L’inchiesta sul petrolio in Basilicata si allarga. Sono oltre 70 gli indagati a cui la squadra mobile di Potenza e i carabinieri del Noe hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Nella lista ci sono anche l’Eni e altre nove società. I provvedimenti non riguardano il “filone siciliano” – ancora aperto – e in particolare il traffico di influenze illecite addebitato dalla Procura di Potenza alla “cricca del petrolio” capeggiata da Gianluca Gemelli. Le 60 persone e le dieci società alle quali è stato notificato l’avviso sono indagate nei primi due filoni dell’inchiesta, quelli sul traffico illecito dei rifiuti prodotti dal centro Oli dell’Eni di Viggiano (Potenza) e su “Tempa Rossa“, il centro Oli della Total in fase di realizzazione a Corleto Perticara (Potenza). Tra le persone indagate vi sono l’ex sindaco di Corleto Perticara, Rosaria Vicino (Pd) e i cinque dipendenti del Centro Oli dell’Eni in Val d’Agri, agli arresti domiciliari dallo scorso 31 marzo.
I nomi degli indagati: non c’è De Filippo – Nell’elenco compaiono anche l’ex e l’attuale responsabile del Distretto meridionale dell’Eni, Ruggero Gheller ed Enrico Trovato, e l’ex direttore generale del Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata, Donato Viggiano. Non compare, invece, il nome del sottosegretario alla Salute Vito De Filippo (Pd): la sua posizione è stata separata e per lui, così come per altri indagati, si profila una imminente richiesta di archiviazione. Dopo aver appreso di essere stato indagato per il reato di corruzione per induzione a fini elettorali, lo scorso 13 aprile De Filippo si recò negli uffici di Potenza dove fu ascoltato dai magistrati titolari dell’inchiesta, rispondendo alle loro domande su alcune circostanze emerse nell’ambito delle indagini sulla realizzazione di “Tempa Rossa”. Il sottosegretario è stato iscritto nel registro degli indagati per un presunto “scambio” di favori con l’ex sindaco del paese lucano, Rosaria Vicino (Pd), ai domiciliari dallo scorso 31 marzo. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato notificato anche a Vincenzo Robortella, consigliere regionale Pd della Basilicata. Robortella, che ha 29 anni, è stato eletto in consiglio nel novembre del 2013. Nella legislatura precedente sedeva tra i banchi di via Verrastro il padre, Pasquale Robortella, anch’egli del Pd e anch’egli indagato nell’inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica di Potenza. I due sono indagati per concorso in truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Tribunale del Riesame: “Controlli approssimativi e carenti da parte di Arpab” – Sui reflui che, in Val d’Agri, l’Eni smaltiva o reimmetteva nel sottosuolo dopo l’estrazione del petrolio vi furono “controlli approssimativi e carenti” da parte dell’Arpab, l’azienda di protezione ambientale della Basilicata. Lo hanno scritto i giudici del Tribunale del riesame di Potenza nelle motivazioni con cui hanno confermato i sequestri della vasche del centro oli di Viggiano e del pozzo di reiniezione “Costa Molina 2” di Montemurro (Potenza). Secondo il Riesame, i tecnici che controllavano il processo di smaltimento delle acque erano coscienti che esse superavano “i valori di legge”, fino al punto da “filtrare preventivamente i campioni prima di inviarli al laboratorio”. Tale “attività letteralmente fraudolenta” era basata anche sulla “totale sudditanza nei confronti di Eni” da parte dei laboratori che analizzavano le acque: uno degli indagati, infatti, interrogato dagli inquirenti, ammise “l’irregolarità della procedura di campionamento”.
“Contro Eni accusa fondata di smaltimento illecito di rifiuti al Centro Oli” – E’ “fondata” l’accusa contro l’Eni di aver smaltito illecitamente nel centro oli di Viggiano (Potenza) i rifiuti prodotti dall’estrazione del petrolio, con procedure che hanno fatto conseguire all’azienda un “ingiusto profitto” (per milioni di euro). E’ la motivazione in base alla quale il Tribunale del Riesame di Potenza ha confermato, il 16 aprile scorso, il sequestro di due vasche e del pozzo di reiniezione al servizio del centro oli dell’Eni in Val d’Agri. Secondo la perizia presentata dai pm – giudicata dal Tribunale del Riesame “di chiarezza adamantina” – l’Eni reiniettava nel sottosuolo non solo l’acqua venuta in superficie con il petrolio estratto in Val d’Agri ma anche “altri reflui provenienti da distinti processi di produzione effettuati all’interno del centro oli” (così risparmiando notevoli cifre). Secondo il Riesame, ciò avrebbe richiesto una diversa classificazione dei reflui, non reiniettabili nel pozzo come invece avveniva: “Allo stato” e “in assenza di correttivi” – è scritto nelle motivazioni – tali reflui non potevano avere il codice attribuito ad essi dall’Eni e non potevano quindi essere smaltiti come avveniva in Val d’Agri. Il Tribunale ha valutato anche le intercettazioni agli indagati e, definendo “imbarazzanti” alcune conversazioni, ha spiegato che esse confermano il quadro accusatorio. Peraltro – è scritto nelle motivazioni – la difesa non ha contestato i contenuti delle intercettazioni stesse “né ha offerto di esse una qualunque interpretazione alternativa”.
Eni: “Dimostreremo la nostra assoluta correttezza” – L’Eni “confida di poter dimostrare, nella nuova fase processuale che si apre, la assoluta correttezza e legittimità dei propri comportamenti”. E’ quanto fa sapere la società dopo aver appreso che la Procura di Potenza ha notificato la chiusura delle indagini. “Eni ribadisce la correttezza del proprio operato e conferma che il Centro Olio Val d’Agri rispetta le best practice internazionali”: parola di un portavoce Eni dopo le motivazioni del Tribunale del Riesame. La compagnia ha ribadito “la massima collaborazione alla magistratura e il proprio interesse a che possa essere fatta chiarezza sulla vicenda. Gli esiti delle perizie indipendenti che la società ha promosso, non solo ribadiscono la correttezza dell’impianto ma anche l’assenza di rischi sanitari e ambientali“.
Renzi: “Inedito convocare De Vincenti a un’ora dal cdm” – “L’altro giorno i magistrati di Potenza hanno chiesto di interrogare il sottosegretario De Vincenti alla stessa ora del Consiglio dei ministri, una cosa un po’ inedita, casuale, sono cose che succedono. Poteva dire ho il legittimo impedimento, devo verbalizzare il Consiglio dei ministri, fisserò la settimana prossima. No Claudio, lascia stare, ti troviamo il sostituto per la verbalizzazione, vai a farti interrogare anche se te lo hanno detto due ore fa, perché è giusto”. E’ quanto detto dal premier Matteo Renzi, ospite di Tg zero su Radio Capital a proposito dell’interrogatorio di ieri del sottosegretario alle presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, nell’ambito dell’inchiesta che portò alle dimissioni del ministro dello Sviluppo, Federica Guidi.