Il motore del carro dei vincitori è tornato a ruggire. Più che un carro, assomiglia a uno di quei tram brasiliani: è talmente affollato che c’è chi resta in piedi, penzolante e con una gamba di fuori. Hanno vinto tutti. Ha vinto Renzi che per rivendicare il trionfo in un messaggio a reti semi-unificate si era sistemato ai blocchi di partenza alle 22,55. E hanno vinto tutti gli anti-Renzi, che alla vigilia schieravano dai Cinquestelle a Brunetta, da Piero Pelù al Wwf: “In realtà avevamo già vinto”, “è un segnale fortissimo”, “Renzi non può non tener conto”. Tutti accusano tutti di strumentalizzare il referendum e la lotta nel greggio ha avuto pessimi risultati: il ciaone vince per distacco. Fino all’euforia per un’affluenza che andava sempre più giù. “I dati che ci giungono – ha assicurato Guerini a metà pomeriggio, con altre parole – sono in linea, anzi direi addirittura meglio, con le nostre aspettative”. “E’ un risultato netto, chiaro, superiore alle aspettative di tutti gli opinionisti” ha detto a urne chiuse Renzi. Ma Palazzo Chigi sa che il “risultato netto e chiaro” è frutto di una massa informe, indefinita, una specie di Blob.
Dentro quel 68 per cento di astensionismo in realtà c’è di tutto: quelli che hanno dato retta a Renzi, un po’ di berlusconiani, forse una quota di grillini, i bagnanti, i non residenti sfiduciati dalle previsioni (segreto di Pulcinella). Ma soprattutto c’è l’area del non voto, che tutti i sondaggi danno da mesi intorno al 40 per cento. L’effetto involontario di quella dichiarazione flash alla Obama è stato quello di un capo del governo che voleva abbandonare il ruolo di segretario del Pd per puntare alla poltrona di capo del primo partito, quello degli astensionisti. Sarà stato anche un “referendum pretestuoso”, “inutile”, ma intanto è stato organizzato a un mese e mezzo dalle amministrative.
Dall’altra parte, invece, una sfida in difesa dell’ambiente, della salute, di un bene comune (il mare) è stata condotta a un risultato che voleva essere nelle intenzioni il nuovo riscatto del mito della “società civile” dopo i referendum del 2011 (su acqua, nucleare) e invece ha visto muoversi 12 milioni di persone in meno di 5 anni fa. In realtà il fattore anti-B, che l’altra volta fu il carburante, fu più forte del fattore anti-Matteo, anche per la presenza del quesito sul lodo Alfano, che era la madre di tutte le partite, al crepuscolo del potere di Arcore. Ma né la questione “tecnica” né la spallata politica hanno appassionato gli elettori. Solo la vicenda giudiziaria della Basilicata che ha preso il governo in pieno è riuscita a fare un po’ di respirazione bocca a bocca alla campagna referendaria, già azzoppata dai giornali e dalle tv più influenti. E infatti il capo del partito No Triv Michele Emiliano, prima del voto ha detto che Renzi era un bugiardo. Ora pare che Renzi abbia fatto quasi tutto da solo: “E’ uno competitivo, ogni volta che c’è qualunque evento, dalle partite di calcetto in su, lui crede che la gente giochi contro di lui. Ma anche in questo caso, non c’era niente contro il premier”. Grillo aveva dato l’indicazione di votare sì anche se non si capiva niente del quesito a cui rispondere. Di Maio sabato invitava “a votare in massa” per “dare un segnale forte a questi politicanti che rispondono agli interessi dei petrolieri e non a quelli dei cittadini”. Oggi spiega che “un referendum come quello di ieri è diventato l’ennesimo terreno di scontro tra bande del Pd” e per questo i cittadini “lo hanno snobbato”.
Ma se il referendum appena fallito ha un senso è quello di aver fatto da starter alla campagna elettorale che accompagnerà gli italiani da qui alle Amministrative e dalle Amministrative al referendum costituzionale, quello che Renzi ha trasformato in ultimo livello del videogame, quello della battaglia finale col mostro. Né alle Comunali né alla consultazione sulle riforme istituzionali c’è il quorum: per la Santa Alleanza cadrà un alibi, ma il presidente-segretario non potrà contare sul non voto grazie al quale gli è piaciuto vincere facile. L’elettorato si rimescolerà: le riforme, nel Pd e anche a destra, piacciono a qualcuno in più, ma anche a qualcuno in meno. I sondaggi danno i sì alla legge Renzi-Boschi in ampio vantaggio, ma mancano 6 mesi al terzo round del Renzi contro tutti e le amministrative hanno fatto imparare al Pd – a suon di disfatte – qual è il funzionamento dell’effetto Parma, anche detto effetto Livorno. Così, in attesa della Festa dell’Unità, arriva la Festa dell’Imu, il 16 giugno, a tre giorni dai ballottaggi. Berlusconi sorpassato e stracciato.