Alla macelleria di papà Mario preferiva il pallone, prima all’oratorio di San Saba e poi nel Dodicesimo Giallorosso. Dell’aria che si respirava in quella bottega al Testaccio, dove tagliava fettine e insaccava salsicce anche il fratello Carlo, Claudio Ranieri ha però ancora ben in testa l’odore del lavoro. È una delle parole ripetute più volte in questa stagione, la migliore della sua vita. Sarà che in quella banda consegnatagli in estate, c’è parecchia gente abituata a sgobbare per davvero. Il concetto di percorrere un metro in più per coprire il buco di un compagno e di spendersi fino all’ultimo respiro per un obiettivo ha subito fatto breccia nell’anima operaia di Vardy e nella testa di giocatori fino a pochi mesi fa di secondo piano come Mahrez e Kanté. Il vero capolavoro di Claudio Ranieri è questo. Non ci sono favole né miracoli nella Premier vinta dal Leicester. C’è sudore, applicato a ogni aspetto della vita dello spogliatoio e ribadito ossessivamente in ogni occasione.
Dopo la vittoria per 1-0 sul Crystal Palace, Sir Claudio ha mantenuto la promessa. “Se vinciamo senza prendere gol, andiamo a mangiare una pizza”. E allora tutti da Peter Pizzeria. Seduti ai tavoli? Macché. Come ha raccontato in una lettera aperta a The Players’ Tribune, i giocatori sono finiti in cucina: “Dovete lavorare per tutto, anche per la vostra pizza. Ognuno farà la sua”. Lavoro, lavoro, lavoro, come ha spiegato anche ai tifosi che in questi mesi lo hanno fermato migliaia di volte in strada. “Sognate voi, noi non sogniamo. Semplicemente lavoriamo duro”. Lo ha sempre fatto, Ranieri. Ma forse questa volta, rispetto a tante altre occasioni, si è ritrovato nel posto giusto al momento giusto: lontano dai riflettori, assieme a un manipolo di carneadi che aveva voglia di ascoltare un 64enne da tre decenni in panchina e con una vita descritta come quella dell’eterno secondo. Colui che, sì, fa bene ma c’è sempre qualcun altro che fa un po’ meglio di lui. E dei secondi non si ricorda mai nessuno. Se non per schernirli, per girare il dito nella piaga. Nessuno chiederà scusa per averlo etichettato così.
Di tutti loro, in fondo, Ranieri ride da anni. Non toglierà macigni dalle scarpe nemmeno adesso. È un lord, un romano d’Inghilterra. Mai una parola fuori posto, mai un compromesso. Trent’anni fa, la prima panchina fu a Lamezia Terme. Andò via dopo tre mesi perché attorno alla società gravitavano personaggi da evitare. Nel 2000, dopo le promesse impossibili di Jesus Gil e la bancarotta dell’Atletico Madrid, il curatore fallimentare gli disse che in caso di sconfitta sarebbe stato esonerato. Annunciò le dimissioni e girò i tacchi: “Non si è mai visto un giudice che esonera un allenatore”, ha ricordato recentemente. Quando allenava la “sua” Roma, nel 2009/10, contro la Lazio, mise a sedere Francesco Totti e Daniele De Rossi a metà partita. Vinse. E del resto nei derby, Ranieri, sa fare solo quello. Non ne ha mai perso uno: nella Capitale, a Madrid, a Milano e pure in Inghilterra. Ha sempre dato l’impressione d’essere l’uomo buono per il botto singolo ma incapace di tenere il ritmo sul lungo periodo. Alla Puteolana, secondo incarico della sua vita, non fece bene ma mandò k.o. il Cagliari, appena retrocesso dalla Serie B e infarcito di grandi nomi. Non bastò per conservare l’incarico, ma fu abbastanza per convincere i sardi a ingaggiarlo qualche mese dopo.
Ranieri allenatore nasce lì, sull’isola: due promozioni e la salvezza in A del ‘90/91 dopo una stagione difficilissima. Arrivò quint’ultimo in rimonta, mentre la Sampdoria si faceva un po’ Leicester d’Italia e vinceva lo scudetto. A Napoli riconquistò l’Europa in una città orfana di Diego Armando Maradona. In quattro stagioni alla Fiorentina infilò una promozione, una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana. A Valencia, sul finire dello scorso millennio, mise in bacheca una Coppa del Re e la qualificazione alla Champions. Sembrava il momento di svolta, invece sono seguiti quindici anni nei quali i suoi risultati hanno sempre avuto una lettura negativa. Ranieri nel posto giusto ma nel momento sbagliato, è la usa amara riflessione. Al Chelsea arrivò secondo in Premier e raggiunse una semifinale di Champions League prima che Roman Abramovich elargisse i milioni pesanti per il calciomercato. Lo chiamavano Tinkerman per via dell’incertezza nel fornire la formazione, cui tra l’altro abbinava un inglese perfettibile (e perfezionato, poi). Nella seconda esperienza a Valencia vinse la Supercoppa Europea, ma sette mesi dopo era già tutto finito a causa dell’eliminazione dall’Europa per mano dello Steaua Bucarest.
Si fermò a riflettere per due anni, poi andò a Parma e lo salvò. Il miglior modo per riaffacciarsi in Italia, dove mancava da quasi un decennio. La Juventus lo cacciò a due giornate dalla fine da terzo in classifica. Uno schiaffo in faccia dopo aver agguantato la qualificazione alla Champions League subito dopo Calciopoli e aver battuto due volte il Real Madrid. Sul finale di campionato, bastarono 6 pareggi e una sconfitta per chiudere il rapporto. A Roma tolse il disturbo a metà della seconda stagione. Tutti ricordano i giallorossi “anarchici” (il copyright è di Ranieri) di quell’anno, ma dimenticano il precedente chiuso al secondo posto, 2 punti dietro l’Inter di Mourinho, dopo il suo arrivo in corsa. Dal giorno del suo arrivo a Trigoria, la Roma fece meglio dei nerazzurri. Che infatti si ricordarono di lui nel 2011 per il post Rafa Benitez. Era l’inizio della parabola discente interista. L’avventura partì con il piede giusto, poi la squadra crollò. Gli affibbiarono la colpa, ma Stramaccioni e chiunque sia venuto dopo non ha poi fatto tanto meglio. Ha “incassato” perfino a Monaco, dopo aver dominato la Ligue 2 ed essere stato il migliore dietro il Paris Saint Germain. Dopo tanti secondi posti, un’avventura davvero sbagliata in Grecia, nel 2014, alla guida della Nazionale. In quattro partite rimedia appena un pareggio e tre sconfitte contro Romania, Irlanda del Nord e Fær Øer. Lo mandano via. Lui dice che non aveva l’aiuto di nessuno, che “mancava il sistema” e lavorava da solo: “E un buon tecnico da solo non serve a niente”.
Una pagina Facebook che segue il calcio inglese, negli scorsi giorni, ha ripescato tutti gli insulti pubblicati sotto il post dell’annuncio del suo ingaggio da parte del Leicester. Il meno cattivo, letto oggi, fa comunque ridere perché pronosticava la retrocessione con mesi di anticipo. A Ranieri, in fondo, era stato chiesto poco di più: la salvezza con un centravanti ex operaio. Una sfida difficile se non impossibile. Per Sir Claudio da Testaccio, figlio di un macellaio, uomo con in testa ancora l’odore del lavoro, era invece il clima ideale, il posto giusto al momento giusto. Dopo un lungo peregrinare, lo ha trovato a 64 anni nel cuore dell’Inghilterra. A Leicester ha potuto trasmettere il verbo: “Noi non sogniamo. Semplicemente lavoriamo duro”. E ha disegnato molto più di una salvezza. Non un miracolo né un sogno. Una cosa assurda, romantica e bellissima, chiamata capolavoro.
twitter: @andtundo
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Leicester campione d’Inghilterra, ritratto di Ranieri: l’ex eterno secondo che firma l’impresa più bella di sempre – Video
Nella sua carriera ha fatto discretamente bene ovunque, ma non è bastato: lo hanno mandato via praticamente tutti, lo consideravano un perdente di successo. Poi, a 64 anni, è arrivato in Premier League, in un club di secondo livello rispetto alle corazzate ultra milionarie: il posto giusto al momento giusto per realizzare il capolavoro
Alla macelleria di papà Mario preferiva il pallone, prima all’oratorio di San Saba e poi nel Dodicesimo Giallorosso. Dell’aria che si respirava in quella bottega al Testaccio, dove tagliava fettine e insaccava salsicce anche il fratello Carlo, Claudio Ranieri ha però ancora ben in testa l’odore del lavoro. È una delle parole ripetute più volte in questa stagione, la migliore della sua vita. Sarà che in quella banda consegnatagli in estate, c’è parecchia gente abituata a sgobbare per davvero. Il concetto di percorrere un metro in più per coprire il buco di un compagno e di spendersi fino all’ultimo respiro per un obiettivo ha subito fatto breccia nell’anima operaia di Vardy e nella testa di giocatori fino a pochi mesi fa di secondo piano come Mahrez e Kanté. Il vero capolavoro di Claudio Ranieri è questo. Non ci sono favole né miracoli nella Premier vinta dal Leicester. C’è sudore, applicato a ogni aspetto della vita dello spogliatoio e ribadito ossessivamente in ogni occasione.
Di tutti loro, in fondo, Ranieri ride da anni. Non toglierà macigni dalle scarpe nemmeno adesso. È un lord, un romano d’Inghilterra. Mai una parola fuori posto, mai un compromesso. Trent’anni fa, la prima panchina fu a Lamezia Terme. Andò via dopo tre mesi perché attorno alla società gravitavano personaggi da evitare. Nel 2000, dopo le promesse impossibili di Jesus Gil e la bancarotta dell’Atletico Madrid, il curatore fallimentare gli disse che in caso di sconfitta sarebbe stato esonerato. Annunciò le dimissioni e girò i tacchi: “Non si è mai visto un giudice che esonera un allenatore”, ha ricordato recentemente. Quando allenava la “sua” Roma, nel 2009/10, contro la Lazio, mise a sedere Francesco Totti e Daniele De Rossi a metà partita. Vinse. E del resto nei derby, Ranieri, sa fare solo quello. Non ne ha mai perso uno: nella Capitale, a Madrid, a Milano e pure in Inghilterra. Ha sempre dato l’impressione d’essere l’uomo buono per il botto singolo ma incapace di tenere il ritmo sul lungo periodo. Alla Puteolana, secondo incarico della sua vita, non fece bene ma mandò k.o. il Cagliari, appena retrocesso dalla Serie B e infarcito di grandi nomi. Non bastò per conservare l’incarico, ma fu abbastanza per convincere i sardi a ingaggiarlo qualche mese dopo.
Ranieri allenatore nasce lì, sull’isola: due promozioni e la salvezza in A del ‘90/91 dopo una stagione difficilissima. Arrivò quint’ultimo in rimonta, mentre la Sampdoria si faceva un po’ Leicester d’Italia e vinceva lo scudetto. A Napoli riconquistò l’Europa in una città orfana di Diego Armando Maradona. In quattro stagioni alla Fiorentina infilò una promozione, una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana. A Valencia, sul finire dello scorso millennio, mise in bacheca una Coppa del Re e la qualificazione alla Champions. Sembrava il momento di svolta, invece sono seguiti quindici anni nei quali i suoi risultati hanno sempre avuto una lettura negativa. Ranieri nel posto giusto ma nel momento sbagliato, è la usa amara riflessione. Al Chelsea arrivò secondo in Premier e raggiunse una semifinale di Champions League prima che Roman Abramovich elargisse i milioni pesanti per il calciomercato. Lo chiamavano Tinkerman per via dell’incertezza nel fornire la formazione, cui tra l’altro abbinava un inglese perfettibile (e perfezionato, poi). Nella seconda esperienza a Valencia vinse la Supercoppa Europea, ma sette mesi dopo era già tutto finito a causa dell’eliminazione dall’Europa per mano dello Steaua Bucarest.
Si fermò a riflettere per due anni, poi andò a Parma e lo salvò. Il miglior modo per riaffacciarsi in Italia, dove mancava da quasi un decennio. La Juventus lo cacciò a due giornate dalla fine da terzo in classifica. Uno schiaffo in faccia dopo aver agguantato la qualificazione alla Champions League subito dopo Calciopoli e aver battuto due volte il Real Madrid. Sul finale di campionato, bastarono 6 pareggi e una sconfitta per chiudere il rapporto. A Roma tolse il disturbo a metà della seconda stagione. Tutti ricordano i giallorossi “anarchici” (il copyright è di Ranieri) di quell’anno, ma dimenticano il precedente chiuso al secondo posto, 2 punti dietro l’Inter di Mourinho, dopo il suo arrivo in corsa. Dal giorno del suo arrivo a Trigoria, la Roma fece meglio dei nerazzurri. Che infatti si ricordarono di lui nel 2011 per il post Rafa Benitez. Era l’inizio della parabola discente interista. L’avventura partì con il piede giusto, poi la squadra crollò. Gli affibbiarono la colpa, ma Stramaccioni e chiunque sia venuto dopo non ha poi fatto tanto meglio. Ha “incassato” perfino a Monaco, dopo aver dominato la Ligue 2 ed essere stato il migliore dietro il Paris Saint Germain. Dopo tanti secondi posti, un’avventura davvero sbagliata in Grecia, nel 2014, alla guida della Nazionale. In quattro partite rimedia appena un pareggio e tre sconfitte contro Romania, Irlanda del Nord e Fær Øer. Lo mandano via. Lui dice che non aveva l’aiuto di nessuno, che “mancava il sistema” e lavorava da solo: “E un buon tecnico da solo non serve a niente”.
Una pagina Facebook che segue il calcio inglese, negli scorsi giorni, ha ripescato tutti gli insulti pubblicati sotto il post dell’annuncio del suo ingaggio da parte del Leicester. Il meno cattivo, letto oggi, fa comunque ridere perché pronosticava la retrocessione con mesi di anticipo. A Ranieri, in fondo, era stato chiesto poco di più: la salvezza con un centravanti ex operaio. Una sfida difficile se non impossibile. Per Sir Claudio da Testaccio, figlio di un macellaio, uomo con in testa ancora l’odore del lavoro, era invece il clima ideale, il posto giusto al momento giusto. Dopo un lungo peregrinare, lo ha trovato a 64 anni nel cuore dell’Inghilterra. A Leicester ha potuto trasmettere il verbo: “Noi non sogniamo. Semplicemente lavoriamo duro”. E ha disegnato molto più di una salvezza. Non un miracolo né un sogno. Una cosa assurda, romantica e bellissima, chiamata capolavoro.
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Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Le scelte nello stile di vita possono avere un impatto significativo anche nella gestione della fibrillazione atriale, un disturbo del ritmo cardiaco che rischia di sviluppare 1 over 40 su 4 e che rappresenta una delle principali cause di ictus che colpisce milioni di donne e uomini in tutta Europa. Alcuni alimenti come alcol, caffeina o cibi piccanti possono scatenare un episodio di questa condizione cronica che spesso può passare inosservata: molti non ne sono consapevoli e non ricevono una diagnosi. Per aiutare le persone a comprendere meglio il legame tra alimentazione e fibrillazione atriale - riporta una nota - Daiichi Sankyo Europe ha ospitato a Milano oggi 'Beats and Bites', che gioca sul suono dei termini inglesi 'battiti e morsi'. All'evento, esperti di malattie cardiovascolari insieme alla European Nutrition for Health Alliance e Alice (Associazione per la lotta all'ictus cerebrale) Lombardia hanno affrontato le preoccupazioni comuni ed evidenziato le strategie di riduzione del rischio con la partecipazione dello chef italiano Ruben Bondì, che ha creato un menù di ricette semplici, gustose e salutari per il cuore.
"Gli operatori sanitari oggi devono fornire ai pazienti le giuste informazioni per comprendere il loro rischio di fibrillazione atriale e adottare misure proattive di prevenzione - spiega Daniele Andreini, direttore della Divisione di Cardiologia universitaria e Imaging cardiaco dell'Irccs ospedale Galeazzi Sant'Ambrogio di Milano - I cambiamenti nello stile di vita, come il movimento regolare e l'alimentazione equilibrata, svolgono un ruolo cruciale nel migliorare la salute del cuore". Tra le strategie alimentari da adottare, gli esperti consigliano: consumare 2 porzioni di pesce ricco di omega-3 alla settimana per gli adulti e ridurre il sale a meno di 5 g al giorno; fare attenzione alle dimensioni delle porzioni e gestire i livelli di stress e di sonno, che potrebbero portare all'obesità e complicare i problemi cardiovascolari se non gestiti correttamente. Infine, fare circa 2 ore di esercizio fisico di intensità moderata alla settimana - passeggiare, fare le scale o ballare - oltre ad un allenamento di resistenza, 2 giorni alla settimana.
"Eventi come 'Beats and Bites' forniscono un utile supporto, offrendo consigli pratici e mostrando l'impatto che semplici cambiamenti nella dieta e nel movimento possono avere nel ridurre il rischio di fibrillazione atriale - rimarca Giacomo Falzi, vicepresidente Alice Lombardia - E' incoraggiante vedere al centro dell'attenzione il benessere dei pazienti, con esperti e sostenitori che si uniscono per dare a individui e famiglie la possibilità di assumere il controllo della propria salute cardiovascolare".
Le lacune nella conoscenza e nella gestione della fibrillazione atriale lasciano molti pazienti senza le informazioni e il supporto di cui hanno bisogno. "Daiichi Sankyo Europa aspira ad arricchire la qualità della vita delle persone in tutto il mondo - afferma Ilaria Leggeri, direttore del Patient Engagement della farmaceutica - Per questo è necessario andare oltre la malattia, guardare alle persone che convivono con la patologia, alla loro qualità della vita, alle loro scelte di vita e ai risultati che contano per loro". L'evento 'Beats and Bites' fa parte della più ampia iniziativa dell'azienda 'Il tuo cuore, nelle tue mani: fibrillazione atriale', dedicata all'educazione e alla responsabilizzazione delle persone, affinché diano priorità alla loro salute cardiovascolare.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - In occasione della Giornata dell'Unità nazionale e del Tricolore, che ricorre lunedì prossimo, 17 marzo, sulla facciata di Montecitorio verrà proiettata la bandiera nazionale, dalla mezzanotte e nelle successive ore serali e notturne.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - "Per il loro concreto e costante sostegno nel percorso di avvicinamento delle comunità di Gorizia e Nova Gorica soprattutto nel contesto di Go 2025", il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e quello emerito della Slovenia, Borut Pahor, verranno insigniti domani, con una cerimonia in programma alle 11.30 al Teatro comunale Giuseppe Verdi, del Premio 'Santi Ilario e Taziano-Città di Gorizia'. Un nuovo riconoscimento per i due statisti ai quali nell'aprile scorso fu attribuita la laurea honoris causa in Giurisprudenza dall'Università di Trieste, a conferma di un impegno comune per rimarginare le ferite della storia e mantenere vivi un'amicizia e un legame tra due i popoli, saldando un rapporto anche sul piano personale.
Numerose le occasioni di incontro e i gesti simbolici. A partire dal 26 ottobre 2016, quando i due presidenti parteciparono alla cerimonia sul tema "L'Europa luogo di superamento dei conflitti", nel centenario dell'unione di Gorizia all'Italia. Fu quella l'occasione per la deposizione di due corone d'alloro sul monumento dedicato ai soldati sloveni caduti sul fronte dell'Isonzo 1915-1917 a Doberdò del Lago, mentre in precedenza il Capo dello Stato italiano, al Parco della Rimembranza di Gorizia, aveva reso omaggio al monumento ai caduti della Prima guerra mondiale e al lapidario che ricorda i deportati goriziani.
Ma fu soprattutto il bilaterale a Trieste il 13 luglio 2020 particolarmente denso di significati. Mattarella e Pahor resero omaggio, mano nella mano, alla Foiba di Basovizza e al Monumento ai caduti sloveni antifascisti Ferdo Bidovec, Fran Marusic, Zvonimir Milos e Alojzij Valencic, condannati a morte nel 1930. Quindi i due presidenti conferirono a Boris Pahor, scrittore sloveno naturalizzato italiano, rispettivamente l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e l’Ordine per Meriti eccezionali. Fu quindi firmato il protocollo di restituzione del Narodni Dom, l'edificio che ospitava le associazioni culturali slovene distrutto dalla violenza nazionalista dello squadrismo fascista nel 1920.
"La storia –disse Mattarella in quella occasione- non si cancella e le esperienze dolorose, sofferte dalle popolazioni di queste terre, non si dimenticano. Proprio per questa ragione il tempo presente e l’avvenire chiamano al senso di responsabilità, a compiere una scelta tra fare di quelle sofferenze patite, da una parte e dall’altra, l’unico oggetto dei nostri pensieri, coltivando risentimento e rancore, oppure, al contrario, farne patrimonio comune, nel ricordo e nel rispetto, sviluppando collaborazione, amicizia, condivisione del futuro".
"Al di qua e al di là della frontiera -il cui significato di separazione è ormai, per fortuna, superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione europea -sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada, rivolta al futuro, in nome dei valori oggi comuni: libertà, democrazia, pace. Oggi, qui a Trieste -con la presenza dell’amico presidente Borut Pahor- segniamo una tappa importante nel dialogo tra le culture che contrassegnano queste aree di confine e che rendono queste aree di confine preziose per la vita dell’Europa". Concetti ribaditi nell’incontro del 21 ottobre 2021, per celebrare la designazione congiunta di Gorizia e Nova Gorica 'Capitale europea della Cultura 2025 con il progetto 'Go! Borderless'. “Un meraviglioso esempio della costruzione di un futuro comune nell’Unione europea".
L'avvicendamento alla guida della Slovenia, con l'elezione della presidente Nataša Pirc Musar, ha visto proseguire le iniziative di collaborazione e dialogo tra i vertici istituzionali dei due Paesi. Mattarella nell'aprile dello scorso anno partecipò alle celebrazioni per il ventennale dell'adesione della Slovenia all'Ue e con l'omologa Pirc Musar ha inaugurato a febbraio di quest'anno Go 2025, Prima Capitale europea della cultura transfrontaliera.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Il lupus eritematoso sistemico (Les) è una malattia autoimmune che può colpire vari organi e apparati del nostro organismo. Da qui la difficoltà nella diagnosi e nel trattamento. "Negli ultimi 10 anni, per la malattia, è cambiato il paradigma terapeutico" ed è possibile "raggiungere la remissione, spegnere una delle sue complicanze, quale la nefrite lupica, e ridurre al minimo", fino "anche a sospendere, il cortisone". Protagonisti di questa rivoluzione sono, "in particolare, i Jak inibitori, famiglia di nuovi farmaci già disponibili in Italia da dicembre 2017 per l'artrite reumatoide". Così Fabrizio Conti, professore di Reumatologia Università Sapienza e direttore della Uoc di Reumatologia del Policlinico Umberto I di Roma, riassume all'Adnkronos Salute l'evoluzione nella gestione di questa patologia cronica che è caratterizzata da manifestazioni eritematose cutanee e mucose con sensibilità alla luce del sole, ma che può coinvolgere altri organi come rene, articolazioni e sistema nervoso centrale.
"Il Les si presenta in modo variabile da persona a persona", sottolinea Rosa Pelissero, presidente Gruppo Les Odv, ma colpisce "soprattutto donne giovani in età fertile". Il rapporto di incidenza tra femmine e maschi è di 9 a 1. "Dopo la diagnosi ci si trova da un giorno all'altro malati di una malattia cronica. Si deve imparare a convivere con una nuova normalità. La ricerca è importante: 40-50 anni fa l'obiettivo era la sopravvivenza. C'era solo il cortisone ad alti dosaggi", come cura. "L'avvento di nuovi farmaci - chiarisce - apre alla possibilità di sospenderlo e quindi anche di ridurre gli effetti collaterali e i danni" del farmaco. "La gravidanza", allora, era "assolutamente" inimmaginabile. "Oggi invece, grazie ai progressi fatti, le donne affette da lupus sanno di poter affrontare un gravidanza. La nostra aspettativa è sempre di avere nuovi farmaci, il più efficaci possibili, con meno effetti collaterali e che possano essere somministrati su larga scala".
Il decorso della patologia, spesso, "è di tipo relapsing-remitting in cui, a fasi di attività di malattia, si alternano fasi di quiescenza - spiega Gian Domenico Sebastiani, direttore Uoc di Reumatologia dell'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma - I Jak inibitori, piccole molecole sintetizzate chimicamente, assunte per via orale, inibiscono l'attività di diverse citochine, che sono molecole pro infiammatorie. I Jak inibitori differiscono dai farmaci usati fino ad oggi perché - precisa - vanno a colpire meccanismi mirati della patologia", ma anche perché, essendo orali, hanno più "facilità di somministrazione", cosa importante per "l'aderenza" al trattamento. Inoltre, "per la rapidità di azione", se devono essere sospesi "smettono velocemente di agire".
Questa "nuova classe di immunomodulatori per via orale bloccano uno specifico enzima", janus chinasi, "che attiva diversi recettori cellulari - rimarca Gianluca Moroncini, professore di Medicina interna, direttore Dipartimento Scienze cliniche e molecolari, Università Politecnica delle Marche e direttore Clinica medica, Aou delle Marche - Pur riconoscendo un bersaglio molecolare specifico, in realtà, sono antinfiammatori modulatori ad ampio spettro. Il mio centro è impegnato in un trial clinico multicentrico per verificare se abbiano, nel Lupus eritematoso sistemico, un'efficacia pari a quella che hanno già dimostrato in altre malattie per le quali sono autorizzate, come l'artrite reumatoide o l'artrite psoriasica. Attendiamo con ansia l'esito delle sperimentazioni".
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Ho apprezzato molto la posizione di Elly Schlein quando ha detto no al piano di riarmo. Una buona premessa per impostare un progetto di alternativa a questo governo". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Se ci dobbiamo ritrovare con una alternativa che segue la Meloni e sottoscrive la politica estera disastrosa della Meloni è un disastro, che alternativa puoi presentare agli italiani se ti trovi a votare con la Meloni per l'escalation militare? Per non parlare di Gaza", ha spiegato il leader del M5s.
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Il problema è che il Pd ha dimostrato di essere un partito troppo plurale, lo dico con una battuta. Ci sono dei momenti di sintesi e quando il tuo leader prende una posizione così chiara, qualche chiarimento adesso andrebbe operato. Ma il problema non riguarda me ma un'altra forza politica". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
Roma, 14 mag (Adnkronos) - "Oggi scopriamo che ci sono i proprietari delle reti che vogliono dettare le condizioni, vogliono utilizzare gli algoritmi per condizionare il dibattito, usare gli algoritmi per condizionare le elezioni. Ci dobbiamo svegliare". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Il problema vero è che sono monopolisti, come Starlink per i satelliti a bassa quota. Che garanzia di sicurezza abbiamo che domani, come per l'Ucraina, Musk non si svegli e dica chiudo l'interruttore? L'Europa è l'unico contesto sovranazionale che cerca di dettare regole su questo fronte. E' un problema serio da affrontare", ha spiegato il leader del M5s.