“Il lavoro torna a Termini Imerese. Oggi, dopo la celebrazione del primo maggio, la fabbrica ex Fiat riapre i cancelli per i primi 20 progettisti e si produrranno auto ecologiche“. Una mezza verità, quella raccontata via Facebook da Davide Faraone, sottosegretario all’Istruzione del governo Renzi. Dopo che lo stesso premier sabato scorso, da Palermo, aveva esultato perché “da qui alla fine dell’anno entreranno in fabbrica 250 operai”. In effetti, lunedì sono tornati al lavoro i primi addetti dello stabilimento siciliano chiuso da Fiat nel 2011 e ceduto a dicembre 2014, dopo una trattativa lampo, alla newco Blutec, società del gruppo Metec. “Ma il progetto a regime darà comunque una risposta limitata – spiega Roberto Mastrosimone, segretario regionale Fiom Cgil – Il piano interesserà solo 250 dei 1.100 lavoratori, tra ex addetti Fiat e indotto, ormai da anni in cassa integrazione“.
Quello che è appena partito, infatti, è solo il progetto industriale legato alla componentistica, finanziato con 72 milioni di euro, i tre quarti del totale, dalle casse pubbliche. Rimane ancora in sospeso il piano relativo alla produzione di auto ibride. “Quello rimane ancora sulla carta – avverte il sindacalista Fiom – Eppure, potrà rappresentare la svolta per i 700 lavoratori ex Fiat e i 350 dell’indotto. Su quel piano Blutec deve dare una risposta rispetto agli impegni assunti“. Insomma, il progetto sulle vetture ecologiche citato da Faraone è ancora tutto da definire. Come la sorte di 850 lavoratori.
A varcare la soglia della fabbrica sono stati solo venti lavoratori del settore engineering che si occuperanno di produzione. Nel corso dell’ultimo incontro al ministero dello Sviluppo, Blutec aveva annunciato l’ingresso dei primi 40 addetti entro le prime settimane di maggio. Da metà luglio toccherà agli addetti agli allestimenti speciali, da ottobre alla chimica e da dicembre agli addetti al cosiddetto lighting la realizzazione dei fari, per giungere a un numero di 250 dipendenti entro l’anno. Dopo la verifica con la Corte dei Conti, potrà essere firmato il cofinanziamento regionale al progetto Blutec per 72 milioni di euro con Invitalia e l’azienda al ministero e sbloccare così i primi 20 milioni in tempi brevi.
Ma il percorso che ha portato Blutec a questo risultato è stato segnato da ritardi e incognite. L’anno scorso, appena tre mesi dopo l’acquisizione dello stabilimento, i dipendenti avevano lamentato il mancato rispetto dell’impegno, preso dall’azienda, di pagare la cassa integrazione agli addetti. Poi, sbloccati gli assegni, sono sorti i dubbi sulla solidità finanziaria della società, che non completava il versamento dei 24 milioni del capitale. I soldi sono arrivati solo in extremis, quando ormai stava scadendo la cassa. Ora, resta ancora da definire il progetto industriale sulla produzione di auto ibride.
Ma i problemi con Blutec sono solo l’ultima tappa di un travaglio lungo cinque anni. Dopo l’uscita di scena di Fiat, nel 2011, è sfilata una serie di pretendenti che, uno dopo l’altro, si sono rivelati dei bluff. Sull’impianto, e sui generosi aiuti pubblici legati al rilancio, avevano messo gli occhi la Cape Rev di Simone Cimino, poi travolto da guai giudiziari. Poi è arrivato l’altro pretendente Gianmario Rossignolo, patron della De Tomaso, in seguito fallita nel 2012. La Dr Motor di Massimo Di Risio, invece, voleva investire 150 milioni mentre non pagava gli stipendi ai propri dipendenti. Infine, sulla scena è comparsa Grifa, la newco di personaggi legati a Fiat che si è rivelata una scatola vuota senza capitali.