Anche quest’anno la parata del 2 giugno è stata accompagnata da critiche e polemiche: al di là della sua coerenza con lo spirito repubblicano, ogni anno ci costa almeno due milioni di euro. Un’inezia, se si pensa che ogni giorno la nostra Repubblica spende quasi 50 milioni di euro in spese militari (48 nel 2016 per la precisione) di cui quasi 13 per l’acquisto di nuovi armamenti. Spese che continuano a crescere, immuni da tagli, nonostante la Difesa continui a sostenere il contrario.

Le cifre del nuovo Documento programmatico pluriennale della Difesa (2016-2018), di cui ilFattoquotidiano.it ha ottenuto una copia in anteprima, parlano chiaro: 13,36 miliardi di spese nel 2016 (carabinieri esclusi), l’1,3 per cento in più rispetto all’anno scorso. Cifra che sale a 17,7 miliardi (contro i 17,5 del 2015) se si considerano i finanziamenti del ministero dell’Economia e delle Finanze alle missioni militari (1,27 miliardi, contro gli 1,25 miliardi dell’anno precedente) e quelli del ministero per lo Sviluppo Economico ai programmi di riarmo (2,54 miliardi, nel 2015 erano 2,50).

Finanziamenti, quelli del Mise, che anche quest’anno garantiscono alla Difesa una continuità di budget per l’acquisto di nuovi armamenti per un totale di 4,6 miliardi di euro (contro i 4,7 del 2015). Le spese maggiori per quest’anno riguardano i cacciabombardieri Eurofighter (677 milioni), gli F-35 (630 milioni), la nuova portaerei Trieste e le nuove fregate Ppa (472 milioni), le fregate Fremm (389 milioni), gli elicotteri Nh-90 (289 milioni), il programma di digitalizzazione dell’Esercito Forza Nec (203 milioni), i nuovi carri Freccia (170 milioni), i nuovi elicotteri Ch-47f (155 milioni), i caccia M-346 (125 milioni), i sommergibili U-212 (113 milioni) e via di seguito con il nuovo armamentario.

E’ così sicura del suo budget, la Difesa, da spingersi addirittura a prospettare già per quest’anno spese per nuovi programmi, ancora nemmeno discussi e approvati dal Parlamento, come i nuovi blindati Centauro 2, gli elicotteri da attacco successori dei Mangusta, il drone europeo Male2025 o il “programma urgente” (Mission Need Urgent Requirement) per la protezione degli avamposti di combattimento in prima linea (Forward Operating Base) “nei teatri operativi”. Forse l’Afghanistan, dove non si dovrebbe più combattere. Forse Mosul in Iraq, dove il nostro esercito sarà presto in prima linea?

L’altro dato notevole che emerge dal nuovo Dpp è che la spesa per il personale, invece di diminuire come previsto dalla riforma Di Paola, nel 2016 aumenta del 2,7 per cento rispetto all’anno scorso: 10 miliardi di euro per pagare 90mila ufficiali e sottufficiali82mila soldati di truppa (una sproporzione unica al mondo). Per non parlare della famigerata pensione ausiliaria (regalìa residuata della guerra fredda, ridotta ma non abolita) che continua a costare oltre 400 milioni all’anno o dei 200 preti-generali e preti- colonnelli che pesano ancora per 20 milioni l’anno tra stipendi e pensioni.

Un’ultima curiosità: il sorprendente aumento (mai visto prima) del 21,6 per cento delle spese per “funzioni esterne” della Difesa (118 milioni contro i 97 del 2015), comprendenti il rifornimento idrico delle isole minori, l’attività a supporto dell’aviazione civile, il soccorso aereo di malati gravi e i voli militari di Stato, compreso – questa è la ragione dell’aumento – il nuovo lussuoso Air Force Renzi, il cui costo di leasing, secretato dal premier, è stimato in almeno 15 milioni di euro l’anno.

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