“Alcune cose di questo Codice andrebbero corrette”. Dopo aver minimizzato, ora il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, intervistato da Il Sole 24 Ore, riconosce che il nuovo Codice appalti entrato in vigore il 19 aprile suscita diverse “perplessità“. In particolare, “a proposito di corruzione”, sulle “scelte fatte per le soglie relative alle commissioni aggiudicatrici, anche per un esercizio molto riduttivo della delega” da parte del governo. “Stesso discorso per la regolazione del sottosoglia che consente procedure ampiamente negoziate sotto il milione di euro. Qui c’è un eccesso di discrezionalità che preoccupa molto e abbiamo per questo deciso con le linee guida di mettere alcuni paletti che garantiscano più trasparenza“.
Il riferimento è ai sette documenti – resi noti giovedì – con le indicazioni dell’authority su altrettanti aspetti particolarmente delicati della nuova normativa: dall’affidamento dei contratti sotto la soglia comunitaria di 5,2 milioni di euro alle commissioni, appunto. “Suggerimenti”, ora sottoposti a consultazione pubblica, con cui di fatto l’authority cerca di correggere il tiro del governo e di riprendersi gli spazi che le sono stati tolti in extremis, con le modifiche al testo fatte durante il Consiglio dei ministri del 15 aprile. Quei cambiamenti fanno sì che l‘azione di controllo preventivo dei membri dell’autorità sia limitata al 5% degli appalti, lasciano intatto il vituperato criterio del massimo ribasso nella maggioranza delle gare e rendono facoltativa la norma sulla tutela del lavoro quando cambia l’appaltatore.
Dalle linee guida pubblicate dall’Anac traspare il tentativo di mettere una pezza alle falle della nuova normativa, a volte facendo appello alle amministrazioni perché si muovano in modo più rigoroso rispetto a quanto imposto dalla legge. Visto che il limite di 1 milione di euro per affidare gli appalti senza bando è molto ampio, bisognerà individuare “meccanismi idonei a garantire la trasparenza della procedura”, si legge nel documento su questa parte di procedure. Poi l’Autorità chiama in causa direttamente le amministrazioni, appunto, e chiede loro di operare in autonomia la stretta che il governo non ha voluto fare, ricorrendo agli esperti scelti dall’autorità anche al di sotto delle soglie previste dalla legge.
La prima questione sollevata dall’ente guidato da Cantone riguarda l’articolo 36 del codice: i lavori tra i 40mila e 1 milione di euro, dice la legge, possono essere affidati con procedura negoziata senza bando. Su questa norma, c’è stato un ritocco dell’ultimo minuto da parte del governo: la soglia per fare scattare la procedura ordinaria è stata alzata, in zona Cesarini, da 500mila a un milione di euro. In questo modo, la situazione non cambia per circa l’80% degli appalti. E l’Anac cerca di correre ai ripari: “Considerata l’ampiezza del limite di soglia fino a un milione di euro e i rischi insiti (per definizione) nella possibilità di affidare tramite procedura negoziata una porzione ragguardevole dell’intero mercato degli appalti di lavori, appare tanto più necessaria l’individuazione di meccanismi idonei a garantire la trasparenza della procedura e la parità di trattamento degli operatori economici”.
L’altro passaggio insidioso della legge interessa gli appalti affidati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In questo caso, la valutazione sulla proposta migliore è affidata a una commissione giudicatrice composta da esperti del settore. Per garantire la massima trasparenza in questo processo, i commissari saranno estratti a sorte da un elenco preparato dall’Anac. Ma questo vale solo per le gare con importi che superano le soglie comunitarie, vale a dire i 5,2 milioni di euro, appena il 5% del totale. Nelle sue linee guida, l’Autorità invita le amministrazioni a riabbassare l’asticella e a ricorrere ai commissari selezionati dall’Anac anche al di sotto di questa soglia, fino a un milione di euro: “Poiché la possibilità di nominare commissari interni è una facoltà rimessa alla valutazione discrezionale della stazione appaltante, è opportuno che le stazioni appaltanti limitino il ricorso a tale facoltà nel caso di appalti di lavoro di importo superiore a determinate soglie, ad esempio un milione di euro”. E aggiunge un’altra raccomandazione: “Parimenti è opportuno limitare la facoltà di nomina di commissari interni quando per precedenti aggiudicazioni vi siano stati fenomeni degenerativi, quali tentativi di corruzione, gravi errori accertati da parte della commissione giudicatrice, ecc”.
Nei giorni scorsi, dalle colonne del Corriere della Sera, Cantone aveva minimizzato i problemi spiegando che la soglia del milione “riguarda solo le commissioni di gara. I nostri poteri riguardano tutti gli appalti“. Ma solo ex post. Durante una precedente audizione in Parlamento il magistrato aveva comunque anticipato: “Tale previsione sembra non essere del tutto rispettosa del criterio di delega che, nell’obiettivo della garanzia della massima trasparenza nelle nomine dei commissari non distingue, per la nomina dei commissari, tra appalti di valore superiore ed inferiore alle soglie. Inoltre il riferimento troppo generico agli appalti di “non particolare complessità” sembra consentire una ulteriore troppo ampia possibilità di derogare al principio”.