“Stanno scoppiando i mattoni e mi hanno individuato come responsabile perché ho mischiato la pozzolana con il materiale riciclato”. E’ l’intercettazione choc che racconta della realizzazione di mattoni, per edilizia civile, e cemento di bassa qualità, ottenuti da spazzatura miscelata alla pozzolana (materiale edile estratto tipicamente nella zona di Pozzuoli, ndr), ma venduta come materia prima. Al telefono c’è Biagio Illiano, titolare della cava Neos, che confessa la sistematica manipolazione del materiale. Illiano questa mattina è finito ai domiciliari, insieme ad altre 13 persone; 4 hanno l’obbligo di dimora, in tutto sono 39 gli indagati.
A dare un contributo alle indagini una denuncia anonima. Coinvolti imprenditori e proprietari di cave, la San Severino e la Neos, localizzate a Giugliano, in provincia di Napoli, e finite sotto sequestro. L’inchiesta Gatto Silvestro, coordinata dalla distrettuale antimafia di Napoli, pm Maria Cristina Ribera e Gloria Sanseverino, è stata realizzata dalla polizia provinciale di Napoli, dal comando carabinieri per la tutela dell’ambiente, Noe, di Roma e di Caserta. La pozzolana mischiata con i rifiuti è stata ceduta a imprese come la Moccia di Caserta che produce laterizi e cemento. In un caso, dalle telefonate emerge la natura dei carichi e il titolare dell’impresa Moccia intima a Biagio Illiano, titolare della cava Neos, di raggiungerlo perché avevano capito l’imbroglio. Così Illiano chiama un suo uomo e gli dice di caricare solo roba pulita “perché questi si sono accorti”. La risposta non si fa attendere: “Va bene, domani mattina facciamo solo roba pulita”. Ma il titolare dell’impresa Moccia, al telefono, scoperto tutto, chiede conto: “Questa pozzolana chi l’ha inquinata?”.
In un’altra telefonata , intercettata il 15 maggio 2015, è lo stesso Illiano a confessare il meccanismo: “Non me ne esco da questa, una figura di merda con Moccia, un macello, ho perso la fornitura, ora mi cercano di danni”. E più avanti: “Ma io perché ho fatto questa cosa perché io 8 mesi non ho fatto un cazzo”. Gli inquirenti scrivono: “Illiano affermava che il traffico illecito lo organizzava per ottenere maggiori profitti”. Nell’informativa i carabinieri del Noe spiegano che pozzolana miscelata è stata venduta anche agli stabilimenti della società Italcementi – ubicati a Catania e Matera -quest’ultima ignara ed estranea all’inchiesta. Tutto per profitto: il sodalizio composto da tre cordate imprenditoriali ha messo in piedi in un periodo di pochi mesi, da gennaio a settembre 2014, un traffico illecito di rifiuti per un ammontare di oltre 200mila tonnellate, smaltiti in buona parte presso due cave, la San Severino e la Neos, localizzate a Giugliano. In manette i titolari e proprietari delle cave Enrico Micillo, Massimo Capuano e Biagio Illiano. Proprio poche settimane fa in esclusiva al Fatto il boss pentito Nunzio Perrella aveva raccontato gli affari nelle cave e gli smaltimenti illeciti nei terreni proprio di Enrico Micillo, nell’area adiacente alla cava posta sotto sequestro oggi.
Nell’inchiesta sono coinvolti anche i professionisti utili per la falsificazione dei documenti e dei certificati di analisi, soggetti in passato già interessati da indagini giudiziarie. Come Toni Gattola, titolare di una società di consulenza ambientale. Centinaia, secondo l’accusa, sono le analisi taroccate, in pratica la qualità del rifiuto veniva cambiata perché lo stesso fosse smaltito anche negli impianti di compostaggio non autorizzati a riceverli. Le carte in ordine e i rifiuti ovunque. Alcuni soggetti sono indagati anche per la vicinanza al clan Polverino, egemone a Marano, in provincia di Napoli, anche se il gip ha fatto cadere l’aggravante mafiosa. Ai domiciliari anche il titolare della ditta di trasporto Salvatore Liccardi. Insomma, professionisti, imprenditori, trasportatori, a confermare che la devastazione ambientale e il traffico illecito è sempre più un delitto di impresa per abbassare il costo dello smaltimento. E, infatti, la Tevin, ai domiciliari finito il titolare Crescenzo Catuogno, detto Motosega, scaricava i rifiuti pagando 9mila euro alla San Severino, che non avrebbe potuto riceverli. E risparmiava, solo nei pochi mesi monitorati, 30mila euro.
E’ lungo l’elenco delle ditte che scaricavano illecitamente nelle cave risparmiando montagne di soldi, circa 373 mila euro, a fronte di un pagamento per lo smaltimento illegale di 78 mila euro. Rifiuti venivano smaltiti anche nella discarica Maruzzella, senza i prescritti formulari grazie al contributo di Eugenio Licciardi, titolare della Eusa edilizia.
Il massimo dell’affare è stato quello realizzato dalla ditta Soged che doveva occuparsi per il Comune di Quarto di ripulire un alveo, in via Cirillo, ma i rifiuti, secondo gli inquirenti, venivano raccolti e nuovamente abbancati sulle sponde e nei terreni circostanti. Non solo. La Soged faceva lavorare di fatto la Eusa edilizia nonostante fosse stata destinataria di un’interdittiva antimafia. La Soged gestita da Enrico Cavaliere, coinvolto nell’inchiesta, si occupa di lavori di bonifica per i comuni e anche per conto di consorzi. Ancora, l’obiettivo è risparmiare sui costi di smaltimento, gestire al massimo costo anche bonifiche liberandosi del peso economico di un conferimento secondo legge e rivendendo poi per materia prima spazzatura miscelata, creando un danno non solo alle casse dello Stato, per i mancati introiti e le bonifiche finte, ma anche commercializzando prodotti di costruzione di bassissima qualità.