Come da annunci del presidente Tito Boeri, a partire da questa settimana l’Inps invierà a 7 milioni di lavoratori del settore privato e 1,5 milioni di dipendenti pubblici le “buste arancioni” con la simulazione della pensione che riceveranno in futuro, sulla base dei contributi versati fino a oggi. Peccato che le cifre messe nere su bianco in quelle lettere appaiano decisamente poco attendibili, perché si basano sul presupposto che il pil cresca dell’1,5% l’anno (non succede da nove anni e dal 2008 al 2014 il Paese è stato in recessione) e che lo stesso facciano gli stipendi dell’interessato. Il quale in più dovrebbe avere una carriera senza interruzioni, cioè senza rimanere mai disoccupato, poniamo, tra un contratto a termine e l’altro. Non solo: l’importo mensile dell’assegno è indicato al lordo, senza che questo venga specificato.
Va detto che le missive sono destinate a coloro che non hanno chiesto il pin necessario per accedere al simulatore online “La mia pensione” sul sito dell’istituto di previdenza o il nuovo Spid, la chiave digitale unica per i servizi della pubblica amministrazione. Chi accede al portale ha a disposizione molte più informazioni: oltre allo scenario base, che presuppone appunto un progresso del pil dell’1,5% l’anno, ce ne sono anche uno più ottimistico, valido se il lavoratore fa una rapida carriera, e uno più cauto, con il pil che cresce “solo” dell’1%. In nessun caso si ipotizza che la crescita del prodotto possa essere inferiore all’1%, nonostante dal 2007 a oggi uno “slancio” simile non si sia mai registrato.
Secondo simulazioni fatte dalla società di analisi Progetica per Repubblica, un 30enne che guadagna 1000 euro al mese e che stando alla busta arancione può contare su una pensione di 2.278 euro (lordi) dall’1 novembre 2056 ne incasserà 270 in meno se il pil crescerà in media solo dello 0,5% l’anno e la sua carriera sarà piatta, senza incrementi salariali. Una differenza tutt’altro che trascurabile.