Do ut des in terra di Gomorra. Ed è così che il politico che dichiarò di non volere un doppio incarico per motivi etici chiese aiuto ai Casalesi per essere eletto; promettendo in cambio di mettersi a disposizione della camorra. Il politico è Stefano Graziano, presidente regionale del Pd eletto a Palazzo Santa Lucia e già consigliere del governo Letta e del governo Renzi. Anche se da Palazzo Chigi fanno sapere quell’incarico per l’attuazione del programma aveva una durata di un solo anno (dicembre 2014) e non fu confermato. Ora è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa nell’inchiesta che ha portato a nove arresti per associazione a delinquere e corruzione e gli uomini della Finanza e dei Carabinieri hanno perquisito le due case di Roma e Teverola e l’ufficio nella sede del consiglio regionale della Campania a caccia di documenti. 

Scrivono i pm della Dda di Napoli nel decreto di perquisizione: “Ha chiesto e ottenuto appoggi elettorali con specifico riferimento alle ultime consultazioni per l’elezione del Consiglio regionale della Campania. L’appoggio elettorale – ritengono i titolari dell’inchiesta Maurizio Giordano, Alessandro D’Alessio, Gloria Sanseverino, Luigi Landolfi – è stato richiesto e ottenuto in rapporto sinallagmatico con l’impegno da parte del politico di porsi come stabile punto di riferimento politico e amministrativo dell’organizzazione camorristica denominata clan dei Casalesi fazione Zagaria“. A cui, secondo gli inquirenti, appartiene Alessandro Zagaria, imprenditore finito in manette oggi. E che intercettato parlava di e con Graziano. Che si è autosospeso e si dichiara estraneo.

Le conversazioni dell’esponente Pd, con un passato da centrista, e del presunto camorrista non compaiono né nel decreto di perquisizione né nell’ordinanza di custodia cautelare. Come le immagini, foto e forse video, degli incontri “plurimi” tra il politico e Zagaria e che sono agli atti dell’inchiesta. Ci sono altre conversazioni però che riportano, anche se sfocata, la fotografia di una relazione pericolosa tra il consigliere regionale e l’imprenditore accusato di 416 bis che chiedeva sostegno e voti per lui

“Noi dobbiamo portare a Graziano”
“E già non sta bene perché dobbiamo portare a Graziano (Stefano), e tu non ti fai vedere!” è il rimprovero che Zagaria rivolge all’allora sindaco di Santa Maria Capua Vetere, Biagio Maria Di Muro colpevole di non “portare a” ovvero di non sostenere abbastanza l’amico politico. Mentre i due uomini, entrambi in manette oggi, parlavano di lui, Graziano faceva campagna elettorale sotto braccio dei vertici democratici. Sul suo profilo Twitter è facile trovare foto con l’attuale governatore della Campania, Vincenzo De Luca, con il premier, Matteo Renzi, la ministra per i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, e anche con il sottosegretario alla Giustizia, Gennaro Migliore (nominato a gennaio).

È il 15 novembre del 2014 quando nell’auto dell’allora primo cittadino le cimici piazzate dagli investigatori registrano la conversazione tra Di Muro, costretto a lasciare dopo le dimissioni di 14 consiglieri nel novembre 2015, e Zagaria, considerato appunto anello di congiunzione tra l’amministrazione e il clan di Michele Zagaria. “… Hai capito… ti vuoi togliere … mi serve uno come te – incalza Zagaria – ma che cazzo stai dicendo io tengo per il Pd… Io ti voglio bene a te… tu sei sempre l’amico mio cosa hai capito? No io ti ringrazio di questa cosa. No… non mi devi ringraziare! Sei d’accordo Biagio… scusami! E già non sta bene…perché dobbiamo portare a Graziano (Stefano) e tu non ti fai vedere. Ti  dovrei allontanare io a te? O no? Mannaggia la madosca”.

Gli incontri e le telefonate di Graziano con l’imprenditore
I due poi parlano di affari. Cuore dell’inchiesta, infatti, sono le manovre per l’appalto per la progettazione della ristrutturazione di un edificio storico della cittadina casertana, il palazzo Teti Maffuccini, confiscato al padre dell’ex sindaco 20 anni fa e destinato, paradossalmente, a diventare un polo della cultura e della legalità. Zagaria e Di Muro “parlano di imprenditori favoriti da piazzare” ma il primo a un certo punto come scrive nell’ordinanza dal gip di Napoli Anna Laura Alfano “mostra di attivarsi direttamente per sostenere la campagna elettorale”. Ma perché un imprenditore accusato di camorra dovrebbe sostenere un politico? Perché Graziano deve “fornire aiuto affinché il finanziamento del palazzo possa essere trasferito da un capitolato di spesa a un altro consentendo margini di tempo meno ristretti rispetto al precedente e scongiurare la perdita del finanziamento stesso”. Per i pm, coordinati dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, Graziano “si è prodigato su indicazione di Di Muro” perché fosse proprio scongiurato il pericolo che il comune perdesse il finanziamento e di conseguenza avvenisse “il fallimento della corruzione per la quale si erano attivati gli indagati”.

Ma non solo. I detective hanno documentato gli incontri tra Graziano e Zagaria prima delle elezioni che lo hanno portato al seggio regionale con 15.862 preferenze e registrato le telefonate di ringraziamento in cui l’esponente dem esprime “riconoscenza”.

“Quello va a Roma e giovedì siamo qua”
Dieci giorni dopo gli stessi interlocutori intercettati ritornano sull’argomento Graziano, ma la conversazione appare davvero poco chiara. Di Muro dice a Zagaria: “Sono io che ho votato per lui” e l’altro replica: “No, è lui che ha votato per te”, ma quando quest’ultimo che gli chiede “adesso che vai a Napoli a trovare il professore? l’allora sindaco dice: “Eh! Perché dopo così sono obbligato a Stefano (Graziano)”. “Ma tu lo stesso glielo devi fare! poi se non glielo devi fare… come vuoi tu” dice l’imprenditore e altro replica: “eh, Questo è vero! Le deve fare le cose e le dobbiamo vedere”.

Poi si parla di un “fratello” e di “due piaceri” ma il riferimento al personaggio è nebuloso. Come il resto della conversazione che si concentra su un’altra persona che sarebbe stata convinta a “votare per il Pd”. Di Muro poi dice di avere “un santo in paradiso“, ma Zagaria ha la risposta pronta “come a me! Quando.. ve bene… hai capito? (incomprensibile)… in grazia di Dio! Quello domani va a Roma e giovedì stiamo qua…” .

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