Le autorità egiziane hanno consegnato al Cairo nuovi documenti agli investigatori italiani inviati dalla procura di Roma che indaga sulla morte di Giulio Regeni. Ma per valutare la portata del loro contenuto, bisognerà attendere la traduzione dall’arabo. A poco più di un mese del fallito vertice italo-egiziano, si è svolto infatti un nuovo incontro tra investigatori per fare un punto sullo stato delle indagini egiziane, ma soprattutto per verificare se Il Cairo abbia finalmente intenzione di collaborare. E proprio dal “peso” delle carte si potrà avere qualche certezza in più di quanto trapelato dal colloquio, dove sulle celle telefoniche di impegno (oggetto di rogatoria e di netto rifiuto da parte egiziana) “si è incominciato a intavolare una trattativa un po’ più aperta“, spiegano fonti vicine al dossier.
Quello che è certo, comunque, riguarda la consegna degli atti dell’indagine condotta dalla Procura generale del Cairo sulla morte di Giulio Regeni alla delegazione di investigatori italiani. Si tratta, secondo quanto trapela in ambienti di piazzale Clodio, di documenti la cui consegna era stata sollecitata con rogatoria dai pm romani all’indomani del fallito vertice tenutosi a Roma. In particolare potrebbe trattarsi di verbali di testimonianze.
La delegazione italiana, composta da funzionari del Ros e dello Sco, ha incontrato tre magistrati della Cooperazione giudiziaria della Procura Generale del Cairo. Gli investigatori rientreranno a Roma lunedì, e martedì riferiranno, dopo aver consegnato gli atti, al procuratore Giuseppe Pignatone e al sostituto Sergio Colaiocco.
Una valutazione della documentazione, che è in arabo, da parte dei magistrati non potrà però avvenire prima della traduzione delle carte.
Al centro dell’incontro è stata la seconda rogatoria inviata da Pignatone e Coloiacco per via diplomatica il 14 aprile. Quel documento conteneva tre distinte richieste: le testimonianze di una ventina di persone (i coinquilini di Giulio, gli amici, i docenti e i ricercatori universitari che frequentava al Cairo, i membri dei sindacati indipendenti e dei venditori ambulanti con cui era entrato in contatto per le sue ricerche, chi ha ritrovato il corpo); il traffico registrato dalle celle telefoniche il giorno della scomparsa e da quelle del luogo del ritrovamento; i tabulati di 13 cittadini egiziani. Oltre a quelli dei sindacalisti, dei venditori ambulanti e di altri amici, la procura di Roma aveva chiesto i tabulati dei cinque presunti appartenenti alla banda di sequestratori che avevano i documenti di Giulio e che sono rimasti tutti uccisi dalla polizia in uno “scontro a fuoco”, che secondo i familiari non è mai esistito.
A quanto si apprende, proprio nel corso dell’incontro di domenica è stata ribadita agli investigatori italiani la storia della banda di sequestratori. In particolare, secondo gli egiziani, questi avrebbero potuto comprare i documenti di Giulio trovati in loro possesso in quanto trafficanti di passaporti stranieri. Ma oltre a questa ipotesi, non sarebbero stati forniti altri elementi di interesse, né particolari spiegazioni.