“Il ministero vuoto è uno scandalo”. Così tuonava Pierluigi Bersani nel 2010 quando, in seguito alle dimissioni di Claudio Scajola, l’allora premier Silvio Berlusconi avocò a sé per quattro mesi l’incarico di ministro dello Sviluppo economico. L’ex segretario del Pd sapeva bene che quella poltrona non può restare a lungo vuota perché il Mise è importantissimo. Lo Sviluppo economico definisce la politica industriale del Paese, delinea la strategia energetica nazionale e, infine, regolamenta settori strategici come media, poste e telefonia. Ma soprattutto, il dicastero di via Veneto è l’ambasciatore economico del Paese all’estero: in un mondo sempre più globale, il ministero organizza infatti periodicamente missioni internazionali che servono a procurare nuovi, importanti, contratti agli imprenditori italiani. In poche parole, lo Sviluppo economico svolge funzioni essenziali per l’economia grazie a un esercito di migliaia di collaboratori e oltre 3.200 dipendenti organizzati in quattordici direzioni generali e una miriade di divisioni.
Tuttavia, dopo lo scandalo petroli che ha portato all’addio di Federica Guidi, la cautela è d’obbligo per Matteo Renzi che ha perso per strada quattro ministri (Lanzetta, Mogherini e Lupi oltre alla Guidi). Per il premier, che ha avocato a sé il dicastero, è essenziale scegliere la persona giusta per lo Sviluppo economico. Anche perché, nel caso non funzioni, non potrà “licenziarlo” come accade in Francia o Inghilterra, ma dovrà tenerselo fino al termine della legislatura. A meno che non si dimetta o non venga sfiduciato, un caso più teorico che pratico: secondo i dati Openpolis, nelle prime 15 legislature deputati e senatori hanno votato una dozzina di mozioni nei confronti di singoli ministri di cui una sola è andata a buon fine, quella di Filippo Mancuso, ex ministro della Giustizia del governo Dini negli anni di Tangentopoli.
Si capisce bene perché Renzi voglia evitare passi falsi, guardandosi anche solo dal commentare il totonomine che per lo Sviluppo economico vede ben piazzati il viceministro Teresa Bellanova, il manager Andrea Guerra, il responsabile economico del Pd Filippo Taddei e Vasco Errani, già governatore dell’Emilia Romagna vicino a Bersani. In attesa della decisione del premier, però, al Mise si accumulano dossier bollenti.
Del resto la poltrona è strategica per tenere in piedi in Paese che sta attraversando una crisi senza precedenti. Ciononostante, sin dalla sua istituzione nel 2006 (prima esistevano un ministero dell’Industria e uno del Commercio con l’estero), allo Sviluppo economico non è mai arrivato un ministro che sia riuscito a lasciare il segno incidendo positivamente sul tessuto produttivo italiano. Eppure, negli anni, i tentativi, di partiti e tecnici, non sono mancati. Nella storia del Mise, il primo a provarci è Bersani con il decreto liberalizzazioni approvato durante il secondo governo Prodi: l’intervento normativo che porta il suo nome promette di portare grandi benefici per le tasche dei consumatori grazie ai ribassi attesi nei prezzi di polizze assicurative, bollette telefoniche ed energetiche. A distanza di anni, però, il risultato finale è lontano dalle aspettative: le compagnie assicurative continuano a fare il bello e il cattivo tempo, mentre le liberalizzazioni bersaniane segnano l’apertura del mercato energetico italiano alle compagnie straniere senza peraltro riuscire ad ottenere in cambio pari trattamento all’estero.
Finita la stagione di Bersani, sotto il governo Berlusconi IV, allo Sviluppo economico arriva Claudio Scajola divenuto celebre più per l’appartamento con vista Colosseo, acquistato a sua insaputa, che non per strategie di sviluppo a favore del Paese. Scajola si dimette a quasi due anni dall’insediamento in seguito allo scandalo legato al costruttore Anemone, non prima di aver tentato un ritorno al nucleare contro la volontà del Paese. Segue un interim berlusconiano prima dell’arrivo di Paolo Romani, che eredita da Scajola la missione nucleare, finita con un nulla di fatto e tante polemiche fra i due protagonisti Enel e Edf. L’incarico viene inaugurato con grandi proclami: Romani, che come esperienza manageriale ha al suo attivo il fallimento di Lombardia 7 tv, promette di rivitalizzare il dossier dell’Italia digitale. Ma, in realtà, durante la sua gestione, al Mise non si muove nulla. Basti pensare che, delusi, i più importanti manager italiani delle telecomunicazioni (da Franco Bernabé allora in Telecom a Paolo Bertoluzzo di Vodafone passando per Corrado Sciolla di BT Italia) firmano una petizione per avere “proposte concrete entro 100 giorni”. Ma nulla smuove Romani che gioca a favore del duopolio Rai–Mediaset destinando il Paese al ritardo digitale.
Verso il finire del 2011, complice la crisi del debito sovrano con lo spread alle stelle, il governo Berlusconi cede il passo ai tecnici di Mario Monti lasciando in eredità 141 vertenze industriali. Peccato però che il nuovo inquilino del dicastero s’intenda poco di industria: è il banchiere Corrado Passera, più interessato a promuovere se stesso che non il rilancio industriale del Paese. “Dalla Fincantieri di Sestri alla Vinyls, dall’Omsa ad Agile Eutelia, in Alenia, persino alla Fiat di Torino: Passera non si è mai visto – riferisce un esemplificativo articolo dell’Espresso datato 28 agosto 2012 – E ovunque le risposte sono un coro unanime: “Qui non è mai venuto. Non credo si sia mai interessato alla nostra vertenza”. Con l’unica eccezione della sarda Alcoa: “Lo abbiamo incontrato al ministero una volta, il 27 marzo scorso, per un quarto d’ora”, dice il sindacalista Rino Barca”. Passera non ama le grandi vertenze sindacali che sono cariche di forti tensioni sociali. Lo dimostra con il suo operato. E in occasione di una visita istituzionale nel Sulcis, diventa persino protagonista, accanto al collega della Coesione territoriale, Fabrizio Barca, di una rocambolesca fuga in elicottero dai manifestanti. Da ministro, l’ex banchiere preferisce le start-up alle quali il governo dispensa soldi attraverso la controllata dello Sviluppo economico, Invitalia.
Quando arriva il governo di Enrico Letta nell’aprile 2013, la crisi del debito è rientrata. Ma quella dell’economia reale è appena iniziata. E’ essenziale quindi che al Mise arrivi un ministro forte. Letta punta sull’ex sindaco di Padova, Flavio Zanonato, il “Formigoni del Veneto” che può contare sull’amicizia con il potente leader ciellino Graziano Debellini. Zanonato, che da sindaco svende la municipalizzata da Padova, promette una vera svolta al Mise: ritorna sui tavoli delle vertenze e annuncia il rilancio dell’Italia nell’era digitale. Ma, in realtà, fa il gioco delle lobby, specie quelle assicurative e, come gli ex colleghi Romani a Passera, ha un unico input: tagliare la spesa per risanare. Magari vendendo anche i gioielli di Stato come ha fatto in tempi più recenti il governo Renzi che per la massima poltrona del Mise sceglie la confindustriale Federica Guidi. L’ex ministro conosce in profondità i problemi delle imprese. Si concentra su internazionalizzazione e energia, questione, quest’ultima, di cui si discute anche troppo fra le mura domestiche. Così alla fine il Mise arriva nelle mani di Renzi che, in vista delle comunali di primavera, non può permettersi di sbagliare mancando di centrare la sua missione: “Sbloccare il Paese”. Con l’aiuto dei fondi del Mise e la benedizione del Tesoro.
Lobby
Dimissioni Guidi, per il ministero dello Sviluppo dieci anni di flop. Più polemiche e scandali che impatto sull’economia
Da Bersani a Scajola, da Romani a Zanonato fino a Passera, i tentativi di incidere positivamente sul tessuto produttivo non sono mancati. Ma sono andati a vuoto. Nonostante le liberalizzazioni bersaniane le compagnie assicurative continuano a fare il bello e il cattivo tempo e le bollette non sono calate. Quanto all'ex numero uno di Intesa, era più interessato a promuovere se stesso che al rilancio industriale
“Il ministero vuoto è uno scandalo”. Così tuonava Pierluigi Bersani nel 2010 quando, in seguito alle dimissioni di Claudio Scajola, l’allora premier Silvio Berlusconi avocò a sé per quattro mesi l’incarico di ministro dello Sviluppo economico. L’ex segretario del Pd sapeva bene che quella poltrona non può restare a lungo vuota perché il Mise è importantissimo. Lo Sviluppo economico definisce la politica industriale del Paese, delinea la strategia energetica nazionale e, infine, regolamenta settori strategici come media, poste e telefonia. Ma soprattutto, il dicastero di via Veneto è l’ambasciatore economico del Paese all’estero: in un mondo sempre più globale, il ministero organizza infatti periodicamente missioni internazionali che servono a procurare nuovi, importanti, contratti agli imprenditori italiani. In poche parole, lo Sviluppo economico svolge funzioni essenziali per l’economia grazie a un esercito di migliaia di collaboratori e oltre 3.200 dipendenti organizzati in quattordici direzioni generali e una miriade di divisioni.
Tuttavia, dopo lo scandalo petroli che ha portato all’addio di Federica Guidi, la cautela è d’obbligo per Matteo Renzi che ha perso per strada quattro ministri (Lanzetta, Mogherini e Lupi oltre alla Guidi). Per il premier, che ha avocato a sé il dicastero, è essenziale scegliere la persona giusta per lo Sviluppo economico. Anche perché, nel caso non funzioni, non potrà “licenziarlo” come accade in Francia o Inghilterra, ma dovrà tenerselo fino al termine della legislatura. A meno che non si dimetta o non venga sfiduciato, un caso più teorico che pratico: secondo i dati Openpolis, nelle prime 15 legislature deputati e senatori hanno votato una dozzina di mozioni nei confronti di singoli ministri di cui una sola è andata a buon fine, quella di Filippo Mancuso, ex ministro della Giustizia del governo Dini negli anni di Tangentopoli.
Si capisce bene perché Renzi voglia evitare passi falsi, guardandosi anche solo dal commentare il totonomine che per lo Sviluppo economico vede ben piazzati il viceministro Teresa Bellanova, il manager Andrea Guerra, il responsabile economico del Pd Filippo Taddei e Vasco Errani, già governatore dell’Emilia Romagna vicino a Bersani. In attesa della decisione del premier, però, al Mise si accumulano dossier bollenti.
Del resto la poltrona è strategica per tenere in piedi in Paese che sta attraversando una crisi senza precedenti. Ciononostante, sin dalla sua istituzione nel 2006 (prima esistevano un ministero dell’Industria e uno del Commercio con l’estero), allo Sviluppo economico non è mai arrivato un ministro che sia riuscito a lasciare il segno incidendo positivamente sul tessuto produttivo italiano. Eppure, negli anni, i tentativi, di partiti e tecnici, non sono mancati. Nella storia del Mise, il primo a provarci è Bersani con il decreto liberalizzazioni approvato durante il secondo governo Prodi: l’intervento normativo che porta il suo nome promette di portare grandi benefici per le tasche dei consumatori grazie ai ribassi attesi nei prezzi di polizze assicurative, bollette telefoniche ed energetiche. A distanza di anni, però, il risultato finale è lontano dalle aspettative: le compagnie assicurative continuano a fare il bello e il cattivo tempo, mentre le liberalizzazioni bersaniane segnano l’apertura del mercato energetico italiano alle compagnie straniere senza peraltro riuscire ad ottenere in cambio pari trattamento all’estero.
Finita la stagione di Bersani, sotto il governo Berlusconi IV, allo Sviluppo economico arriva Claudio Scajola divenuto celebre più per l’appartamento con vista Colosseo, acquistato a sua insaputa, che non per strategie di sviluppo a favore del Paese. Scajola si dimette a quasi due anni dall’insediamento in seguito allo scandalo legato al costruttore Anemone, non prima di aver tentato un ritorno al nucleare contro la volontà del Paese. Segue un interim berlusconiano prima dell’arrivo di Paolo Romani, che eredita da Scajola la missione nucleare, finita con un nulla di fatto e tante polemiche fra i due protagonisti Enel e Edf. L’incarico viene inaugurato con grandi proclami: Romani, che come esperienza manageriale ha al suo attivo il fallimento di Lombardia 7 tv, promette di rivitalizzare il dossier dell’Italia digitale. Ma, in realtà, durante la sua gestione, al Mise non si muove nulla. Basti pensare che, delusi, i più importanti manager italiani delle telecomunicazioni (da Franco Bernabé allora in Telecom a Paolo Bertoluzzo di Vodafone passando per Corrado Sciolla di BT Italia) firmano una petizione per avere “proposte concrete entro 100 giorni”. Ma nulla smuove Romani che gioca a favore del duopolio Rai–Mediaset destinando il Paese al ritardo digitale.
Verso il finire del 2011, complice la crisi del debito sovrano con lo spread alle stelle, il governo Berlusconi cede il passo ai tecnici di Mario Monti lasciando in eredità 141 vertenze industriali. Peccato però che il nuovo inquilino del dicastero s’intenda poco di industria: è il banchiere Corrado Passera, più interessato a promuovere se stesso che non il rilancio industriale del Paese. “Dalla Fincantieri di Sestri alla Vinyls, dall’Omsa ad Agile Eutelia, in Alenia, persino alla Fiat di Torino: Passera non si è mai visto – riferisce un esemplificativo articolo dell’Espresso datato 28 agosto 2012 – E ovunque le risposte sono un coro unanime: “Qui non è mai venuto. Non credo si sia mai interessato alla nostra vertenza”. Con l’unica eccezione della sarda Alcoa: “Lo abbiamo incontrato al ministero una volta, il 27 marzo scorso, per un quarto d’ora”, dice il sindacalista Rino Barca”. Passera non ama le grandi vertenze sindacali che sono cariche di forti tensioni sociali. Lo dimostra con il suo operato. E in occasione di una visita istituzionale nel Sulcis, diventa persino protagonista, accanto al collega della Coesione territoriale, Fabrizio Barca, di una rocambolesca fuga in elicottero dai manifestanti. Da ministro, l’ex banchiere preferisce le start-up alle quali il governo dispensa soldi attraverso la controllata dello Sviluppo economico, Invitalia.
Quando arriva il governo di Enrico Letta nell’aprile 2013, la crisi del debito è rientrata. Ma quella dell’economia reale è appena iniziata. E’ essenziale quindi che al Mise arrivi un ministro forte. Letta punta sull’ex sindaco di Padova, Flavio Zanonato, il “Formigoni del Veneto” che può contare sull’amicizia con il potente leader ciellino Graziano Debellini. Zanonato, che da sindaco svende la municipalizzata da Padova, promette una vera svolta al Mise: ritorna sui tavoli delle vertenze e annuncia il rilancio dell’Italia nell’era digitale. Ma, in realtà, fa il gioco delle lobby, specie quelle assicurative e, come gli ex colleghi Romani a Passera, ha un unico input: tagliare la spesa per risanare. Magari vendendo anche i gioielli di Stato come ha fatto in tempi più recenti il governo Renzi che per la massima poltrona del Mise sceglie la confindustriale Federica Guidi. L’ex ministro conosce in profondità i problemi delle imprese. Si concentra su internazionalizzazione e energia, questione, quest’ultima, di cui si discute anche troppo fra le mura domestiche. Così alla fine il Mise arriva nelle mani di Renzi che, in vista delle comunali di primavera, non può permettersi di sbagliare mancando di centrare la sua missione: “Sbloccare il Paese”. Con l’aiuto dei fondi del Mise e la benedizione del Tesoro.
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Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Le scelte nello stile di vita possono avere un impatto significativo anche nella gestione della fibrillazione atriale, un disturbo del ritmo cardiaco che rischia di sviluppare 1 over 40 su 4 e che rappresenta una delle principali cause di ictus che colpisce milioni di donne e uomini in tutta Europa. Alcuni alimenti come alcol, caffeina o cibi piccanti possono scatenare un episodio di questa condizione cronica che spesso può passare inosservata: molti non ne sono consapevoli e non ricevono una diagnosi. Per aiutare le persone a comprendere meglio il legame tra alimentazione e fibrillazione atriale - riporta una nota - Daiichi Sankyo Europe ha ospitato a Milano oggi 'Beats and Bites', che gioca sul suono dei termini inglesi 'battiti e morsi'. All'evento, esperti di malattie cardiovascolari insieme alla European Nutrition for Health Alliance e Alice (Associazione per la lotta all'ictus cerebrale) Lombardia hanno affrontato le preoccupazioni comuni ed evidenziato le strategie di riduzione del rischio con la partecipazione dello chef italiano Ruben Bondì, che ha creato un menù di ricette semplici, gustose e salutari per il cuore.
"Gli operatori sanitari oggi devono fornire ai pazienti le giuste informazioni per comprendere il loro rischio di fibrillazione atriale e adottare misure proattive di prevenzione - spiega Daniele Andreini, direttore della Divisione di Cardiologia universitaria e Imaging cardiaco dell'Irccs ospedale Galeazzi Sant'Ambrogio di Milano - I cambiamenti nello stile di vita, come il movimento regolare e l'alimentazione equilibrata, svolgono un ruolo cruciale nel migliorare la salute del cuore". Tra le strategie alimentari da adottare, gli esperti consigliano: consumare 2 porzioni di pesce ricco di omega-3 alla settimana per gli adulti e ridurre il sale a meno di 5 g al giorno; fare attenzione alle dimensioni delle porzioni e gestire i livelli di stress e di sonno, che potrebbero portare all'obesità e complicare i problemi cardiovascolari se non gestiti correttamente. Infine, fare circa 2 ore di esercizio fisico di intensità moderata alla settimana - passeggiare, fare le scale o ballare - oltre ad un allenamento di resistenza, 2 giorni alla settimana.
"Eventi come 'Beats and Bites' forniscono un utile supporto, offrendo consigli pratici e mostrando l'impatto che semplici cambiamenti nella dieta e nel movimento possono avere nel ridurre il rischio di fibrillazione atriale - rimarca Giacomo Falzi, vicepresidente Alice Lombardia - E' incoraggiante vedere al centro dell'attenzione il benessere dei pazienti, con esperti e sostenitori che si uniscono per dare a individui e famiglie la possibilità di assumere il controllo della propria salute cardiovascolare".
Le lacune nella conoscenza e nella gestione della fibrillazione atriale lasciano molti pazienti senza le informazioni e il supporto di cui hanno bisogno. "Daiichi Sankyo Europa aspira ad arricchire la qualità della vita delle persone in tutto il mondo - afferma Ilaria Leggeri, direttore del Patient Engagement della farmaceutica - Per questo è necessario andare oltre la malattia, guardare alle persone che convivono con la patologia, alla loro qualità della vita, alle loro scelte di vita e ai risultati che contano per loro". L'evento 'Beats and Bites' fa parte della più ampia iniziativa dell'azienda 'Il tuo cuore, nelle tue mani: fibrillazione atriale', dedicata all'educazione e alla responsabilizzazione delle persone, affinché diano priorità alla loro salute cardiovascolare.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - In occasione della Giornata dell'Unità nazionale e del Tricolore, che ricorre lunedì prossimo, 17 marzo, sulla facciata di Montecitorio verrà proiettata la bandiera nazionale, dalla mezzanotte e nelle successive ore serali e notturne.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - "Per il loro concreto e costante sostegno nel percorso di avvicinamento delle comunità di Gorizia e Nova Gorica soprattutto nel contesto di Go 2025", il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e quello emerito della Slovenia, Borut Pahor, verranno insigniti domani, con una cerimonia in programma alle 11.30 al Teatro comunale Giuseppe Verdi, del Premio 'Santi Ilario e Taziano-Città di Gorizia'. Un nuovo riconoscimento per i due statisti ai quali nell'aprile scorso fu attribuita la laurea honoris causa in Giurisprudenza dall'Università di Trieste, a conferma di un impegno comune per rimarginare le ferite della storia e mantenere vivi un'amicizia e un legame tra due i popoli, saldando un rapporto anche sul piano personale.
Numerose le occasioni di incontro e i gesti simbolici. A partire dal 26 ottobre 2016, quando i due presidenti parteciparono alla cerimonia sul tema "L'Europa luogo di superamento dei conflitti", nel centenario dell'unione di Gorizia all'Italia. Fu quella l'occasione per la deposizione di due corone d'alloro sul monumento dedicato ai soldati sloveni caduti sul fronte dell'Isonzo 1915-1917 a Doberdò del Lago, mentre in precedenza il Capo dello Stato italiano, al Parco della Rimembranza di Gorizia, aveva reso omaggio al monumento ai caduti della Prima guerra mondiale e al lapidario che ricorda i deportati goriziani.
Ma fu soprattutto il bilaterale a Trieste il 13 luglio 2020 particolarmente denso di significati. Mattarella e Pahor resero omaggio, mano nella mano, alla Foiba di Basovizza e al Monumento ai caduti sloveni antifascisti Ferdo Bidovec, Fran Marusic, Zvonimir Milos e Alojzij Valencic, condannati a morte nel 1930. Quindi i due presidenti conferirono a Boris Pahor, scrittore sloveno naturalizzato italiano, rispettivamente l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e l’Ordine per Meriti eccezionali. Fu quindi firmato il protocollo di restituzione del Narodni Dom, l'edificio che ospitava le associazioni culturali slovene distrutto dalla violenza nazionalista dello squadrismo fascista nel 1920.
"La storia –disse Mattarella in quella occasione- non si cancella e le esperienze dolorose, sofferte dalle popolazioni di queste terre, non si dimenticano. Proprio per questa ragione il tempo presente e l’avvenire chiamano al senso di responsabilità, a compiere una scelta tra fare di quelle sofferenze patite, da una parte e dall’altra, l’unico oggetto dei nostri pensieri, coltivando risentimento e rancore, oppure, al contrario, farne patrimonio comune, nel ricordo e nel rispetto, sviluppando collaborazione, amicizia, condivisione del futuro".
"Al di qua e al di là della frontiera -il cui significato di separazione è ormai, per fortuna, superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione europea -sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada, rivolta al futuro, in nome dei valori oggi comuni: libertà, democrazia, pace. Oggi, qui a Trieste -con la presenza dell’amico presidente Borut Pahor- segniamo una tappa importante nel dialogo tra le culture che contrassegnano queste aree di confine e che rendono queste aree di confine preziose per la vita dell’Europa". Concetti ribaditi nell’incontro del 21 ottobre 2021, per celebrare la designazione congiunta di Gorizia e Nova Gorica 'Capitale europea della Cultura 2025 con il progetto 'Go! Borderless'. “Un meraviglioso esempio della costruzione di un futuro comune nell’Unione europea".
L'avvicendamento alla guida della Slovenia, con l'elezione della presidente Nataša Pirc Musar, ha visto proseguire le iniziative di collaborazione e dialogo tra i vertici istituzionali dei due Paesi. Mattarella nell'aprile dello scorso anno partecipò alle celebrazioni per il ventennale dell'adesione della Slovenia all'Ue e con l'omologa Pirc Musar ha inaugurato a febbraio di quest'anno Go 2025, Prima Capitale europea della cultura transfrontaliera.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Il lupus eritematoso sistemico (Les) è una malattia autoimmune che può colpire vari organi e apparati del nostro organismo. Da qui la difficoltà nella diagnosi e nel trattamento. "Negli ultimi 10 anni, per la malattia, è cambiato il paradigma terapeutico" ed è possibile "raggiungere la remissione, spegnere una delle sue complicanze, quale la nefrite lupica, e ridurre al minimo", fino "anche a sospendere, il cortisone". Protagonisti di questa rivoluzione sono, "in particolare, i Jak inibitori, famiglia di nuovi farmaci già disponibili in Italia da dicembre 2017 per l'artrite reumatoide". Così Fabrizio Conti, professore di Reumatologia Università Sapienza e direttore della Uoc di Reumatologia del Policlinico Umberto I di Roma, riassume all'Adnkronos Salute l'evoluzione nella gestione di questa patologia cronica che è caratterizzata da manifestazioni eritematose cutanee e mucose con sensibilità alla luce del sole, ma che può coinvolgere altri organi come rene, articolazioni e sistema nervoso centrale.
"Il Les si presenta in modo variabile da persona a persona", sottolinea Rosa Pelissero, presidente Gruppo Les Odv, ma colpisce "soprattutto donne giovani in età fertile". Il rapporto di incidenza tra femmine e maschi è di 9 a 1. "Dopo la diagnosi ci si trova da un giorno all'altro malati di una malattia cronica. Si deve imparare a convivere con una nuova normalità. La ricerca è importante: 40-50 anni fa l'obiettivo era la sopravvivenza. C'era solo il cortisone ad alti dosaggi", come cura. "L'avvento di nuovi farmaci - chiarisce - apre alla possibilità di sospenderlo e quindi anche di ridurre gli effetti collaterali e i danni" del farmaco. "La gravidanza", allora, era "assolutamente" inimmaginabile. "Oggi invece, grazie ai progressi fatti, le donne affette da lupus sanno di poter affrontare un gravidanza. La nostra aspettativa è sempre di avere nuovi farmaci, il più efficaci possibili, con meno effetti collaterali e che possano essere somministrati su larga scala".
Il decorso della patologia, spesso, "è di tipo relapsing-remitting in cui, a fasi di attività di malattia, si alternano fasi di quiescenza - spiega Gian Domenico Sebastiani, direttore Uoc di Reumatologia dell'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma - I Jak inibitori, piccole molecole sintetizzate chimicamente, assunte per via orale, inibiscono l'attività di diverse citochine, che sono molecole pro infiammatorie. I Jak inibitori differiscono dai farmaci usati fino ad oggi perché - precisa - vanno a colpire meccanismi mirati della patologia", ma anche perché, essendo orali, hanno più "facilità di somministrazione", cosa importante per "l'aderenza" al trattamento. Inoltre, "per la rapidità di azione", se devono essere sospesi "smettono velocemente di agire".
Questa "nuova classe di immunomodulatori per via orale bloccano uno specifico enzima", janus chinasi, "che attiva diversi recettori cellulari - rimarca Gianluca Moroncini, professore di Medicina interna, direttore Dipartimento Scienze cliniche e molecolari, Università Politecnica delle Marche e direttore Clinica medica, Aou delle Marche - Pur riconoscendo un bersaglio molecolare specifico, in realtà, sono antinfiammatori modulatori ad ampio spettro. Il mio centro è impegnato in un trial clinico multicentrico per verificare se abbiano, nel Lupus eritematoso sistemico, un'efficacia pari a quella che hanno già dimostrato in altre malattie per le quali sono autorizzate, come l'artrite reumatoide o l'artrite psoriasica. Attendiamo con ansia l'esito delle sperimentazioni".
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Ho apprezzato molto la posizione di Elly Schlein quando ha detto no al piano di riarmo. Una buona premessa per impostare un progetto di alternativa a questo governo". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Se ci dobbiamo ritrovare con una alternativa che segue la Meloni e sottoscrive la politica estera disastrosa della Meloni è un disastro, che alternativa puoi presentare agli italiani se ti trovi a votare con la Meloni per l'escalation militare? Per non parlare di Gaza", ha spiegato il leader del M5s.
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Il problema è che il Pd ha dimostrato di essere un partito troppo plurale, lo dico con una battuta. Ci sono dei momenti di sintesi e quando il tuo leader prende una posizione così chiara, qualche chiarimento adesso andrebbe operato. Ma il problema non riguarda me ma un'altra forza politica". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
Roma, 14 mag (Adnkronos) - "Oggi scopriamo che ci sono i proprietari delle reti che vogliono dettare le condizioni, vogliono utilizzare gli algoritmi per condizionare il dibattito, usare gli algoritmi per condizionare le elezioni. Ci dobbiamo svegliare". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Il problema vero è che sono monopolisti, come Starlink per i satelliti a bassa quota. Che garanzia di sicurezza abbiamo che domani, come per l'Ucraina, Musk non si svegli e dica chiudo l'interruttore? L'Europa è l'unico contesto sovranazionale che cerca di dettare regole su questo fronte. E' un problema serio da affrontare", ha spiegato il leader del M5s.