Quando si dice che i politici non fanno un tubo. E sotto i piedi dei cittadini, prima o poi, si apre una voragine. Parte con una battuta da toscano Ignazio Becchi, professore emerito di Costruzioni idrauliche all’Università di Firenze parlando del crollo sul Lungarno provocato, pare, da un guasto alle tubature dell’acquedotto cittadino. Becchi lo conosce bene perché fu proprio lui, nel dopo alluvione di 60 anni fa, a mettere in pista le squadre d’ingegneri che restituirono alla città la sua fognatura. Mentre parla ancora mezza città è senz’acqua. E ne ha molte da dire, soprattutto alla politica. Non tanto (o solo) che Publiacqua, la società che gestisce i servizi idrici, è la culla del renzismo duro e puro, il nido da cui hanno spiccato il volo la Boschi, l’ex direttore dell’Unità D’Angelis e tanti altri amici dell’attuale premier Renzi. “Il problema è molto più grave di così”, giura il professore, in pensione dal 2012 dopo 36 anni d’insegnamento, ricostruendo il combinato disposto tra la disattenzione degli amministratori sopra la terra e lo sbottare dell’acqua sotto.
Un crollo nell’anniversario dell’alluvione. Saremo ancora gli zimbelli del mondo…
Il punto è che a Firenze crolli analoghi si verificano ogni due anni, ma nessuno ne parla: due anni fa in Viale Fratelli Rosselli, zona cruciale per il traffico che fu interrotto due giorni. E nessuno ne parla. Due anni prima in Viale Guidoni. E nessuno se n’è accorto.
E’ giusto tirare in ballo i renziani e Publiacqua?
Chi lo fa secondo me sottovaluta la reale portata del problema e le responsabilità politiche che lo hanno determinato. Non si capisce perché Siena ha una legge speciale sulle reti idriche, Venezia una legge per il Mose e Firenze neppure dei fazzoletti di carta. Ecco, da tecnico, dico che questo è il punto, non il singolo incidente le cui cause andranno accertate.
Prof, ci aiuti a capire…
Sulla rete idrica di Firenze negli anni Settanta è stata fatta una scelta politica fondamentale. Di cui Publiacqua è figlia naturale e che gli amministratori che si sono via via succeduti hanno seguito come fosse il Vangelo, nonostante l’evidenza che fosse una bomba ad orologeria. In sostanza Firenze ha deciso di non avere più un sistema di distribuzione urbana con serbatoi di carico ma di affidare tutto a sistemi di pompaggio controllato certo più economici ma molto critici sotto il profilo dei rischi.
Perché?
Le pompe funzionano in base alla richiesta della rete e normalmente hanno portanza costante. Se sono aperti due o tremila rubinetti fa molta differenza, perché la pressione sale e scende e il differenziale deve essere colmato dalle pompe che si regolano in continuazione per mantenere il bilancio costante. Ecco, questo lavorio aumenta i cicli di onde di pressione che vanno avanti e indietro lungo la condotta e questo, insieme al traffico di superficie, mette a dura prova la rete e favorisce punti di rottura.
Ora è chiaro: che cosa c’entra la politica?
Perché quella fu una scelta politica. Non l’unica. A Siena, a settanta chilometri da qui, c’è una legge speciale dei primi anni Ottanta che ha consentito alla città di dotarsi di una rete di sicurezza e non si capisce perché non ci sia a Firenze che è una perla nel diadema italiano, dove sono custoditi beni favolosi e importantissimi per il turismo e la ricchezza nazionale.
Ecco, ci spieghi anche questa faccenda…
Il tubo che si è rotto è di ghisa sferoidale, materiale molto comune e tra i migliori per lo scopo. Si può rompere, certo. Il problema è che a Firenze non c’è quel che c’è a Siena, dove in forza di quella legge e degli investimenti necessari si è creato un sistema di sicurezza accessorio fatto di cunicoli di servizio ove disporre tutte le condutture per evitare che la loro rottura produca danni al patrimonio urbano.
L’ennesima grande opera ma interrata?
Macché, si fa spessissimo. Quando un tubo passa sotto la ferrovia o un autostrada in Italia, non all’estero o a Timbuktù, i regolamenti impongono per motivi di sicurezza che i tubi della rete idrica non siano sepolti normalmente ma inseriti dentro un “tubo-camicia”, in modo che – in caso di rottura – l’uscita dell’acqua si sfoghi lungo quello senza produrre una voragine come a Firenze. Ecco, vorrei capire perché si è fatto a Siena e non a Firenze.
E allora, perché non si è fatta?
Scusi, ha mai visto un politico con un tubo idraulico in mano? Nel senso che opere come quella portano un sacco di accidenti perché devi fare tutti i cantieri, interrompere il traffico e sono cose che non aiutano a prendere voti. Quando poi lo fai il risultato non si vede e quindi il consenso che porta è limitato. Ecco perché non si vedono politici che brandiscono un tubo. Non porta voti.