“A noi possono ammazzare come bestie, tanto nessuno dice niente”. In mezzo a un corteo contro la violenza e il razzismo organizzato sabato 28 maggio per le vie di Parma, c’era anche uno striscione che chiedeva giustizia e verità per Mohamed Habassi, un 34enne tunisino che due settimane fa è stato torturato e massacrato fino alla morte da un gruppo di aguzzini capeggiato da due italiani perché da mesi non pagava l’affitto di casa. A sventolarlo tra la folla, alcuni connazionali amici della vittima, che vogliono ridare dignità e rispetto alla morte di un uomo che è passata quasi sotto silenzio. Perché a differenza di altri casi di efferata violenza, l’omicidio di Habassi non ha avuto il clamore dei fatti di cronaca nera che occupano titoli nazionali e approfondimenti tv. “Le nostre vite valgono più dei vostri soldi” era scritto in arabo e italiano a caratteri cubitali, uno dei pochissimi gridi che si è innalzato su una tragedia che nel giro di pochi giorni è finita quasi nel dimenticatoio. “Se i ruoli fossero stati invertiti, se la vittima fosse stata un italiano ucciso da due tunisini, le reazioni della comunità sarebbero state molto diverse. Qui però nessuno poteva speculare, e così il fatto che sia stato massacrato un essere umano è sembrato quasi una cosa normale. Ma la verità è che un uomo è stato ucciso per soldi” denuncia Katia Torri della Rete diritti in casa, che nel parmense offre un aiuto alle persone che devono affrontare l’emergenza casa, tra sfratti e affitti che si fanno sempre più fatica a pagare.
La “colpa” della vittima: non pagava l’affitto
Habassi non era tra gli assistiti dalla Rete, ma era conosciuto da alcuni degli stranieri che ricevono assistenza, raccontano che spesso lo incrociavano alla mensa della Caritas. Viveva a Basilicagoiano, frazione di Montechiarugolo a pochi chilometri da Parma, in un appartamento che la compagna, deceduta ad agosto 2015 in un incidente stradale, aveva preso in affitto. I due avevano un figlio ma si erano separati, e poco dopo la morte della donna, Habassi era tornato in quella casa il cui contratto era intestato alla ex, mentre il bambino era stato affidato ai nonni in Tunisia. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti però da allora il 34enne non avrebbe mai pagato l’affitto e i tentativi della padrona di casa di sfrattarlo per vie legali, con tanto di denunce a carabinieri e sindaco, sono sempre andati a vuoto. L’uomo si rifiutava di lasciare lo stabile e dalla scorsa estate ha continuato a occupare l’appartamento, ospitando molte persone e spesso disturbando anche il vicinato. Così la notte tra il 9 e il 10 maggio il compagno della proprietaria, Luca Del Vasto, parmigiano di 46 anni titolare di un’impresa di pulizie e gestore di un noto bar della provincia, decide di far pagare il conto all’inquilino una volta per tutte. Insieme all’amico Alessio Alberici, fumettista 42enne piuttosto conosciuto nel parmense, carica in auto quattro operai di origine rumena e insieme partono per la spedizione punitiva. Sono ubriachi e pieni di cocaina, indossano guanti in lattice e sono armati fino ai denti: una mazza da baseball, un tirapugni, una pinza a pappagallo, una sbarra di metallo, un guanto in rete metallica per disossatori e un martello saranno gli strumenti con cui sevizieranno Habassi.
Il blitz scatta poco dopo la mezzanotte. I sei si introducono nell’appartamento, Habassi è con un amico che capendo le intenzioni degli aggressori scappa e chiede aiuto. Da qui comincia la carneficina: c’è una colluttazione, Habassi viene preso a sprangate e torturato, gli viene strappato un orecchio a morsi, tagliata una parte di naso, con una pinza gli vengono amputate due dita del piede e della mano. È un vero e proprio linciaggio, come emerso in un secondo momento dai primi dettagli dell’autopsia. Quella notte i vicini di casa sentono le grida disperate della vittima chiedere aiuto, chiamano i carabinieri, la pattuglia arriva quando il massacro è ancora in corso. Ma è tardi per salvare il 34enne, che viene ritrovato con il corpo martoriato senza vita in una pozza di sangue. I sei responsabili vengono fermati e arrestati nel giro di 48 ore. I due parmigiani, persone insospettabili trasformatisi nel giro di una notte in aguzzini, avrebbero agito perché il tunisino non pagava l’affitto. Questa almeno è la motivazione ufficiale secondo le ricostruzioni, anche se gli inquirenti stanno cercando di capire se dietro le tensioni tra l’uomo e i suoi assassini potessero esserci anche motivi legati al mondo della droga. Ora Del Vasto e Alberici insieme ai quattro gregari rumeni dovranno rispondere delle accuse di concorso in omicidio con le aggravanti della premeditazione e della crudeltà.
Il silenzio dei media e delle istituzioni
La vicenda arriva sui giornali locali online e cartacei, ma a differenza di altre guadagna poco spazio nei commenti dei politici o delle istituzioni cittadine. In quei giorni a Parma c’è il salone internazionale dell’alimentazione Cibus, poco dopo scoppia il caso del sindaco Federico Pizzarotti indagato per abuso d’ufficio e poi sospeso dal Movimento 5 stelle, le telecamere e i taccuini dei media nazionali sono tutti per il food prima e poi per la bufera politica che investe la città, e la cronaca nera passa in secondo piano, e poi viene dimenticata. “La cosa inspiegabile è il silenzio che c’è stato a Parma e a livello nazionale su questa agghiacciante vicenda – racconta Torri a ilfattoquotidiano.it – Hanno avuto tutti molta fretta di chiudere questo omicidio che ha dei contorni cupissimi. Dobbiamo anche ricordare che la vittima aveva un figlio, un bambino di sei anni rimasto orfano, di cui qualcuno si dovrà occupare. Ma anche per questo aspetto non c’è stato alcun risalto”.
Il compito di capire le responsabilità e i contorni dell’orrore che si è svolto a Basilicagoiano sarà degli inquirenti, che dovranno chiarire quale sia stata la causa della morte di Habassi e quale ruolo abbiano avuto i sei componenti del gruppo omicida. Ai cittadini e alle istituzioni, il dovere di interrogarsi su tutto il resto. Nicola Dall’Olio, capogruppo Pd in consiglio comunale a Parma, si è recato a giorni di distanza sul luogo del delitto per incontrare quei vicini di casa che non vedevano di buon occhio Habassi, ma che quella maledetta notte hanno cercato invano di salvarlo allertando più volte le forze dell’ordine perché intervenissero per interrompere la rissa e poi la carneficina. “Mi hanno descritto la situazione di degrado e disagio che vivevano da mesi se non anni per le frequenti liti, gli schiamazzi, le urla che venivano da quell’appartamento – racconta su Facebook – E mi hanno anche detto che da quando si è svolto questo omicidio efferato per mano di due parmigiani nessuno delle istituzioni, a parte le forze dell’ordine, è andato a trovarli, ad ascoltarli, a portare attenzione, nemmeno quelli che attraverso la stampa si schierano a parole dalla parte dei cittadini”.
“La proprietà è sacra, la vita no”
L’omicidio di uno straniero può passare in secondo piano solo perché è uno straniero? Se lo chiede la Rete Diritti in casa, e se lo chiedono gli amici di Habassi. “Chi e dove sono i barbari? Habassi è stato torturato a morte perché non pagava l’affitto, da due benestanti barbari parmigiani – scrive Torri sulla sua pagina Facebook ricordando la morte del 34enne – Ma la consapevolezza di vivere in mezzo ai barbari ci viene data dalle mezze frasi, dalle giustificazioni, dalla mancanza di pudore di chi prova a giustificare, di chi cerca attenuanti, di chi getta fango su chi ormai non si potrà più difendere”. È vero per esempio che l’uomo occupava la casa abusivamente? “In realtà era moroso, non pagava l’affitto. Aveva un problema di soldi e probabilmente anche dei debiti, come capita frequentemente oggi” continua Torri, che parla di emergenza casa tracciando una realtà a tratti inquietante. Perché sempre più spesso nell’ultimo periodo, racconta, si incontrano casi di proprietari intransigenti verso le persone che non riescono a pagare il canone, che arrivano a minacciare gli inquilini per farli lasciare l’abitazione, nonostante si tratti di famiglie in difficoltà o con bambini, al punto che a volte è necessario denunciare alle forze dell’ordine.
“Non si tratta solo di gente che non paga da mesi, ma anche di casi di ritardo che in questo periodo di crisi possono capitare – spiega la rappresentante di Rete diritti in casa – I padroni staccano le utenze, minacciano, arrivano a bussare alla porta a tutte le ore del giorno e della notte, c’è stato perfino un caso in cui è stato lanciato dell’acido addosso a una persona che non riusciva a pagare”. Sono episodi, certo, perché poi ci sono anche i proprietari che invece collaborano, che si attivano insieme alla Rete per chiamare i servizi sociali e trovare una sistemazione alle persone che fanno fatica. Però sono storie che, alla luce di quello che è successo a Basilicagoiano, fanno pensare. “E’ così che siamo diventati: la proprietà è sacra, la vita no. – conclude Torri – Però c’è da ricordarsi che quando la pietà muore, muore per tutti. È la fine dell’umanità, e non riguarda soltanto gli stranieri”.
Cronaca Nera
Parma, tunisino torturato e ucciso da 2 italiani. Gli amici: “Ci ammazzano come bestie e non ne parla nessuno”
Mohamed Habassi, 34 anni e un figlio di 6, è morto nel raid pensato dal compagno della sua proprietaria di casa. Voleva punirlo: pare non pagasse l'affitto da mesi. La notizia è stata pubblicata solo dai giornali locali e dal Manifesto
“A noi possono ammazzare come bestie, tanto nessuno dice niente”. In mezzo a un corteo contro la violenza e il razzismo organizzato sabato 28 maggio per le vie di Parma, c’era anche uno striscione che chiedeva giustizia e verità per Mohamed Habassi, un 34enne tunisino che due settimane fa è stato torturato e massacrato fino alla morte da un gruppo di aguzzini capeggiato da due italiani perché da mesi non pagava l’affitto di casa. A sventolarlo tra la folla, alcuni connazionali amici della vittima, che vogliono ridare dignità e rispetto alla morte di un uomo che è passata quasi sotto silenzio. Perché a differenza di altri casi di efferata violenza, l’omicidio di Habassi non ha avuto il clamore dei fatti di cronaca nera che occupano titoli nazionali e approfondimenti tv. “Le nostre vite valgono più dei vostri soldi” era scritto in arabo e italiano a caratteri cubitali, uno dei pochissimi gridi che si è innalzato su una tragedia che nel giro di pochi giorni è finita quasi nel dimenticatoio. “Se i ruoli fossero stati invertiti, se la vittima fosse stata un italiano ucciso da due tunisini, le reazioni della comunità sarebbero state molto diverse. Qui però nessuno poteva speculare, e così il fatto che sia stato massacrato un essere umano è sembrato quasi una cosa normale. Ma la verità è che un uomo è stato ucciso per soldi” denuncia Katia Torri della Rete diritti in casa, che nel parmense offre un aiuto alle persone che devono affrontare l’emergenza casa, tra sfratti e affitti che si fanno sempre più fatica a pagare.
La “colpa” della vittima: non pagava l’affitto
Habassi non era tra gli assistiti dalla Rete, ma era conosciuto da alcuni degli stranieri che ricevono assistenza, raccontano che spesso lo incrociavano alla mensa della Caritas. Viveva a Basilicagoiano, frazione di Montechiarugolo a pochi chilometri da Parma, in un appartamento che la compagna, deceduta ad agosto 2015 in un incidente stradale, aveva preso in affitto. I due avevano un figlio ma si erano separati, e poco dopo la morte della donna, Habassi era tornato in quella casa il cui contratto era intestato alla ex, mentre il bambino era stato affidato ai nonni in Tunisia. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti però da allora il 34enne non avrebbe mai pagato l’affitto e i tentativi della padrona di casa di sfrattarlo per vie legali, con tanto di denunce a carabinieri e sindaco, sono sempre andati a vuoto. L’uomo si rifiutava di lasciare lo stabile e dalla scorsa estate ha continuato a occupare l’appartamento, ospitando molte persone e spesso disturbando anche il vicinato. Così la notte tra il 9 e il 10 maggio il compagno della proprietaria, Luca Del Vasto, parmigiano di 46 anni titolare di un’impresa di pulizie e gestore di un noto bar della provincia, decide di far pagare il conto all’inquilino una volta per tutte. Insieme all’amico Alessio Alberici, fumettista 42enne piuttosto conosciuto nel parmense, carica in auto quattro operai di origine rumena e insieme partono per la spedizione punitiva. Sono ubriachi e pieni di cocaina, indossano guanti in lattice e sono armati fino ai denti: una mazza da baseball, un tirapugni, una pinza a pappagallo, una sbarra di metallo, un guanto in rete metallica per disossatori e un martello saranno gli strumenti con cui sevizieranno Habassi.
Il blitz scatta poco dopo la mezzanotte. I sei si introducono nell’appartamento, Habassi è con un amico che capendo le intenzioni degli aggressori scappa e chiede aiuto. Da qui comincia la carneficina: c’è una colluttazione, Habassi viene preso a sprangate e torturato, gli viene strappato un orecchio a morsi, tagliata una parte di naso, con una pinza gli vengono amputate due dita del piede e della mano. È un vero e proprio linciaggio, come emerso in un secondo momento dai primi dettagli dell’autopsia. Quella notte i vicini di casa sentono le grida disperate della vittima chiedere aiuto, chiamano i carabinieri, la pattuglia arriva quando il massacro è ancora in corso. Ma è tardi per salvare il 34enne, che viene ritrovato con il corpo martoriato senza vita in una pozza di sangue. I sei responsabili vengono fermati e arrestati nel giro di 48 ore. I due parmigiani, persone insospettabili trasformatisi nel giro di una notte in aguzzini, avrebbero agito perché il tunisino non pagava l’affitto. Questa almeno è la motivazione ufficiale secondo le ricostruzioni, anche se gli inquirenti stanno cercando di capire se dietro le tensioni tra l’uomo e i suoi assassini potessero esserci anche motivi legati al mondo della droga. Ora Del Vasto e Alberici insieme ai quattro gregari rumeni dovranno rispondere delle accuse di concorso in omicidio con le aggravanti della premeditazione e della crudeltà.
Il silenzio dei media e delle istituzioni
La vicenda arriva sui giornali locali online e cartacei, ma a differenza di altre guadagna poco spazio nei commenti dei politici o delle istituzioni cittadine. In quei giorni a Parma c’è il salone internazionale dell’alimentazione Cibus, poco dopo scoppia il caso del sindaco Federico Pizzarotti indagato per abuso d’ufficio e poi sospeso dal Movimento 5 stelle, le telecamere e i taccuini dei media nazionali sono tutti per il food prima e poi per la bufera politica che investe la città, e la cronaca nera passa in secondo piano, e poi viene dimenticata. “La cosa inspiegabile è il silenzio che c’è stato a Parma e a livello nazionale su questa agghiacciante vicenda – racconta Torri a ilfattoquotidiano.it – Hanno avuto tutti molta fretta di chiudere questo omicidio che ha dei contorni cupissimi. Dobbiamo anche ricordare che la vittima aveva un figlio, un bambino di sei anni rimasto orfano, di cui qualcuno si dovrà occupare. Ma anche per questo aspetto non c’è stato alcun risalto”.
Il compito di capire le responsabilità e i contorni dell’orrore che si è svolto a Basilicagoiano sarà degli inquirenti, che dovranno chiarire quale sia stata la causa della morte di Habassi e quale ruolo abbiano avuto i sei componenti del gruppo omicida. Ai cittadini e alle istituzioni, il dovere di interrogarsi su tutto il resto. Nicola Dall’Olio, capogruppo Pd in consiglio comunale a Parma, si è recato a giorni di distanza sul luogo del delitto per incontrare quei vicini di casa che non vedevano di buon occhio Habassi, ma che quella maledetta notte hanno cercato invano di salvarlo allertando più volte le forze dell’ordine perché intervenissero per interrompere la rissa e poi la carneficina. “Mi hanno descritto la situazione di degrado e disagio che vivevano da mesi se non anni per le frequenti liti, gli schiamazzi, le urla che venivano da quell’appartamento – racconta su Facebook – E mi hanno anche detto che da quando si è svolto questo omicidio efferato per mano di due parmigiani nessuno delle istituzioni, a parte le forze dell’ordine, è andato a trovarli, ad ascoltarli, a portare attenzione, nemmeno quelli che attraverso la stampa si schierano a parole dalla parte dei cittadini”.
“La proprietà è sacra, la vita no”
L’omicidio di uno straniero può passare in secondo piano solo perché è uno straniero? Se lo chiede la Rete Diritti in casa, e se lo chiedono gli amici di Habassi. “Chi e dove sono i barbari? Habassi è stato torturato a morte perché non pagava l’affitto, da due benestanti barbari parmigiani – scrive Torri sulla sua pagina Facebook ricordando la morte del 34enne – Ma la consapevolezza di vivere in mezzo ai barbari ci viene data dalle mezze frasi, dalle giustificazioni, dalla mancanza di pudore di chi prova a giustificare, di chi cerca attenuanti, di chi getta fango su chi ormai non si potrà più difendere”. È vero per esempio che l’uomo occupava la casa abusivamente? “In realtà era moroso, non pagava l’affitto. Aveva un problema di soldi e probabilmente anche dei debiti, come capita frequentemente oggi” continua Torri, che parla di emergenza casa tracciando una realtà a tratti inquietante. Perché sempre più spesso nell’ultimo periodo, racconta, si incontrano casi di proprietari intransigenti verso le persone che non riescono a pagare il canone, che arrivano a minacciare gli inquilini per farli lasciare l’abitazione, nonostante si tratti di famiglie in difficoltà o con bambini, al punto che a volte è necessario denunciare alle forze dell’ordine.
“Non si tratta solo di gente che non paga da mesi, ma anche di casi di ritardo che in questo periodo di crisi possono capitare – spiega la rappresentante di Rete diritti in casa – I padroni staccano le utenze, minacciano, arrivano a bussare alla porta a tutte le ore del giorno e della notte, c’è stato perfino un caso in cui è stato lanciato dell’acido addosso a una persona che non riusciva a pagare”. Sono episodi, certo, perché poi ci sono anche i proprietari che invece collaborano, che si attivano insieme alla Rete per chiamare i servizi sociali e trovare una sistemazione alle persone che fanno fatica. Però sono storie che, alla luce di quello che è successo a Basilicagoiano, fanno pensare. “E’ così che siamo diventati: la proprietà è sacra, la vita no. – conclude Torri – Però c’è da ricordarsi che quando la pietà muore, muore per tutti. È la fine dell’umanità, e non riguarda soltanto gli stranieri”.
Articolo Precedente
Sara Di Pietrantonio, la madre sul killer: “La chiamava ogni 10 minuti”. La app per seguire i movimenti della ragazza
Articolo Successivo
“Sara Di Pietrantonio aggredita, tramortita, strangolata e data alle fiamme”: primi risultati dell’autopsia
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Giustizia & Impunità
Delmastro condannato a otto mesi per il caso Cospito. Le opposizioni: “Si dimetta”. Ma Meloni lo blinda: “Sconcertata da sentenza”. Schlein: “Parole eversive”
Mondo
Israele, 5 bombe sui bus: “Esplose in anticipo, erano vuoti”. I sospetti sui battaglioni della Cisgiordania. Hamas espone bare degli ostaggi
Cronaca
Le condizioni di Papa Francesco in “lieve miglioramento”. Il cardinale Ravasi: ‘Dimissioni? Potrebbe farlo’
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Tweet invecchiati male: un sottosegretario alla giustizia che attacca i magistrati che lo condannano. E la Meloni sta con lui. Dalla Repubblica delle Banane è tutto". Lo scrive Matteo Renzi sui social postando un tweet di Andrea Delmastro del 2015 in cui scriveva: "Renzi contro la magistratura. Esiste qualcosa che non sappia di berlusconismo con 20 anni di ritardo? #figliodiberlusconi".
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Lo scontro tra i ministri Lollobrigida e Piantedosi sulla vicenda Bari conferma l’arroganza e lo scarso senso dello Stato di questa destra. Un esponente come Lollobrigida avrebbe preteso, fuori da ogni regola e ignorando il lavoro della Commissione di accesso, di imporre al Ministro dell’Interno lo scioglimento del Comune di Bari. Fin dall’inizio la destra si è comportata in questo modo, ma tutto ha dimostrato l’infondatezza di queste accuse e manovre, il lavoro importante contro le mafie svolto da sindaco De Caro e presidente Emiliano. Non può essere che un ministro come Lollobrigida si comporti in questo modo. Chiameremo il Governo a risponderne”. Così il capogruppo Pd in commissione Antimafia Walter Verini.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Il sottosegretario alla giustizia Delmastro, condannato a otto mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio e un anno di interdizione dai pubblici uffici, ha dichiarato di non volersi dimettere. È senza vergogna. Se ne vada e lo faccia il prima possibile. Le istituzioni sono una cosa seria, non la proprietà privata di qualcuno”. Così sui social Antonio Misiani della segreteria del Partito Democratico.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - I carabinieri hanno raccolto tutte le dichiarazioni rese dagli staff e direttamente dagli imprenditori contattati dal gruppo di truffatori che usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto hanno tentato raggiri milionari. La banda ha contattato almeno una decina delle famiglie più note e ricche in Italia, tra cui Massimo Moratti (l'unica vittima che ha denunciato il raggiro subito), Marco Tronchetti Provera, esponenti delle famiglie Beretta, Del Vecchio, Caprotti e Della Valle, lo stilista Giorgio Armani.
Una volta sentiti dai militari non tutte le persone che hanno risposto alle telefonate del finto ministro o del sedicente generale hanno deciso di sporgere denuncia. La procura di Milano che indaga sulle truffe sta proseguendo il lavoro sul fronte internazionale, per capire i movimenti bancari del denaro recuperato, mentre restano due gli indagati stranieri per associazione per delinquere finalizzata.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Delmastro è sottosegretario alla Giustizia, la sua condanna è grave già solo per questo. In più questa condanna arriva perché ha usato i suoi attuali poteri di sottosegretario per manganellare l'opposizione in Parlamento rivelando informazioni che non potevano essere rivelate. C'è un evidente e gigantesco problema politico. Non può restare al suo posto, è inaccettabile". Così Anna Ascani, Vicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo a Metropolis.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Senza disciplina. Senza onore. Doveva dimettersi ben prima, a prescindere dalla condanna. Ogni minuto di permanenza in carica di Delmastro è un insulto alle istituzioni”. Così sui social Peppe Provenzano della segreteria del Partito Democratico.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale, in separate udienze, per la presentazione delle Lettere Credenziali, i nuovi Ambasciatori: S.E. Vladimir Karapetyan, Repubblica di Armenia; S.E. Roberto Balzaretti, Confederazione Svizzera; S.E. Francella Maureen Strickland, Stato Indipendente di Samoa; S.E. Amb. Matthew Wilson, Barbados; S.E. Augusto Artur António da Silva, Repubblica della Guinea Bissau; S.E. Noah Touray, Repubblica del Gambia; S.E. Richard Brown, Giamaica. Era presente il Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli. Si legge in una nota del Quirinale.