“Sogno un’Europa in cui essere migrante non sia delitto bensì un invito a un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano. Sogno un’Europa che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri verso tutti. Sogno un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stata la sua ultima utopia”. È l’appello che Papa Francesco ha rivolto ricevendo il Premio Internazionale Carlo Magno 2016 per “il suo straordinario impegno – come si legge nella motivazione – in favore della pace, della comprensione e della misericordia in una società europea di valori”. Prima di lui soltanto un altro Pontefice, san Giovanni Paolo II nel 2004, aveva ricevuto il prestigioso riconoscimento della città di Aquisgrana. Bergoglio, che già da cardinale rifiutava tutti i premi, ha deciso di fare un’eccezione per offrire il riconoscimento per l’Europa con un omaggio ai padri fondatori e in particolare a Robert Schuman, Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer. Alla cerimonia in Vaticano sono intervenuti, tra gli altri, i tre presidenti delle istituzioni europee, Martin Schulz, Jean-Claude Juncker e Donald Tusk, tra i vincitori dell’edizioni precedenti, insieme ad Angela Merkel, Matteo Renzi e Felipe IV.
Migranti – Al centro del discorso del Papa il dramma dei profughi, cuore del suo pontificato con i viaggi a Lampedusa e a Lesbo. “I progetti dei padri fondatori, araldi della pace e profeti dell’avvenire, – ha affermato Bergoglio – non sono superati: ispirano, oggi più che mai, a costruire ponti e abbattere muri”. Per Francesco, infatti, l’Europa, “famiglia di popoli, lodevolmente diventata nel frattempo più ampia, in tempi recenti sembra sentire meno proprie le mura della casa comune, talvolta innalzate scostandosi dall’illuminato progetto architettato dai padri. Quell’atmosfera di novità, quell’ardente desiderio di costruire l’unità paiono sempre più spenti; noi figli di quel sogno siamo tentati di cedere ai nostri egoismi, guardando al proprio utile e pensando di costruire recinti particolari. Tuttavia, sono convinto che la rassegnazione e la stanchezza non appartengono all’anima dell’Europa e che anche le difficoltà possono diventare promotrici potenti di unità”. Per Bergoglio “in questo nostro mondo dilaniato e ferito, occorre ritornare a quella solidarietà di fatto”. “Una solidarietà – ha precisato il Papa – che non può mai essere confusa con l’elemosina, ma come generazione di opportunità perché tutti gli abitanti delle nostre città, e di tante altre città, possano sviluppare la loro vita con dignità. Il tempo ci sta insegnando che non basta il solo inserimento geografico delle persone, ma la sfida è una forte integrazione culturale. In questo modo la comunità dei popoli europei potrà vincere la tentazione di ripiegarsi su paradigmi unilaterali e di avventurarsi in ‘colonizzazioni ideologiche’; riscoprirà piuttosto l’ampiezza dell’anima europea, nata dall’incontro di civiltà e popoli, più vasta degli attuali confini dell’Unione e chiamata a diventare modello di nuove sintesi e di dialogo. Il volto dell’Europa non si distingue infatti nel contrapporsi ad altri, ma nel portare impressi i tratti di varie culture e la bellezza di vincere le chiusure”.
Terra, tetto e lavoro per tutti – L’invito di Francesco è chiaro: “Dobbiamo passare da un’economia liquida, che tende a favorire la corruzione come mezzo per ottenere profitti, a un’economia sociale che garantisce l’accesso alla terra, al tetto per mezzo del lavoro”. Per il Papa “si deve continuare a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro per tutti”. Bergoglio ha sottolineato che “ciò richiede la ricerca di nuovi modelli economici più inclusivi ed equi, non orientati al servizio di pochi, ma al beneficio della gente e della società. E questo ci chiede il passaggio da un’economia liquida a un’economia sociale. Penso ad esempio all’economia sociale di mercato, incoraggiata anche dai miei predecessori. Passare da un’economia che punta al reddito e al profitto in base alla speculazione e al prestito a interesse ad un’economia sociale che investa sulle persone creando posti di lavoro e qualificazione”.
Giovani e disoccupazione – Affrontando il tema della mancanza del lavoro, il Papa ha guardato in particolare ai giovani: “Come possiamo fare partecipi i nostri giovani di questa costruzione quando li priviamo di lavoro; di lavori degni che permettano loro di svilupparsi per mezzo delle loro mani, della loro intelligenza e delle loro energie? Come pretendiamo di riconoscere a essi il valore di protagonisti, quando gli indici di disoccupazione e sottoccupazione di milioni di giovani europei sono in aumento? Come evitare di perdere i nostri giovani, che finiscono per andarsene altrove in cerca di ideali e senso di appartenenza perché qui, nella loro terra, non sappiamo offrire loro opportunità e valori? La giusta distribuzione dei frutti della terra e del lavoro umano non è mera filantropia. È un dovere morale”. Per questo “se vogliamo pensare le nostre società in un modo diverso, abbiamo bisogno di creare posti di lavoro dignitoso e ben remunerato, specialmente per i nostri giovani”. Per Francesco, infatti, “oggi ci urge poter realizzare ‘coalizioni’ non più solamente militari o economiche ma culturali, educative, filosofiche, religiose. Coalizioni che mettano in evidenza che, dietro molti conflitti, è spesso in gioco il potere di gruppi economici. Coalizioni capaci di difendere il popolo dall’essere utilizzato per fini impropri”.
L’Europa invecchia – Come aveva fatto a Strasburgo, Bergoglio non ha risparmiato una severa critica alle politiche attuali del Vecchio continente indicando come strada “la sfida di ‘aggiornare’ l’idea di Europa. Un’Europa capace di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare”. “Nel Parlamento europeo – ha ricordato Francesco – mi sono permesso di parlare di Europa nonna. Dicevo agli eurodeputati che da diverse parti cresceva l’impressione generale di un’Europa stanca e invecchiata, non fertile e vitale, dove i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva; un’Europa decaduta che sembra abbia perso la sua capacità generatrice e creatrice. Un’Europa tentata di voler assicurare e dominare spazi più che generare processi di inclusione e trasformazione; un’Europa che si va ‘trincerando’ invece di privilegiare azioni che promuovano nuovi dinamismi nella società; dinamismi capaci di coinvolgere e mettere in movimento tutti gli attori sociali (gruppi e persone) nella ricerca di nuove soluzioni ai problemi attuali, che portino frutto in importanti avvenimenti storici; un’Europa che lungi dal proteggere spazi si renda madre generatrice di processi. Che cosa ti è successo, – si è domandato Bergoglio – Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?”.
Nuovo umanesimo europeo – Il “sogno” di Francesco è “un nuovo umanesimo europeo, un costante cammino di umanizzazione, cui servono memoria, coraggio, sana e umana utopia”. “Sogno un’Europa giovane, – ha concluso il suo discorso il Papa – capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita. Sogno un’Europa che si prende cura del bambino, che soccorre come un fratello il povero e chi arriva in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo. Sogno un’Europa che ascolta e valorizza le persone malate e anziane, perché non siano ridotte a improduttivi oggetti di scarto. Sogno un’Europa dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande, non un problema dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente stabile. Sogno un’Europa delle famiglie, con politiche veramente effettive, incentrate sui volti più che sui numeri, sulle nascite dei figli più che sull’aumento dei beni”.
Schulz e Juncker – Nel suo intervento il presidente del Parlamento europeo Schulz non ha nascosto che “l’Europa sta attraversando una crisi di solidarietà e i valori comuni su cui si fonda stanno vacillando. È pertanto giunto il momento di lottare per l’Europa. Tutti gli europei sono chiamati a mobilitarsi a favore dell’Europa”. Per Schulz “le forze centrifughe delle crisi tendono a dividerci piuttosto che a unirci più strettamente. Gli egoismi nazionali, la rinazionalizzazione e il particolarismo nazionale si stanno espandendo. Non vi è dubbio che per quanto riguarda la questione dei profughi l’Europa si trovi di fronte a una sfida epocale. Era dalla Seconda guerra mondiale che non vedevamo così tante persone in fuga in tutto il mondo. Eppure i populisti approfittano della situazione fomentando le paure invece di cercare una soluzione. La paura è comprensibile ma, in politica, è cattiva consigliera. Dimenticando completamente la storia, 25 anni dopo la caduta della cortina di ferro alcuni vogliono costruire in Europa nuovi muri e recinzioni, mettendo quindi a repentaglio una delle più grandi conquiste europee, la libertà di circolazione. Le persone che fuggono dalla brutalità dello Stato islamico o dalle bombe di Assad non si fermeranno certo di fronte a muri o fili spinati. Chi afferma che gli Stati nazionali riuscirebbero a risolvere meglio da soli il problema nega la realtà”. Per il presidente della Commissione europea Juncker bisogna continuare a lavorare perché l’Unione sia “un’opera di pacificazione per l’Europa stessa e oltre i suoi confini. Perché le sventure del mondo riguardano anche noi. Perché un mondo più stabile significa un’Europa più forte. Il compito non fu mai facile né lo sarà mai. Ma la soluzione non è rinchiudersi nel proprio piccolo bozzolo”.