“18 aprile, ore 9.45: tentativo di forzatura in corso, intervento vigili e carabinieri”. “19 aprile, ore 8.35: tutto fermo”. “20 aprile, ore 12.56: tentativo di vendita porta a porta (valutazione asservimenti temporanei, ndr)”. È il fiato sul collo di Tap. Comunicazioni lapidarie, con foto allegate, lanciate su Facebook e a rincorrersi sui cellulari. Avanti a tamburo battente, adesso che mancano davvero pochi giorni all’apertura del cantiere del gasdotto che dall’Azerbaijan, dopo aver attraversato i Balcani e l’Adriatico, dovrà approdare in provincia di Lecce. Entro il 16 maggio, come da prescrizione europea, i lavori vanno per forza avviati. La multinazionale ha comunicato ufficialmente agli enti locali che lo farà il 13.
Il conto alla rovescia è iniziato. E nel Salento è portato avanti a suon di ronde lungo i luoghi in cui si attende l’arrivo delle ruspe. Sono tratturi di campagna che si perdono verso il mare, quello di San Foca, a Melendugno. “Strade piene di pace, con gente che fa sport, che lavora in campagna o semplicemente va a fare visita al suo appezzamento”, fanno notare gli attivisti del Comitato No Tap. Cominciano presto il loro giro. Il primo turno di ispezione è alle sette del mattino. L’ultimo a mezzanotte. Man mano ci si attrezzerà anche per la notte. Un passaggio veloce ogni ora. “Sono ronde a bassa intensità – sorride Gianluca Maggiore, uno dei volontari – perché non vogliamo militarizzare la zona”. L’organizzazione è fluida: quindici ragazzi si passano il testimone dei sopralluoghi. Se qualcosa non torna, chiamano i “referenti tecnici”, coloro che hanno più dimestichezza con i documenti, che riescono a dare risposte, che sanno pianificare l’arrivo in massa sul posto di tutti gli altri.
Lunedì mattina, la prima prova generale ha funzionato: alle spalle della pineta di San Basilio, sono stati scaricati i primi mezzi pesanti. Prove di carico, per vedere se il terreno regge il peso. Ma gli escavatori hanno fatto temere l’inizio della modifica dello stato dei luoghi. “Noi c’eravamo – spiegano dal Comitato – ed abbiamo fatto intervenire l’ufficio tecnico ed i vigili urbani che hanno impedito agli operai l’utilizzo del bobcat. Che se lo sono portati a fare il bobcat? Ad iniziare abusivamente la strada con la scusa delle prove? Come mai la segnalazione dei lavori arriva al Comune di Melendugno sempre il venerdì notte? Come mai questi signori stanno volutamente forzando la mano? Vogliono lo scontro? Un decreto d’urgenza? Hanno paura delle loro stesse carte?”.
La tensione è alta, altissima. In questi pochi giorni si concentrano le lotte, i ricorsi, la controinformazione portata avanti negli ultimi anni. Si ripassano al setaccio faldoni di documenti, si attende un passo falso. “Anche oggi si #controllaTap”, annunciano ogni mattina gli attivisti.
Gli ulivi destinati allo spostamento sono già stati impacchettati. “Entro il 30 aprile, procederemo con i primi”, dicono dalla società. Quella è la data limite per l’espianto. Dopo, per esigenze vegetative delle piante, sarebbe troppo tardi. Al momento, tuttavia, si attende ancora la chiusura dell’ultima verifica di ottemperanza alle prescrizioni imposte per questa fase. Senza, nessun albero può essere toccato. “Non ci provassero, è un reato”, rimarcano i ragazzi delle ronde. Su questo si ha fretta. Mercoledì scorso, è stato il ministero dell’Ambiente a scrivere agli enti interessati: Bari deve decidere se autorizzare la rimozione degli ulivi, anche a fronte del parere negativo del Comune. “Noi riteniamo che la Regione non possa esimersi dal prendersi le sue responsabilità. Non ci sono elementi per dirci di no”, incalzano da Tap. Il tira e molla va avanti da mesi. “A noi sembra che nessuno voglia caricarsi la croce di far partire l’opera né quella di inchiodarla”, riflettono, guardinghi, gli oppositori.
Il 13 maggio si avvicina. In che cosa dovrà consistere l’apertura del cantiere perché venga considerata tale? Questa resta una domanda cruciale, perché in gioco c’è il riconoscimento dell’esenzione dalle regole di accesso ai terzi, una sorta di esclusiva riconosciuta sull’infrastruttura. “Entro quella data, cominceremo la valutazione del rischio archeologico e la bonifica bellica, che per la legge italiana sono considerate avvio dei lavori”, precisano dagli uffici della multinazionale. “E’ un bluff – replica il sindaco di Melendugno, Marco Potì – perché si tratta di attività preliminari. Sarà una falsa partenza. La contesteremo”. Nel documento della Commissione Via del 21 dicembre 2015, si legge che la prima fase, la “1.a”, deve consistere nella “preparazione aree di cantiere a terra e scavo del pozzo di spinta”.
È una partita a scacchi. Estenuante. E, forse, agli sgoccioli: il 17 marzo 2015, la Commissione europea ha respinto la richiesta di Tap di prorogare il termine di inizio lavori, che resta fermo alla data del 16 maggio 2016. L’estensione è stata ritenuta non giustificabile: il rinvio non consentirebbe al gasdotto di entrare in esercizio entro il 31 dicembre 2020.