“Volevo uno che avesse già guidato la macchina”, ha spiegato il premier Matteo Renzi annunciando in diretta tv la nomina di Carlo Calenda ai vertici del ministero dello Sviluppo economico dopo l’addio di Federica Guidi. Di certo il neoministro, che ha giurato nelle mani di Sergio Mattarella martedì pomeriggio, è uno che di auto se ne intende visto che ha fatto buona parte della sua carriera affiancando l’ex presidente Ferrari, Luca Montezemolo. In più vanta l’esperienza internazionale maturata a Bruxelles, dove si è mostrato strenuo sostenitore del Ttip, e un passato da viceministro della stessa Guidi. A completare il quadro c’è poi anche il fatto che, a Roma, Calenda fa parte dei giri che contano: pariolino doc, ha amicizie importanti come Fabio Corsico, plenipotenziario del costruttore-editore Francesco Gaetano Caltagirone, ma anche con il rampollo Lapo Elkann. Segno, insomma, che si muove bene sia negli ambienti del potere che in quelli di una vecchia e ancora ben solida aristocrazia italiana in chiave atlantista.

Romano, classe 1973, Calenda entra a far parte della squadra del Cavallino rampante nel 1998 dopo la laurea in giurisprudenza e un po’ di esperienza nel comparto bancario. Per la casa di Maranello si occupa delle relazioni con i clienti e più in generale delle relazioni esterne. Sin da subito con Montezemolo c’è intesa. I due non solo condividono la passione per le quattro ruote, ma anche quella per il cinema: se il presidente dell’Alitalia ha frequentato per anni il mondo dello spettacolo anche per via della lunga liaison con l’attrice Edwige Fenech, il neoministro è figlio d’arte. Sua madre, la regista Cristina Comencini, lo ha iniziato da giovanissimo all’arte cinematografica: a soli dieci anni, Carlo è già sul piccolo schermo per interpretare lo scolaro Enrico Bottini, protagonista dello sceneggiato televisivo Cuore diretto dal nonno Luigi Comencini. L’esperienza cinematografica resta però una parentesi di gioventù per fare spazio allo studente che, in casa, cresce a cultura, diplomazia e mercato: il padre è l’economista Fabio Calenda, che lavora in uffici studi bancari e che per anni è collaboratore del supplemento finanziario della Repubblica dei De Benedetti. Ma soprattutto, come ricorda Lettera43, Fabio è figlio di Carlo Calenda, nobile partenopeo che è capomissione a Tripoli durante l’insediamento del regime di Muammar Gheddafi e che, a fine carriera, diventa consigliere diplomatico del presidente, Sandro Pertini.

Per nascita, insomma, Calenda ha tutte le carte in regola per una brillante carriera. Ma è indubbiamente l’intesa con Montezemolo che segna la strada da percorrere. Quando, nel 2004, il presidente dell’Alitalia è ai vertici di Confidustria, vuole Calenda come suo assistente personale. Leggenda vuole che la scelta sia dovuta alla sua precisione maniacale, molto apprezzata da Montezemolo che lo promuove successivamente a direttore dell’area strategica e affari internazionali di viale dell’Astronomia. Il grande salto arriva però nel 2008 quando l’ex presidente della Ferrari lo vuole consigliere di Nuovo Trasporto Viaggiatori, l’avventura nei treni veloci di Montezemolo, Diego Della Valle, Giuseppe Sciarrone e Gianni Punzo. Poco dopo, Calenda diventa anche presidente del consiglio di amministrazione dell’Interporto campano di Punzo e del Nuovo operatore intermodale. Ruoli che manterrà fino al 2011.

Mentre gli incarichi aumentano, inizia anche la carriera del Calenda politico. Nel 2009, Montezemolo lancia Italia Futura, un think tank con ambizioni politiche di cui il neoministro cura il coordinamento. Poco dopo Calenda ne firma il manifesto politico, Verso la Terza Repubblica, accanto al segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, allo storico Andrea Romano, agli economisti Nicola Rossi e Irene Tinagli. Quando nel 2013 scende in campo Mario Monti, Montezemolo non esita a sostenerlo. Salvo mollarlo una manciata di mesi dopo le elezioni. Calenda, sia pure in tempi diversi, seguirà le orme del suo mentore lasciando Monti per Letta prima e Renzi poi. Nella campagna elettorale 2013, il neoministro è infatti impegnato a far il giro del Lazio in aperitivi di presentazione con Scelta Civica. Non riesce però nell’impresa di essere eletto. Tuttavia a maggio dello stesso anno viene ripescato dal governo di Enrico Letta che lo vuole viceministro dello Sviluppo economico, incarico confermato poi da Renzi.

Al Mise si mostra particolarmente sensibile ai temi del mondo confindustriale in nome del buon funzionamento dell’economia di mercato. Così mentre Romano Prodi invita alla riflessione sul Ttip, il discusso accordo commerciale da tempo in negoziazione con gli Stati Uniti, Calenda ne diventa strenuo sostenitore evidenziando i vantaggi per il tessuto produttivo. Esulta quando la tedesca Heidelberg Cement compra Italcementi – “è una scelta che farà crescere l’azienda, un’operazione win-win” – sorvolando sul rischio di una ristrutturazione dell’impero italiano dei Pesenti. A Renzi però piace. Così, con una mossa a sorpresa, nel gennaio 2016, lo nomina nuovo rappresentante dell’Italia al posto dell’ambasciatore Stefano Sannino. La notizia è mal digerita alla Farnesina: 230 diplomatici scrivono a Renzi perché disorientati per la scelta di Calenda, che per la prima volta non è un ambasciatore, ma un politico. Ma il premier spiega che nell’Unione c’è bisogno di un uomo di polso e non di diplomazia.

“Ho mandato a Bruxelles uno più rissoso di me”, precisa Renzi. La veloce carriera politica culmina ora con l’incarico ai vertici del Mise. “Una scelta di qualità”, ha sostenuto via Twitter Franco Bassanini aggiungendo che “a Bruxelles stava facendo bene, ma il Mise va rilanciato e Calenda è capace di farlo”. E se per caso dovesse avere qualche dubbio, di certo saprà a chi chiedere. Difficile che bussi alla porta delle associazioni dei consumatori che pure rientrano nelle mille competenze assegnate allo Sviluppo economico. Dove lo attendono tutti i dossier fermi dal giorno delle dimissioni della Guidi: dal ddl Concorrenza alla vendita dell’Ilva.

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