L’Italia non è un paese per allevatori, ma forse potrebbe tornare ad esserlo. Dopo le quote latte, seguite dalla liberalizzazione e il crollo dei prezzi, con la chiusura di migliaia di stalle e i produttori messi in ginocchio dalla concorrenza straniera, dal governo arriva un’ancora di salvezza per il settore. A Milano, in occasione della giornata mondiale del latte promossa da Fao, il premier Matteo Renzi ha annunciato la firma del decreto interministeriale sull’etichettatura obbligatoria dei prodotti per la salvaguardia del latte made in Italy. Il documento, ha spiegato il presidente, è già stato “firmato e inviato a Bruxelles”, e se l’Europa dovesse dare il via libera, questo significherebbe poter trovare sul mercato prodotti lattiero-caseari in cui sono indicate origine e luogo di confezionamento. Renzi si è detto pronto a sostenere il decreto a firma dei ministri Martina e Calenda con ogni forza, perché “vuol dire investire su un futuro industriale che parte dai coltivatori”. “Sapere cosa sto bevendo e mangiando – ha aggiunto – è una battaglia da fare nei consessi europei, ma anche in Italia”.
L’etichettatura obbligatoria è una rivoluzione che allevatori e produttori chiedevano da tempo per far fronte alle continue difficoltà che stanno mettendo in crisi il comparto, a cui già il governo aveva teso la mano lo scorso settembre abolendo l’Imu e l’Irap agricola. In Italia infatti il mestiere dell’allevatore offre guadagni sempre più risicati e molti produttori faticano a mantenere aperta la propria attività. Una parte di allevamenti ha dovuto chiudere i battenti con il sistema europeo delle quote latte, che fino al 31 marzo 2015 imponeva limiti di produzione. Quando il provvedimento è cessato però, l’aumento dei quantitativi ha provocato un crollo dei prezzi, determinando il ritiro di altri operatori. La Coldiretti ha calcolato che in dieci anni il numero delle stalle si è quasi dimezzato, passando da 60mila allevamenti attivi nel 2005 ai 33mila del 2015.
Eppure in Italia la domanda è ancora alta: secondo uno studio dell’associazione però, negli ultimi anni il nostro paese è diventato il più grande importatore di latte al mondo. Nella lunga conservazione i cartoni arrivano dall’estero, dove il latte ha prezzi più concorrenziali, e la metà delle mozzarelle sono fatte con latte straniero, ma sull’etichetta non è obbligatorio inserirlo. “Dalle frontiere italiane passano ogni giorno 24 milioni di litri di ‘latte equivalente’ tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere imbustati o trasformati industrialmente” denuncia Coldiretti. Ci sono poi le cosiddette cagliate, pre-lavorati industriali che arrivano soprattutto dall’Est Europa e che sostituiscono il latte nella trasformazione. Nell’ultimo anno ne sono state importate più di un milione di quintali, pari al 10 per cento della produzione italiana. “Consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità – sottolinea Coldiretti -. E’ un inganno per i consumatori ed è concorrenza sleale per i produttori che utilizzano latte fresco”.
Anche per questo se l’etichettatura obbligatoria diventasse realtà, cosa che gli operatori del settore chiedono da tempo, gli allevatori italiani potrebbero tirare forse un sospiro di sollievo. Secondo il decreto, il latte o i suoi derivati dovranno avere obbligatoriamente indicata sull’etichetta l’origine della materia prima con specificati determinati requisiti: il nome del paese di mungitura, quello di confezionamento e quello di trasformazione. Ci si potrebbe così imbattere in prodotti interamente di origine italiana, dalla mungitura alla trasformazione, oppure provenienti da Paesi Ue e non Ue.
“In un momento difficile per l’economia – ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo – dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza, con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti”. Il presidente parla di “risultato storico” anche per i consumatori, che secondo gli studi dell’associazione nella metà dei casi sarebbero disposti a pagare il vero made in Italy alimentare fino al 20 per cento in più. “Con l’etichettatura di origine – continua Moncalvo – si dice finalmente basta all’inganno del falso made in Italy”.