Elargivano favori e assunzioni in cambio di concessioni dei lidi nel tratto di spiaggia più bello di Cefalù, in provincia di Palermo. Per questo, nell’ambito dell’operazione denominata “Spiagge libere”, gli agenti del Commissariato di Cefalù, diretti da Manfredi Borsellino, hanno messo agli arresti domiciliari due persone: il dirigente dell’assessorato regionale Territorio e ambiente ed ex responsabile del settore demanio marittimo di Palermo e provincia, Antonino Di Franco assieme a un imprenditore cefaludese del settore turistico alberghiero, Giovanni Cimino. Divieto di dimora nella provincia di Palermo e nel comune di Cefalù, invece, per il funzionario istruttore dello stesso assessorato che curava tutte le pratiche su lidi e stabilimenti balneari della costa, Salvatore Labruzzo e al presidente dell’Associazione operatori balneari di Cefalù, nonché braccio destro di Cimino, Bartolomeo Vitale.

I quattro sono accusati di corruzione propria aggravata per avere “consolidato un sistema corruttivo” negli uffici del demanio marittimo dell’assessorato regionale al Territorio e ambiente “grazie al quale sarebbe stato assicurato a Cimino il controllo e la gestione imprenditoriale, in regime quasi monopolistico, di uno dei tratti più belli e suggestivi della costa siciliana in cambio di favori e prebende, come in particolare l’assunzione dei figli dei funzionari corrotti durante il periodo estivo presso ditte riconducibili allo stesso Cimino”.

Di Franco, scrive il gip di Termini Imerese, Angela Lo Piparo, è il “capo indiscusso del Demanio” che ha fatto della gestione delle spiagge un’attività finalizzata ai propri interessi. Non meno rilevante la figura di Cimino che, grazie e soprattutto all’appoggio dei due funzionari corrotti dell’assessorato regionale, ha preso il controllo, tramite familiari e prestanome, di circa l’80% delle strutture balneari sulla spiaggia di Cefalù e su altre spiagge limitrofe. Fino a consentire la riapertura del ‘Poseidon‘, il più grande e storico lido balneare della famiglia Cimino, sotto sequestro dal 7 aprile dello scorso anno per presunti abusi. Ad affiancarlo, anche in quest’ultimo caso, c’è stato Bartolomeo Vitale, presidente dell’Associazione operatori balneari di Cefalù.

L’indagine è durata oltre un anno ed è stata coordinata prima dal procuratore aggiunto di Palermo, Dino Petralia e dal sostituto procuratore Maria Teresa Maligno e poi dalla procura di Termini Imerese, guidata da Alfredo Morvillo.

 

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