra una cosa e l’altra parliamo di mezzo miliardo di litri). Cosa succede a questi rifiuti speciali ora? Non si sa, ma secondo gli esperti è assai probabile che si stiano lentamente riversando in mare, attività che potrebbero continuare a svolgere nei prossimi secoli. Che cosa ci ha guadagnato Edison? Il costo dello smaltimento legale, stimato da Ispra (ente di ricerca del ministero dell’Ambiente) in 69 milioni.
Da questa inchiesta è nato un processo che – tra cavilli, rinvii e quant’altro – non è ancora arrivato nemmeno alla sentenza di primo grado: il 5 maggio, alla prossima udienza, il Tribunale di Ragusa dovrebbe sancire la prescrizione dei reati (dall’illecito smaltimento dei rifiuti in giù) contestati a sei tra manager e dirigenti della piattaforma Vega. Va ricordato che il ministero dello Sviluppo economico, in quel dibattimento, si è costituito parte civile, chiedendo danni per 69 milioni che non vedrà mai.
Alla luce di questa informazione sembrerà impossibile che il 13 novembre 2015 lo stesso ministero (dopo il via libera di quello dell’Ambiente, arrivato il 15 aprile) abbia concesso a Edison un prolungamento di 10 anni proprio su quella concessione, funzionale alla costruzione di una nuova piattaforma, la Vega B. La cosa sembra quasi uno scherzo se si tiene conto che tra i motivi del via libera governativo c’è una nota del 2014 dello stesso dicastero (in tutta questa vicenda guidato da Federica Guidi, nota alle cronache per il caso Tempa Rossa) in cui si sostiene che “la società ha ottemperato ai termini di buona gestione del giacimento”. Per aggiungere l’ultimo tocco al quadro, va ricordato che l’autorizzazione a Edison è arrivata a metà novembre, vale a dire sei settimane prima che entrasse in vigore il divieto assoluto di nuove perforazioni entro le 12 miglia dalla costa deciso con la legge di Stabilità 2016.
L’interrogazione in commissione Attività produttive del deputato 5 Stelle Davide Crippa contesta al ministero tutti i particolari di questa storia, ivi compreso il paradosso che una società a cui si chiedono 69 milioni di danni “incassi un rinnovo della concessione alla cifra di 87 euro per km quadrato e con royalties pari al 7% appena dei proventi” (le più basse in Europa).
La risposta del dicastero è di quelle che fanno cadere le braccia: “Il governo non ritiene opportuno esprimersi su procedimenti giudiziari in corso”. E la proroga? “È stata rilasciata per il completamento del programma di lavori già autorizzato”. Autorizzato quando? “In sede di conferimento del titolo minerario”. Cioè nel lontano 1984. Edison si è ricordata giusto ora, quando mancano sei anni (2022) alla scadenza della concessione, che non aveva completato il “programma di lavori” approntato 32 anni fa. I ministeri interessati, ovviamente, lasciano fare. Ne nascerà, come detto, la Vega B con la trivellazione di altri 12 pozzi vicino ad una costa dichiarata “sito di interesse comunitario”.
L’ultima parola, però, non è ancora detta. L’impianto di Edison si trova – oramai sarà chiaro – entro le 12 miglia dalla costa: se il referendum sarà approvato, il prolungamento delle concessioni vicine alla costa non sarà possibile. In quel caso, Edison difficilmente farebbe uno stanziamento ingente (circa 100 milioni di euro) per un impianto che dovrà smontare tra sei anni: la durata dello sfruttamento non coprirebbe comunque i costi.
(da Il Fatto Quotidiano del 14 aprile 2016)
Lobby
Trivella Edison avvelena la Sicilia: a processo. Il Mise chiede danni per 69 milioni, ma intanto proroga i permessi
La piattaforma Vega davanti alla costa ragusana avrebbe smaltito illegalmente i rifiuti. Ma il governo allunga le concessioni per "buona condotta"
Delle inchieste non ci interessa; dei danni ambientali nemmeno; del referendum di domenica men che meno; noi rilasciamo concessioni a trivellare in mare vicino alla costa a prescindere da qualunque considerazione. È questa – se traducessimo in italiano colloquiale il burocratese ministeriale – la risposta a un’interrogazione di Davide Crippa (M5S) che nei giorni scorsi è stata depositata alla Camera dal dicastero dello Sviluppo economico per confermare il via libera al raddoppio della piattaforma Vega (di proprietà di Edison, che poi sono i francesi di Edf), che sta nel canale di Sicilia, davanti a Ragusa, a meno di 12 miglia dalla riserva naturale del fiume Irminio.
La storia è assurda e, almeno fino alla risposta del governo, è stata documentata con dovizia di particolari e documenti da tre giornalisti del collettivo “Italian offshore”. Si parte dal lontano 1984 quando la concessione viene assegnata la prima volta (sia detto en passant, prima della legge che rendeva obbligatoria la valutazione di impatto ambientale). La seconda tappa è il 2007, quando la Capitaneria di Porto di Pozzallo scopre quanto segue: nei registri della Edison non c’è scritto niente sul trattamento dei rifiuti.
Per farla breve, alla fine si scopre che tra il 1989 e il 2007 Edison aveva semplicemente iniettato illegalmente in un pozzo sterile a 2.800 metri di profondità enormi quantità di rifiuti petroliferi (tra una cosa e l’altra parliamo di mezzo miliardo di litri). Cosa succede a questi rifiuti speciali ora? Non si sa, ma secondo gli esperti è assai probabile che si stiano lentamente riversando in mare, attività che potrebbero continuare a svolgere nei prossimi secoli. Che cosa ci ha guadagnato Edison? Il costo dello smaltimento legale, stimato da Ispra (ente di ricerca del ministero dell’Ambiente) in 69 milioni.
Da questa inchiesta è nato un processo che – tra cavilli, rinvii e quant’altro – non è ancora arrivato nemmeno alla sentenza di primo grado: il 5 maggio, alla prossima udienza, il Tribunale di Ragusa dovrebbe sancire la prescrizione dei reati (dall’illecito smaltimento dei rifiuti in giù) contestati a sei tra manager e dirigenti della piattaforma Vega. Va ricordato che il ministero dello Sviluppo economico, in quel dibattimento, si è costituito parte civile, chiedendo danni per 69 milioni che non vedrà mai.
Alla luce di questa informazione sembrerà impossibile che il 13 novembre 2015 lo stesso ministero (dopo il via libera di quello dell’Ambiente, arrivato il 15 aprile) abbia concesso a Edison un prolungamento di 10 anni proprio su quella concessione, funzionale alla costruzione di una nuova piattaforma, la Vega B. La cosa sembra quasi uno scherzo se si tiene conto che tra i motivi del via libera governativo c’è una nota del 2014 dello stesso dicastero (in tutta questa vicenda guidato da Federica Guidi, nota alle cronache per il caso Tempa Rossa) in cui si sostiene che “la società ha ottemperato ai termini di buona gestione del giacimento”. Per aggiungere l’ultimo tocco al quadro, va ricordato che l’autorizzazione a Edison è arrivata a metà novembre, vale a dire sei settimane prima che entrasse in vigore il divieto assoluto di nuove perforazioni entro le 12 miglia dalla costa deciso con la legge di Stabilità 2016.
L’interrogazione in commissione Attività produttive del deputato 5 Stelle Davide Crippa contesta al ministero tutti i particolari di questa storia, ivi compreso il paradosso che una società a cui si chiedono 69 milioni di danni “incassi un rinnovo della concessione alla cifra di 87 euro per km quadrato e con royalties pari al 7% appena dei proventi” (le più basse in Europa).
La risposta del dicastero è di quelle che fanno cadere le braccia: “Il governo non ritiene opportuno esprimersi su procedimenti giudiziari in corso”. E la proroga? “È stata rilasciata per il completamento del programma di lavori già autorizzato”. Autorizzato quando? “In sede di conferimento del titolo minerario”. Cioè nel lontano 1984. Edison si è ricordata giusto ora, quando mancano sei anni (2022) alla scadenza della concessione, che non aveva completato il “programma di lavori” approntato 32 anni fa. I ministeri interessati, ovviamente, lasciano fare. Ne nascerà, come detto, la Vega B con la trivellazione di altri 12 pozzi vicino ad una costa dichiarata “sito di interesse comunitario”.
L’ultima parola, però, non è ancora detta. L’impianto di Edison si trova – oramai sarà chiaro – entro le 12 miglia dalla costa: se il referendum sarà approvato, il prolungamento delle concessioni vicine alla costa non sarà possibile. In quel caso, Edison difficilmente farebbe uno stanziamento ingente (circa 100 milioni di euro) per un impianto che dovrà smontare tra sei anni: la durata dello sfruttamento non coprirebbe comunque i costi.
(da Il Fatto Quotidiano del 14 aprile 2016)
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Palermo, 19 feb. (Adnkronos) - I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, unitamente a personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Gruppo Operativo Regionale Antifrode - Gora), hanno eseguito un’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Termini Imerese (su richiesta della Procura termitana), con cui è stato disposto il sequestro preventivo di 10 complessi aziendali, nonché di beni e di disponibilità finanziarie per oltre 15 milioni di euro nei confronti di 13 soggetti (anche per equivalente). Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico - Finanziaria di Palermo in co-delega con il citato Ufficio dell’A.D.M., hanno consentito di ricostruire l’operatività di un’associazione per delinquere attiva nelle province di Palermo, Agrigento e Catania e dedita alla commissione di illeciti tributari, con particolare riferimento alla commercializzazione di prodotti energetici sottoposti ad aliquota agevolata (c.d. “gasolio agricolo”).
Secondo la ricostruzione compiuta, la frode avrebbe permesso di sottrarre al pagamento delle imposte oltre 11 milioni di litri di prodotto petrolifero e sarebbe stata perpetrata attraverso l’utilizzo strumentale di operatori economici del settore e la predisposizione di documentazione mendace. Più nel dettaglio, diversi depositi commerciali riconducibili ai vertici del sodalizio criminale avrebbero emesso fatture per operazioni inesistenti e predisposto DAS fittizi al fine di documentare cartolarmente la vendita di carburante a “società di comodo” o aziende del tutto ignare di quanto avveniva, mentre lo stesso, in realtà, veniva ceduto “in nero” a soggetti terzi non aventi titolo a riceverlo. Il che consentiva a questi ultimi di praticare prezzi fortemente concorrenziali a discapito degli altri operatori del settore.
Il descritto sistema di frode - come accertato all’esito di indagini tecniche, servizi di riscontro su strada e mirate attività ispettive - avrebbe garantito un significativo abbattimento dell’I.V.A. e delle Accise dovute, oltre che delle imposte dirette, generando un’evasione d’imposta, e un conseguente danno alle casse dello Stato, pari a 15.231.376,80 euro. Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici, irregolarità nella loro circolazione e illeciti di natura tributaria.
Abu Dhabi, 19 feb. (Adnkronos) - Il segretario di Stato americano Marco Rubio è arrivato negli Emirati Arabi Uniti, ultima tappa del suo primo tour in Medio Oriente, dopo i colloqui di ieri con i funzionari russi a Riad. Rubio incontrerà ad Abu Dhabi il presidente degli Emirati Mohammed bin Zayed Al Nahyan e il ministro degli Esteri Abdullah bin Zayed Al Nahyan.
La visita di Rubio negli Emirati Arabi Uniti precede il vertice di venerdì in Arabia Saudita dei sei Stati del Consiglio di cooperazione del Golfo, nonché di Egitto e Giordania, per rispondere al piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per la Gaza del dopoguerra.
L'amministrazione Trump, che respinge qualsiasi ruolo futuro di Hamas nel devastato territorio palestinese, ha invitato i paesi arabi, fermamente contrari a qualsiasi spostamento dei palestinesi da Gaza, a proporre alternative al piano del presidente degli Stati Uniti.
Kiev, 19 feb. (Adnkronos) - Il massiccio attacco notturno con droni russi contro la città e l'oblast meridionale di Odessa ha ferito almeno quattro persone, tra cui un bambino. Lo ha riferito il governatore Oleh Kiper, secondo cui nell'attacco sono rimasti danneggiati una clinica pediatrica, un asilo, grattacieli e alcune automobili.
Tel Aviv, 19 feb. (Adnkronos) - I caccia israeliani hanno colpito depositi di armi appartenenti all'ex regime siriano di Bashar Assad a Sasa, nella Siria meridionale. Lo ha reso noto l'esercito israeliano in una nota.
Brasilia, 19 feb. (Adnkronos/Afp) - L'ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro è stato incriminato per un presunto piano di "colpo di stato" volto a impedire il ritorno al potere del suo successore Lula dopo le elezioni del 2022. La procura ha dettagliato in un comunicato l'incriminazione dell'ex leader dell'estrema destra (2019-2022) e di altri 33 indagati "accusati di incitamento e compimento di atti contrari ai tre poteri e allo Stato di diritto democratico".
L'atto d'accusa è stato consegnato alla Corte Suprema, che ora dovrà decidere se processarlo. L'ex capo dello Stato è stato incriminato per presunti piani di "colpo di stato", "tentato tentativo di abolizione violenta dello stato di diritto democratico" e "organizzazione criminale armata". Se si aprisse un processo, Jair Bolsonaro rischierebbe una condanna da 12 a 40 anni di carcere.
Secondo l'accusa, questa presunta cospirazione "era guidata dal presidente Bolsonaro e dal suo candidato alla vicepresidenza Walter Braga Netto che, alleati con altri individui, civili e militari, hanno tentato di impedire, in modo coordinato, l'applicazione del risultato delle elezioni presidenziali del 2022".
Roma, 19 feb. - (Adnkronos) - Un incendio è divampato tra martedì e mercoledì poco, dopo le 4 di mattina, in un appartamento all'ultimo piano di un palazzo sulla circonvallazione Gianicolense. Una donna di 89 anni è morta nel rogo. Sul posto i vigili del fuoco che hanno spento le fiamme e la polizia.
Brasilia, 19 feb. (Adnkronos/Afp) - L'ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro è stato incriminato per un presunto piano di "colpo di stato" volto a impedire il ritorno al potere del suo successore Lula dopo le elezioni del 2022. La procura ha dettagliato in un comunicato l'incriminazione dell'ex leader dell'estrema destra (2019-2022) e di altri 33 indagati "accusati di incitamento e compimento di atti contrari ai tre poteri e allo Stato di diritto democratico".
L'atto d'accusa è stato consegnato alla Corte Suprema, che ora dovrà decidere se processarlo. L'ex capo dello Stato è stato incriminato per presunti piani di "colpo di stato", "tentato tentativo di abolizione violenta dello stato di diritto democratico" e "organizzazione criminale armata". Se si aprirà un processo, Jair Bolsonaro rischierà una condanna da 12 a 40 anni di carcere.
Secondo l'accusa, questa presunta cospirazione "era guidata dal presidente Bolsonaro e dal suo candidato alla vicepresidenza Walter Braga Netto che, alleati con altri individui, civili e militari, hanno tentato di impedire, in modo coordinato, l'applicazione del risultato delle elezioni presidenziali del 2022".