Il 13 aprile scorso si è interrotta la trattativa tra i sindacati e le aziende aderenti a Federdistribuzione per il rinnovo del contratto nazionale, ormai scaduto dal 31/12/2013. Ora qualcuno si chiederà quali sono queste aziende! Tranquilli, ve le elenco io anche se sicuramente me ne sfuggirà qualcuna, perché dietro agli associazionismi si nascondono e si confondono nomi e sigle ben precise, più o meno famose, che è giusto specificare: Despar, Gruppo Vègè, Selex Gruppo Commerciale, Sisa; Metro, Carrefour Italia, Bennet, Esselunga, Iper, Fiordaliso, Gruppo Auchan (che comprende anche Punto Simply, Simply Market e Iper Simply Market), Gruppo Pam (che comprende anche In’s Mercato e Panorama), Penny Market, Magazzini Gabrielli (Tigre e Oasi),Pac 2000A, Prix Quality, Supermercati Cadoro, Unes; Bricocenter Italia, Canforama, Conbìpel, Decathlon, Gruppo Coin, OVS Upim, Self , Gruppo Zambaiti, Ikea, Rinascente, Leroy Marlin, Maxima (Max Mara e Max & Co), Universo Sport, Zara, Limoni.
Eccole qui le aziende che, attraverso Federdistribuzione, tentano oggi di fare dumping su tutte quelle aziende che invece, rimaste in Confcommercio, sono riuscite nel 2015 a trovare un accordo rinnovando ai loro dipendenti il Contratto Nazionale. La volontà è chiara: aumentare il proprio risparmio, attraverso diktat di arretramento dei diritti, in una competizione scorretta con le aziende aderenti a Confcommercio, ormai “incastrate” dal contratto siglato fino al 2017. La trattativa si interrompe, e i sindacati proclamano sciopero per il 28 maggio. E cosa fa Federdistribuzione la settimana dopo? Invita le aziende che rappresenta ad erogare nel mese di maggio ai propri collaboratori la prima tranche dell’aumento dei famigerati 85 euro a titolo di acconto, pari a 15 euro lordi (parametro al IV livello). Ne parla solo il quotidiano nazionale “Il Sole 24 Ore” il 21 Aprile scorso, in un articolo di Cristina Casadei, ma le aziende interessate non mancano nel comunicare ai propri dipendenti la “buona notizia”.
Quando si dice la casualità degli eventi. Appare ovvio a mio avviso l’utilizzo strumentale di pochi spiccioli per tentare di “comprare” e mercificare i propri dipendenti, sempre più incazzati per un’assenza di contratto che dura ormai da due anni e mezzo. Peccato che fino a qualche mese fa, gli 85 euro lordi di aumento in tre anni erano “troppi”, e lo sono ancora. Peccato che lo stipendio dei loro dipendenti è fermo dall’inizio del 2014. Peccato che una volta accettata la proposta degli 85 euro di aumento costata due giorni di scioperi ai lavoratori, hanno rifiutato la possibilità di allinearsi alla scadenza del Ccnl firmato da Confcommercio, creando una discrepanza di tempi che equivale a una differenza di massa salariale tra lavoratori dello stesso settore di 1200 euro al 31/12/2018 (calcolo inconfutabile, che nemmeno l’articolo del Sole 24 Ore riesce a smentire).
Ma attenzione. Non è “solo” una questione di soldi. L’aumento è necessario e dovrebbe essere dignitoso, ma arriviamo al punto che secondo me è determinante perché gravissimo, e che rappresenta a mio avviso uno dei motivi fondamentali che ha portato alla rottura del dialogo tra le parti. Federdistribuzione vuole un Ccnl con possibilità di deroghe automatiche a livello aziendale (quindi senza accordo sindacale) in materia di organizzazione del lavoro, orari, prestazione lavorativa e relativi costi, compresi i promessi aumenti salariali. La scusa è sempre la crisi, e il risultato sarebbe un contratto svuotato del suo significato centrale. Il fine è quello di arrivare sempre più vicini ad una contrattazione individuale, con il conseguente azzeramento della contrattazione collettiva e aziendale.
Il rischio? L’inevitabile aumento della frammentazione, della distanza tra lavoratori dello stesso settore e delle disuguaglianze, mentre in parallelo diminuirebbe sostanzialmente la possibile aggregazione sindacale e di conseguenza la sua potenzialità operativa. L’inghippo sta tutto qui, ed è qui l’inganno che a mio avviso smonta quella che io trovo sia una chiara strategia per rabbonire i dipendenti e confondergli le idee. Molti lavoratori intanto si preparano allo sciopero, in tanti chiedono risposte a domande legittime, e i delegati sindacali si sgolano a spiegare la beffa. Non è “solo” una questione di soldi, e le “gentili concessioni unilaterali” sono facilmente smascherabili. Credo che qualcuno non abbia ancora compreso che le persone, al contrario della merce che trattano, non sono in vendita.
Viviana Correddu
Commessa, sindacalista Cgil
Lavoro & Precari - 28 Aprile 2016
Grande distribuzione, contratti scaduti nel 2013. Ma non è solo una questione di soldi
Il 13 aprile scorso si è interrotta la trattativa tra i sindacati e le aziende aderenti a Federdistribuzione per il rinnovo del contratto nazionale, ormai scaduto dal 31/12/2013. Ora qualcuno si chiederà quali sono queste aziende! Tranquilli, ve le elenco io anche se sicuramente me ne sfuggirà qualcuna, perché dietro agli associazionismi si nascondono e si confondono nomi e sigle ben precise, più o meno famose, che è giusto specificare: Despar, Gruppo Vègè, Selex Gruppo Commerciale, Sisa; Metro, Carrefour Italia, Bennet, Esselunga, Iper, Fiordaliso, Gruppo Auchan (che comprende anche Punto Simply, Simply Market e Iper Simply Market), Gruppo Pam (che comprende anche In’s Mercato e Panorama), Penny Market, Magazzini Gabrielli (Tigre e Oasi),Pac 2000A, Prix Quality, Supermercati Cadoro, Unes; Bricocenter Italia, Canforama, Conbìpel, Decathlon, Gruppo Coin, OVS Upim, Self , Gruppo Zambaiti, Ikea, Rinascente, Leroy Marlin, Maxima (Max Mara e Max & Co), Universo Sport, Zara, Limoni.
Eccole qui le aziende che, attraverso Federdistribuzione, tentano oggi di fare dumping su tutte quelle aziende che invece, rimaste in Confcommercio, sono riuscite nel 2015 a trovare un accordo rinnovando ai loro dipendenti il Contratto Nazionale. La volontà è chiara: aumentare il proprio risparmio, attraverso diktat di arretramento dei diritti, in una competizione scorretta con le aziende aderenti a Confcommercio, ormai “incastrate” dal contratto siglato fino al 2017. La trattativa si interrompe, e i sindacati proclamano sciopero per il 28 maggio. E cosa fa Federdistribuzione la settimana dopo? Invita le aziende che rappresenta ad erogare nel mese di maggio ai propri collaboratori la prima tranche dell’aumento dei famigerati 85 euro a titolo di acconto, pari a 15 euro lordi (parametro al IV livello). Ne parla solo il quotidiano nazionale “Il Sole 24 Ore” il 21 Aprile scorso, in un articolo di Cristina Casadei, ma le aziende interessate non mancano nel comunicare ai propri dipendenti la “buona notizia”.
Quando si dice la casualità degli eventi. Appare ovvio a mio avviso l’utilizzo strumentale di pochi spiccioli per tentare di “comprare” e mercificare i propri dipendenti, sempre più incazzati per un’assenza di contratto che dura ormai da due anni e mezzo. Peccato che fino a qualche mese fa, gli 85 euro lordi di aumento in tre anni erano “troppi”, e lo sono ancora. Peccato che lo stipendio dei loro dipendenti è fermo dall’inizio del 2014. Peccato che una volta accettata la proposta degli 85 euro di aumento costata due giorni di scioperi ai lavoratori, hanno rifiutato la possibilità di allinearsi alla scadenza del Ccnl firmato da Confcommercio, creando una discrepanza di tempi che equivale a una differenza di massa salariale tra lavoratori dello stesso settore di 1200 euro al 31/12/2018 (calcolo inconfutabile, che nemmeno l’articolo del Sole 24 Ore riesce a smentire).
Ma attenzione. Non è “solo” una questione di soldi. L’aumento è necessario e dovrebbe essere dignitoso, ma arriviamo al punto che secondo me è determinante perché gravissimo, e che rappresenta a mio avviso uno dei motivi fondamentali che ha portato alla rottura del dialogo tra le parti. Federdistribuzione vuole un Ccnl con possibilità di deroghe automatiche a livello aziendale (quindi senza accordo sindacale) in materia di organizzazione del lavoro, orari, prestazione lavorativa e relativi costi, compresi i promessi aumenti salariali. La scusa è sempre la crisi, e il risultato sarebbe un contratto svuotato del suo significato centrale. Il fine è quello di arrivare sempre più vicini ad una contrattazione individuale, con il conseguente azzeramento della contrattazione collettiva e aziendale.
Il rischio? L’inevitabile aumento della frammentazione, della distanza tra lavoratori dello stesso settore e delle disuguaglianze, mentre in parallelo diminuirebbe sostanzialmente la possibile aggregazione sindacale e di conseguenza la sua potenzialità operativa. L’inghippo sta tutto qui, ed è qui l’inganno che a mio avviso smonta quella che io trovo sia una chiara strategia per rabbonire i dipendenti e confondergli le idee. Molti lavoratori intanto si preparano allo sciopero, in tanti chiedono risposte a domande legittime, e i delegati sindacali si sgolano a spiegare la beffa. Non è “solo” una questione di soldi, e le “gentili concessioni unilaterali” sono facilmente smascherabili. Credo che qualcuno non abbia ancora compreso che le persone, al contrario della merce che trattano, non sono in vendita.
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Washington, 20 dic. (Adnkronos) - Sono "circa duemila" i soldati americani nella Siria del dopo-Assad. Lo ha confermato il Pentagono. E sono più del doppio delle 900 di cui si sapeva sinora. Sono tutti in Siria nel quadro della lotta all'Is, ha detto il portavoce Patrick Ryder, precisando che per 900 militari si tratta di una missione a "lungo termine", mentre per le altre si parla di "forze aggiuntive", schierate in modo temporaneo per "i requisiti mutevoli della missione". Non c'è stato alcun tentativo di nascondere il numero reale delle unità presenti nel Paese arabo, ha assicurato il portavoce, affermando di aver appreso i dati esatti poco prima della comunicazione alla stampa.
Intanto ieri a Damasco è arrivata una delegazione statunitense, per la prima missione dalla fine dell'era Bashar al-Assad, per incontrare rappresentanti di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), che ha guidato l'offensiva fulminante contro le forze fedeli al deposto regime. E' stato un incontro "positivo" quello tra Abu Mohammed al-Jawlani (Ahmed al-Sharaa) e la delegazione, ha indicato un responsabile siriano all'Afp, sottolineando che "i risultati saranno positivi, se Dio vorrà". E' stata invece "cancellata per motivi di sicurezza" la conferenza stampa programmata dalla delegazione Usa, che include Barbara Leaf, la più alta funzionaria del Dipartimento di Stato per il Medio Oriente. Lo ha indicato Rana Hassan, un funzionario dell'ambasciata statunitense.
Dal 2014 sono presenti in Siria forze Usa nel quadro della lotta all'Is e da allora hanno collaborato con le Forze democratiche siriane (Fds) a guida curda. La fine del regime di Assad ha fatto tornare i timori relativi alla minaccia Is. Migliaia di combattenti del sedicente Stato islamico e loro familiari restano in prigioni 'improvvisate', sorvegliate dalle forze curde (sostenute dagli Usa, ma contrastate dalla Turchia), con armi limitate a disposizione, ha scritto nei giorni scorsi Politico, mentre le forze curde hanno continuato a scontarsi contro combattenti sostenuti da Ankara e cellule dell'Is ancora attive. "Di solito odio questo cliché, ma è la cosa più vicina a una bomba a orologeria che abbiamo", ha detto un ufficiale dell'antiterrorismo Usa, certo che se non si fermeranno gli attacchi contro le Fds si potrebbe dover fare i conti con una "evasione di massa dalle carceri".
Di "esercito terroristico in stato di detenzione" ha parlato Joseph Votel, generale a riposo che per tre anni dal 2016, epoca della guerra all'Is, ha guidato il Comando centrale Usa ed è "molto preoccupato".
La maggior parte dei combattenti dell'Is che sono stati catturati, ha evidenziato Politico, sono di Iraq e Siria, ma i jihadisti arrivavano anche da Paesi europei, dell'Asia Centrale e del Nord America, Usa compresi. E il tema del ritorno foreign fighters è stato per anni al centro del dibattito. Il giornale ha scritto dell'annoso limbo legale per circa 9.000 combattenti dell'Is e altre 50.000 persone, mogli e figli compresi.
Nei giorni scorsi gli Usa hanno condotto decine di radi aerei contro obiettivi dell'Is. L'Is "sta riorganizzando le fila, dal momento che è entrato in possesso di grandi quantità di armi a causa del crollo dell'Esercito siriano e della presenza di depositi di armi abbandonati", fattori che "hanno permesso" al gruppo di "estendere il controllo a nuove aree", ha affermato ieri il ministro degli Esteri iracheno, Fuad Hussein, lanciando l'allarme per "il pericolo di fuga dalle carceri di membri dell'Is" e "il peggioramento della situazione nel campo (profughi) di Al-Hol, con ripercussioni sulla sicurezza di Siria e Iraq". Per il premier iracheno Mohamed Shia al Sudani, che rivendica la preparazione delle forze di sicurezza e dell'intelligence di Baghdad, il gruppo jihadista non è invece una minaccia per l'Iraq. "I resti delle bande sconfitte dell'Is - è convinto - non rappresentano più una minaccia per il territorio iracheno".
Roma, 20 dic. (Adnkronos) - La Camera ha approvato la legge di bilancio. Nel voto finale sul provvedimento i sì sono stati 204, i voti contrari 110.
Roma, 20 dic. (Adnkronos) - Prima del voto finale sulla manovra il presidente di turno, Giorgio Mulè, ha invitato l'aula della Camera a un minuto di silenzio per le vittime dell'attentato a Magdeburgo.
Roma, 20 dic. (Adnkronos) - “Il terribile attentato al mercatino di Natale a Magdeburgo è un attacco vile e inaccettabile contro la nostra civiltà e i valori di libertà e pace che difendiamo. Esprimo la mia profonda solidarietà al popolo tedesco e il mio cordoglio a chi ha perso i propri cari”. Lo ha dichiarato il Ministro per le Riforme istituzionali, Elisabetta Casellati
Roma, 20 dic. (Adnkronos) - "Sono vicino ai familiari delle vittime e rivolgo il mio pensiero ai feriti a Magdeburgo. Ci stringiamo al popolo tedesco segnato da questa tragedia. Occorre compattezza e determinazione nel contrastare minacce, violenza e terrore". Così il Presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana.
Roma, 20 dic. (Adnkronos) - "Non aspettavo alcuna sentenza e nessun tribunale per giudicare Matteo Salvini. Io l’ho condannato moralmente e politicamente, senza alcun appello, già da tempo. Non serve una sentenza". Lo dice Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera.
"In più, non ho mai usato, come invece spesso ha fatto lui, la spregevole frase 'in galera e buttare la chiave'. Per questo mi fa piacere che Salvini si stato assolto. Le sue idee barbare sull’immigrazione vanno sconfitte con le elezioni, auspicare scorciatoie giudiziarie è altrettanto barbaro", conclude.
Roma, 20 dic. (Adnkronos) - "Orrore, vicinanza alle vittime e condanna durissima a chi ha ordito e portato a termine il brutale attentato a Magdeburgo. Minacce e barbare violenze contro persone innocenti sono intollerabili e vanno prevenute e combattute con massima fermezza. Non permettiamo che torni la paura in Europa" . Lo scrive sui social la deputata del Pd, Debora Serracchiani.