I pesticidi contaminano il 63,9% dei laghi e dei fiumi italiani e più di un terzo delle falde acquifere, anche profonde. A dare l’allarme è il rapporto presentato oggi dall’Ispra sullo stato di contaminazione delle acque, che fa riferimento al biennio 2013-2014. Rispetto al biennio precedente, aumenta il livello di contaminazione ma anche il numero di sostanze trovate nei 3747 punti di campionamento: 365 contro le 335 del 2012. Sotto accusa sono soprattutto gli erbicidi, ma anche fungicidi e insetticidi. Tra le sostanze più presenti nelle acque superficiali, glifosate e acido aminometilfosforico, un prodotto di degradazione del glifosate, metolaclor, triciclazolo, oxadiazon, terbutilazina e il suo principale prodotto di degradazione, desetil-terbutilazina.
In particolare, in Lombardia e Toscana, le Agenzie Regionali di Protezione Ambientale hanno monitorato il glifosate e il suo derivato, l’acido aminometilfosforico, scoprendo che contaminano le acque superficiali rispettivamente in quasi 4 casi su 10 il primo e in oltre 7 su 10 il secondo. Nelle acque sotterranee invece sono stati trovati oltre i limiti bentazone, metalaxil, terbutilazina e desetil-terbutilazina, atrazina e atrazina-desetil, oxadixil, imidacloprid, oxadiazon, bromacile, 2,6-diclorobenzammide, metolaclor.
Chi beve l’acqua del rubinetto deve preoccuparsi? Ilfattoquotidiano.it lo ha chiesto a Pietro Paris, responsabile del settore Sostanze Pericolose dell’Ispra e coordinatore dell’unità che ha realizzato il Rapporto pesticidi. “Noi non facciamo monitoraggio dell’acqua che esce dal rubinetto – chiarisce – ma di quella dei corpi idrici. Molto spesso però i prelievi per uso potabile attingono agli stessi corpi idrici che analizziamo. Quasi sempre dobbiamo ricorrere a sistemi di abbattimento e depurazione per poter immettere nel rubinetto acqua a norma, perché i corpi idrici superficiali e sotterranei sono inquinati. Un esempio? Il Po, che viene utilizzato abbondantemente per rifornire intere province con acqua da bere, che però devono depurare. Questo contrasta con il principio fondamentale alla base della Direttiva Quadro sulle Acque, la 60 del 2000, che dice che bisogna prevenire il ricorso all’abbattimento, cioè evitare di inquinare anziché andare a depurare. Quello in corso è un atteggiamento di emergenza fatto sistema”.
Dopo questo rapporto, cambierà qualcosa? “Noi segnaliamo come sempre le problematiche ai ministeri competenti, in primo luogo quello della Salute, poi dell’Ambiente. Ma non abbiamo poteri di intervento – spiega Paris – e il nostro parere non è vincolante. Secondo noi sono necessari provvedimenti. Dal 2003 i dati che forniamo dimostrano che le acque sono contaminate da miscele di sostanze. Quest’anno abbiamo trovato 48 sostanze diverse in un solo campione. Ma i fitofarmaci, prima di essere immessi in commercio, sono valutati e autorizzati singolarmente. Non esiste una valutazione complessiva del rischio per le miscele e del resto sono poco calcolabili, perché si formano con meccanismi e vie di migrazione imprevedibili. E’ questa la lacuna normativa più seria”.
Un cittadino che leggerà questo articolo cosa potrà fare? “Può prendere coscienza della problematica. E sapere che comunque, per legge, i gestori degli acquedotti non possono immettere nel rubinetto acqua contaminata” conclude l’esperto.