L’esistenza della Trattativa Stato – mafia? È provata “dall’avvio poi interrotto di iniziali contatti emersi tra rappresentanti politici locali e delle istituzioni e vertici mafiosi, è però logicamente postulata dalla stessa prosecuzione della strategia stragista”. Parola della corte d’Assise d’appello di Firenze che il 24 febbraio scorso ha condannato all’ergastolo Francesco Tagliavia per la strage di via dei Georgofili del 27 maggio del 1993. Una prima condanna per il boss di Brancaccio era stata annullata con rinvio nel 2014 dalla corte di Cassazione, che aveva chiesto ai giudici di Firenze l’approfondimento di alcuni elementi di prova legati alle testimonianze dei collaboratori di giustizia Gaspare Spatuzza e Pietro Romeo. Due anni dopo ecco che nel secondo processo d’appello la corte presieduta dal giudice Luciana Cicerchia ha confermato la condanna al fine pena mai per Tagliavia: e nelle motivazioni della sentenza depositate lo scorso 20 maggio, si pronuncia anche sull’esistenza della cosiddetta Trattativa tra pezzi dell’istituzioni e Cosa nostra. Per la verità, già nel processo di primo grado i giudici toscani si erano espressi in maniera netta sull’esistenza dell’interlocuzione tra apparati dello Stato e la mafia all’ombra delle stragi del 1992 e 1993. “Una trattativa indubbiamente ci fu e venne, quantomeno inizialmente, impostata su un do ut des. L’iniziativa fu assunta da rappresentanti delle istituzioni e non dagli uomini di mafia”, scrissero nel 2012 i giudici della corte d’Assise, che dedicarono più di un centinaio delle 547 pagine delle motivazioni al capitolo delle contatti tra pezzi delle Istituzioni e Cosa nostra.
“La strategia stragista salto di qualità di Cosa nostra”
Adesso, invece, sono solo una decina le pagine utilizzate dai giudici dell’appello bis per mettere in fila gli eventi precedenti e successivi alla strage di via dei Georgofili: tessere che fanno tutte parte dello stesso puzzle, e cioè quello relativo all’individuazione del movente delle stragi, strettamente connesso della cosiddetta Trattativa Stato – mafia. Un argomento che i giudici individuano subito come bisognoso di “ulteriori esplorazioni investigative”, data la “viscosità” del tema. Dopo questa premessa, però, la corte sottolinea che “si può considerare come dato processualmente raggiunto che la strategia stragista, strumento del tutto inconsueto per la compagine mafiosa, tradizionalmente interessata più al controllo del territorio e di attività illecite lucrose, abbia rappresentato un salto di qualità strategico con l’attingimento di obiettivi diversi ed indifferenziati rispetto all’eliminazione di specifici avversari, rispondente non solo a impulsi utilitaristici di natura vendicativa ma al raggiungimento di obiettivi natura terroristica”. Come dire: l’escalation di terrore messa in campo nel biennio 1992/1993 più che alla mafia sembra appartenere ad una vera a propria organizzazione terroristica. La corte d’Assise d’appello annota poi che “all’elaborazione di tale strategia si giunse tuttavia per gradi”. Uno è l’evento individuato dai giudici come momento intermedio dell’escalation a suon di bombe: il fallito attentato a Maurizio Costanzo in via Fauro il 14 maggio del 1993. Da lì in poi s’intravede “un vero e proprio distacco dal proseguimento dell’obiettivo immediato”. Lo scopo? “L’eliminazione dell’articolo 41 bis”, e cioè il carcere duro per detenuti mafiosi, che “avrebbe soprattutto scardinato il sistema comunicativo fino ad allora vigente”. È per questo motivo che i giudici toscani parlano di “finalità ricattatoria” da parte Cosa nostra, corroborata le dichiarazioni di collaboratori di giustizia come “Pasquale Di Filippo, Giovanni Ciaramitaro, Tullio Cannella, Pietro Romeo e Giovanni Brusca. Ed infine Gaspare Spatuzza”.
“La Trattativa è provata: alimentò strategia stragista”
È a questo punto che la corte presieduta dal giudice Cicerchia entra nel merito della questione Trattativa. “Molto più complessa e non definitiva – scrivono – è la conclusione alla quale si può pervenire nei limiti del presente processo in ordine all’esatta individuazione dei termini e dello stato raggiunto dalla cosiddetta Trattativa, la cui esistenza, comprovata dall’avvio poi interrotto di iniziali contatti emersi tra rappresentanti politici locali e delle istituzioni e vertici mafiosi, è però logicamente postulata dalla stessa prosecuzione della strategia stragista: il ricatto non avrebbe difatti senso alcuno se non fosse scaturita la percezione e la riconoscibilità degli obbiettivi verso la presunta controparte”. Come dire: la Trattativa è provata dai colloqui tra l’ex generale del Ros Mario Mori e l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino nell’estate del 1993. Contatti che vennero poi interrotti ma che incoraggiarono la convinzione da parte di Cosa nostra che una controparte con cui trattare c’era e aveva perfettamente capito il significato dell’escalation di attentati messa in campo dalla strage di via d’Amelio in poi. “Si può dunque considerare provato – continua dunque la corte – che dopo la prima fase della cosiddetta trattativa, avviata dopo la strage di Capaci, peraltro su iniziativa esplorativa di provenienza istituzionale (cap. De Donno e successivamente Mori e Ciancimino), arenatasi dopo l’attentato di via D’Amelio, la strategia stragista proseguì alimentata dalla convinzione che lo Stato avrebbe compreso la natura dell’obbiettivo del ricatto proprio perché vi era stata quella interruzione”.
“L’alleggerimento del 41 bis e l’arrivo di Dell’Utri”
Secondo la corte fiorentina, tra l’altro, “l’oggettivo ammorbidimento della strategia di contrasto alla mafia (e cioè l’alleggerimento del 41 bis per oltre trecento detenuti mafiosi nell’autunno del 1993 ndr) ben poteva ingenerare la convinzione della cedevolezza della istituzioni, anche perché nel frattempo si avvicendavano sulla scena politica nuovi interlocutori oggetto di interesse da parte dell’apparato mafioso i cui referenti furono individuati in Vittorio Mangano e Marcello Dell’Utri”. In pratica è la fase finale della Trattativa, quando – secondo la ricostruzione della procura di Palermo – scende in campo Dell’Utri siglando un nuovo patto con Cosa nostra. Ed è per questo che nelle loro motivazioni i giudici ricordano come “la lunga preesistenza di rapporti ritenuti causalmente agevolativi della compagine associativa mafiosa” e lo stesso fondatore di Forza Italia sia “stata recentemente acclarata dalla sentenza della Corte di Cassazione del 9 maggio 2014”. Il riferimento è per la sentenza che due anni fa ha condannato in via definitiva Dell’Utri a sette anni di carcere per concorso esterno a Cosa nostra.
Associazione Georgofili: “Nostri figli morti per la Trattativa”
“Si chiude definitivamente quella deplorevole altalena fatta di espressioni come ‘trattativa presunta, trattativa non ci fu. Oggi sappiamo perché sono morti i nostri figli: in nome e per conto di una trattativa, perché la mafia voleva abolito il 41 bis. È il primo grande passo verso la verità completa, un anniversario dopo 23 anni che comincia a dare un senso alla nostra speranza di giustizia”, dice Giovanna Maggiani Chelli presidente dell’Associazione tra i familiari della Strage di via dei Georgofili a Firenze, commentando le motivazioni della condanna Tagliavia. Che in pratica, sembrano rilanciare la ricostruzione della procura di Palermo, attualmente al vaglio della corte d’assise del capoluogo siciliano: alla sbarra ci sono politici (tra i quali lo stesso Dell’Utri), boss mafiosi e alti ufficiali dei carabinieri (incluso Mori) accusati di violenza o minaccia ad un corpo politico dello Stato. Accusa dal quale è stato assolto in primo grado per non aver commesso il fatto Calogero Mannino, l’ex ministro Dc che ha scelto di essere processato con il rito abbreviato: per la procura era l’uomo che aveva dato l’input ad una interlocuzione con Cosa nostra. Due volte innocente è stato riconosciuto anche il generale Mori, imputato per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995 a Mezzojuso: per gli inquirenti era una delle “cambiali” siglate durante il Patto Stato – mafia.
Mafie
Trattativa Stato – mafia, giudici di Firenze: “E’ provata e alimentò la strategia stragista di Cosa nostra”
E' quanto si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna all'ergastolo in appello per il boss di Brancaccio Francesco Tagliavia per la strage di via dei Georgofili del 27 maggio del 1993. Secondo la corte d'Assise le bombe in Continente facevano parte di un progetto terroristico e la mafia riuscì a trovare interlocutori tra uomini politici e le istituzioni per alleggerire il 41 bis. Associazione Georgofili: “Nostri figli morti per quel patto”
L’esistenza della Trattativa Stato – mafia? È provata “dall’avvio poi interrotto di iniziali contatti emersi tra rappresentanti politici locali e delle istituzioni e vertici mafiosi, è però logicamente postulata dalla stessa prosecuzione della strategia stragista”. Parola della corte d’Assise d’appello di Firenze che il 24 febbraio scorso ha condannato all’ergastolo Francesco Tagliavia per la strage di via dei Georgofili del 27 maggio del 1993. Una prima condanna per il boss di Brancaccio era stata annullata con rinvio nel 2014 dalla corte di Cassazione, che aveva chiesto ai giudici di Firenze l’approfondimento di alcuni elementi di prova legati alle testimonianze dei collaboratori di giustizia Gaspare Spatuzza e Pietro Romeo. Due anni dopo ecco che nel secondo processo d’appello la corte presieduta dal giudice Luciana Cicerchia ha confermato la condanna al fine pena mai per Tagliavia: e nelle motivazioni della sentenza depositate lo scorso 20 maggio, si pronuncia anche sull’esistenza della cosiddetta Trattativa tra pezzi dell’istituzioni e Cosa nostra. Per la verità, già nel processo di primo grado i giudici toscani si erano espressi in maniera netta sull’esistenza dell’interlocuzione tra apparati dello Stato e la mafia all’ombra delle stragi del 1992 e 1993. “Una trattativa indubbiamente ci fu e venne, quantomeno inizialmente, impostata su un do ut des. L’iniziativa fu assunta da rappresentanti delle istituzioni e non dagli uomini di mafia”, scrissero nel 2012 i giudici della corte d’Assise, che dedicarono più di un centinaio delle 547 pagine delle motivazioni al capitolo delle contatti tra pezzi delle Istituzioni e Cosa nostra.
“La strategia stragista salto di qualità di Cosa nostra”
Adesso, invece, sono solo una decina le pagine utilizzate dai giudici dell’appello bis per mettere in fila gli eventi precedenti e successivi alla strage di via dei Georgofili: tessere che fanno tutte parte dello stesso puzzle, e cioè quello relativo all’individuazione del movente delle stragi, strettamente connesso della cosiddetta Trattativa Stato – mafia. Un argomento che i giudici individuano subito come bisognoso di “ulteriori esplorazioni investigative”, data la “viscosità” del tema. Dopo questa premessa, però, la corte sottolinea che “si può considerare come dato processualmente raggiunto che la strategia stragista, strumento del tutto inconsueto per la compagine mafiosa, tradizionalmente interessata più al controllo del territorio e di attività illecite lucrose, abbia rappresentato un salto di qualità strategico con l’attingimento di obiettivi diversi ed indifferenziati rispetto all’eliminazione di specifici avversari, rispondente non solo a impulsi utilitaristici di natura vendicativa ma al raggiungimento di obiettivi natura terroristica”. Come dire: l’escalation di terrore messa in campo nel biennio 1992/1993 più che alla mafia sembra appartenere ad una vera a propria organizzazione terroristica. La corte d’Assise d’appello annota poi che “all’elaborazione di tale strategia si giunse tuttavia per gradi”. Uno è l’evento individuato dai giudici come momento intermedio dell’escalation a suon di bombe: il fallito attentato a Maurizio Costanzo in via Fauro il 14 maggio del 1993. Da lì in poi s’intravede “un vero e proprio distacco dal proseguimento dell’obiettivo immediato”. Lo scopo? “L’eliminazione dell’articolo 41 bis”, e cioè il carcere duro per detenuti mafiosi, che “avrebbe soprattutto scardinato il sistema comunicativo fino ad allora vigente”. È per questo motivo che i giudici toscani parlano di “finalità ricattatoria” da parte Cosa nostra, corroborata le dichiarazioni di collaboratori di giustizia come “Pasquale Di Filippo, Giovanni Ciaramitaro, Tullio Cannella, Pietro Romeo e Giovanni Brusca. Ed infine Gaspare Spatuzza”.
“La Trattativa è provata: alimentò strategia stragista”
È a questo punto che la corte presieduta dal giudice Cicerchia entra nel merito della questione Trattativa. “Molto più complessa e non definitiva – scrivono – è la conclusione alla quale si può pervenire nei limiti del presente processo in ordine all’esatta individuazione dei termini e dello stato raggiunto dalla cosiddetta Trattativa, la cui esistenza, comprovata dall’avvio poi interrotto di iniziali contatti emersi tra rappresentanti politici locali e delle istituzioni e vertici mafiosi, è però logicamente postulata dalla stessa prosecuzione della strategia stragista: il ricatto non avrebbe difatti senso alcuno se non fosse scaturita la percezione e la riconoscibilità degli obbiettivi verso la presunta controparte”. Come dire: la Trattativa è provata dai colloqui tra l’ex generale del Ros Mario Mori e l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino nell’estate del 1993. Contatti che vennero poi interrotti ma che incoraggiarono la convinzione da parte di Cosa nostra che una controparte con cui trattare c’era e aveva perfettamente capito il significato dell’escalation di attentati messa in campo dalla strage di via d’Amelio in poi. “Si può dunque considerare provato – continua dunque la corte – che dopo la prima fase della cosiddetta trattativa, avviata dopo la strage di Capaci, peraltro su iniziativa esplorativa di provenienza istituzionale (cap. De Donno e successivamente Mori e Ciancimino), arenatasi dopo l’attentato di via D’Amelio, la strategia stragista proseguì alimentata dalla convinzione che lo Stato avrebbe compreso la natura dell’obbiettivo del ricatto proprio perché vi era stata quella interruzione”.
“L’alleggerimento del 41 bis e l’arrivo di Dell’Utri”
Secondo la corte fiorentina, tra l’altro, “l’oggettivo ammorbidimento della strategia di contrasto alla mafia (e cioè l’alleggerimento del 41 bis per oltre trecento detenuti mafiosi nell’autunno del 1993 ndr) ben poteva ingenerare la convinzione della cedevolezza della istituzioni, anche perché nel frattempo si avvicendavano sulla scena politica nuovi interlocutori oggetto di interesse da parte dell’apparato mafioso i cui referenti furono individuati in Vittorio Mangano e Marcello Dell’Utri”. In pratica è la fase finale della Trattativa, quando – secondo la ricostruzione della procura di Palermo – scende in campo Dell’Utri siglando un nuovo patto con Cosa nostra. Ed è per questo che nelle loro motivazioni i giudici ricordano come “la lunga preesistenza di rapporti ritenuti causalmente agevolativi della compagine associativa mafiosa” e lo stesso fondatore di Forza Italia sia “stata recentemente acclarata dalla sentenza della Corte di Cassazione del 9 maggio 2014”. Il riferimento è per la sentenza che due anni fa ha condannato in via definitiva Dell’Utri a sette anni di carcere per concorso esterno a Cosa nostra.
Associazione Georgofili: “Nostri figli morti per la Trattativa”
“Si chiude definitivamente quella deplorevole altalena fatta di espressioni come ‘trattativa presunta, trattativa non ci fu. Oggi sappiamo perché sono morti i nostri figli: in nome e per conto di una trattativa, perché la mafia voleva abolito il 41 bis. È il primo grande passo verso la verità completa, un anniversario dopo 23 anni che comincia a dare un senso alla nostra speranza di giustizia”, dice Giovanna Maggiani Chelli presidente dell’Associazione tra i familiari della Strage di via dei Georgofili a Firenze, commentando le motivazioni della condanna Tagliavia. Che in pratica, sembrano rilanciare la ricostruzione della procura di Palermo, attualmente al vaglio della corte d’assise del capoluogo siciliano: alla sbarra ci sono politici (tra i quali lo stesso Dell’Utri), boss mafiosi e alti ufficiali dei carabinieri (incluso Mori) accusati di violenza o minaccia ad un corpo politico dello Stato. Accusa dal quale è stato assolto in primo grado per non aver commesso il fatto Calogero Mannino, l’ex ministro Dc che ha scelto di essere processato con il rito abbreviato: per la procura era l’uomo che aveva dato l’input ad una interlocuzione con Cosa nostra. Due volte innocente è stato riconosciuto anche il generale Mori, imputato per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995 a Mezzojuso: per gli inquirenti era una delle “cambiali” siglate durante il Patto Stato – mafia.
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Roma, 23 feb. (Adnkronos) - "Gli Emirati Arabi Uniti sono desiderosi di migliorare la cooperazione con il vostro Paese amico, al fine di sostenere la pace e la stabilità in Medio Oriente e nel mondo, soprattutto perché i due Paesi hanno orientamenti comuni in questo senso". Lo ha affermato il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan, nel brindisi in occasione del Pranzo di Stato offerto al Quirinale dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
"Sono fiducioso -ha aggiunto- che i risultati di questa visita avranno un grande impatto nel far progredire le nostre relazioni in vari campi, alla luce della volontà comune di continuare a lavorare per sviluppare queste relazioni a beneficio dei due Paesi e dei due popoli".
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - "I nostri Paesi condividono, accanto a una analoga sensibilità per i temi della pace e della cooperazione, una naturale vocazione agli scambi commerciali e apertura agli investimenti. Sono lieto di constatare che la collaborazione bilaterale negli ultimi anni si è notevolmente intensificata. Sono numerose le imprese italiane che operano negli Emirati Arabi Uniti e con esse è in crescita anche la comunità di italiani che nel Suo Paese vive nell’accogliente realtà emiratina". Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel brindisi in occasione del Pranzo di Stato offerto in onore del presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan.
"Lo sviluppo di idee e investimenti in Italia è benvenuto -ha aggiunto il Capo dello Stato- e queste prospettive saranno opportunamente approfondite nel forum imprenditoriale che si svolgerà domani. Accanto ai settori tradizionali, troveranno certamente posto quelli d’avanguardia e maggiormente proiettati al futuro. Le sfide internazionali passano dalla capacità di affrontare e progettare la transizione energetica che ci vede già collaborare ad ambiziose iniziative, nel quadro della sempre più avvertita consapevolezza che questo sia indispensabile per garantire alle prossime generazioni un futuro che, per essere prospero, dovrà essere sostenibile".
"Abbiamo, con questa consapevolezza, collaborato con il suo Paese -ha ricordato il Presidente della Repubblica- per il raggiungimento dell’accordo sul clima, sancito dalla Cop28 di Dubai che, per la prima volta, richiama esplicitamente la necessità di avviare una transizione dai combustibili fossili".
"Quella tra Emirati Arabi Uniti e Italia è una agenda ricca di opportunità. Penso allo sviluppo del continente africano, che ha tante implicazioni anche per la sua stabilità e per la vita della comunità internazionale. Penso al tema dello spazio. A quello dell’intelligenza artificiale".
"Abu Dhabi e Roma -ha concluso Mattarella- avvertono la responsabilità di contribuire, in una fase così confusa e convulsa della vita internazionale, a fare prevalere una visione incentrata sul valore del dialogo, su uno sviluppo equilibrato e sulla tenace costruzione di relazioni positive fra gli Stati".
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - "Il Mediterraneo e la regione del Medio Oriente vivono oggi un periodo di più accentuata instabilità e di profonde sofferenze. In questi tempi difficili, Emirati Arabi Uniti e Repubblica italiana hanno lavorato insieme per promuovere la pace. Abbiamo condannato con fermezza il disumano e vile attacco terroristico del 7 ottobre da parte di Hamas –che rinnova atrocità con il crudele spettacolo nella consegna degli ostaggi sopravvissuti e dei corpi di quelli uccisi- e abbiamo esercitato in questi mesi ogni sforzo perché le violenze del conflitto che vi ha fatto seguito -che hanno afflitto gravemente i civili- avessero fine. Oggi l’impegno non può che essere diretto a evitare una ripresa dei combattimenti, a tenere aperto il filo dei colloqui faticosamente costruito in questi mesi, a rimuovere i sedimenti di rancore". Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel brindisi in occasione del Pranzo di Stato offerto in onore del presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan.
"Il ritorno alle ostilità -ha proseguito il Capo dello Stato- non è foriero né di sicurezza futura per Israele, né, tantomeno, di soluzioni per il popolo palestinese, che versa, a Gaza, in condizioni drammatiche. Con ostinazione va ripetuto che il perseguimento della prospettiva due popoli-due Stati resta l’unica in grado di garantire una pace condivisa e sostenibile. Con grande apprezzamento desidero sottolineare lo straordinario aiuto umanitario degli Emirati Arabi Uniti in favore della popolazione di Gaza. È un impegno -quello per salvare vite umane, prestare soccorso ai feriti- che ci ha visto, ancora una volta, lavorare con orgoglio fianco a fianco".
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - Alla vigilia della gara di campionato con il Monza e dopo il passaggio agli ottavi in Europa League, la Roma ha annunciato che "Niccolò Pisilli ha rinnovato il proprio contratto con il Club fino al 30 giugno 2029".
"Classe 2004, il centrocampista -fiore all’occhiello del settore giovanile giallorosso- è diventato rapidamente un punto di forza della Prima Squadra collezionando 34 presenze complessive (e 4 gol segnati) tra Serie A, Europa League e Coppa Italia", spiega la Roma.
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - Le Associazioni dei pazienti "hanno collaborato alla stesura del policy paper di Ovarian Cancer Commitment (Occ) che si articola in sei punti: come Associazione nazionale che sostiene i portatori di mutazione dei geni Brca e le loro famiglie, due di questi ci stanno particolarmente a cuore e sono il riconoscimento dei Pdta (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) per le donne ad alto rischio cancro all’ovaio in tutte le Regioni e l’estensione dell’esenzione D99 per le persone portatrici di tumore ovarico in tutte le Regioni. Allo stato attuale soltanto 8 regioni su 20 hanno approvato il Pdta, e soltanto 10 hanno approvato l’esenzione, quindi vuol dire che ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B ancora oggi nel 2025". Così Ornella Campanella presidente aBRCAdabra in occasione della presentazione delle attività dell'Ovarian Cancer Commitment, nel 26esimo congresso della Società europea di oncologia ginecologica (Esgo) che si è chiuso oggi a Roma.
Per Campanella è importante anche "il riconoscimento della chirurgia di riduzione del rischio all’interno di Lea che ad oggi non c’è – spiega - nonostante si sia ampiamente dimostrata come l’unica strategia in grado di prevenire il cancro all’ovaio nelle donne a rischio in quanto portatrici di mutazione dei geni Brca".
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - Igino Rugiero, ex Commissario Straordinario dell’Unione Italiana Tiro a Segno (Uits) nel 2019, è uno dei tre candidati alla presidenza dell’ente pubblico e Federazione Sportiva, insieme all’ex presidente Costantino Vespasiano e all’ex atleta Valentina Turisini. Con una lunga carriera militare alle spalle svolta per molto tempo presso le più alte Istituzioni dello Stato, e con profonda passione e conoscenza delle dinamiche interne della Uits, Rugiero si presenta con un programma ambizioso e una visione chiara per il futuro dell’organizzazione che, nel caso fosse eletto, siano al servizio delle Sezioni Tsn e dello Sport e non il contrario.
Rugiero ha intrapreso un tour in tutte le regioni italiane per incontrare gli elettori, non solo per presentare il suo programma, ma anche per farsi conoscere personalmente. “Sto girando praticamente in tutte le regioni e dove non mi è possibile andare cerco di contattare personalmente i presidenti delle Sezioni di Tiro a Segno Nazionale per mettere in condizione, democraticamente, gli elettori di conoscermi non soltanto dal punto di vista programmatico che espongo ovunque io vada, ma anche perchè ritengo che il contatto reale e il guardarsi negli occhi mentre ci si confronta sia un valore aggiunto che potrebbe fare la differenza, nel bene e nel male, nelle scelte dei singoli elettori”, ha dichiarato Rugiero all’Adnkronos.
"Questo approccio mira a rispondere alle molte domande e curiosità dei Presidenti e a spiegare loro le ragioni delle spiacevoli situazioni createsi negli ultimi mesi che avevano messo in dubbio non solo la possibilità di andare ad elezioni, ma in particolare avevano destabilizzato le Sezioni di Tsn che si erano viste cadere addosso all’improvviso, senza essere mai state informate dalla Presidenza, la possibilità della approvazione di un emendamento, fortunatamente ora svanita, che avrebbe praticamente distrutto e messo in discussione la sopravvivenza di moltissime delle stesse Sezioni su tutto il territorio nazionale".
Il candidato alla presidenza sottolinea poi l’importanza di un cambiamento politico per migliorare la gestione dell’ente. “L’obiettivo di oggi, indipendentemente dalle tante cose che dovremmo iniziare a fare tutti insieme domani, è ricucire i necessari rapporti con gli Enti Vigilanti e le Istituzioni dello Stato che si sono persi nel tempo a causa di una gestione superficiale ed approssimativa molto fumosa e poco concreta”, ha affermato, riferendosi alla ultima Governance dell’Ente Pubblico e Federazione Sportiva. Rugiero ritiene che “mai come oggi la Uits ha la possibilità di guardare al futuro con ottimismo e visione pragmatica di risoluzione dei tanti temi da affrontare che da troppi anni ormai si porta avanti, il prossimo 15 e 16 marzo ad Ostia, gli elettori chiamati per scegliere il prossimo Presidente Nazionale ed il nuovo Consiglio della Uits avranno la grande opportunità di “cambiare” e di iniziare un nuovo percorso di rinascita che possa ridare alla Uits la dignità ed il riconoscimento istituzionale e sportivo che merita. Le Istituzioni tutte e lo Sport ce lo hanno praticamente chiesto facendocelo capire con i fatti, a noi tutti noti”.
Una delle sfide principali che Rugiero intenderebbe affrontare è quella di finalmente riaprire realmente, e non solo a parole, la collaborazione con il Genio Infrastrutture dell’Esercito per riportare armonia tra le parti e tracciare un percorso di confronto per risolvere le problematiche che purtroppo negli ultimi anni hanno messo in difficoltà molte Sezioni Tsn provocandone addirittura in alcuni casi la chiusura. Il suo programma prevede un percorso di risanamento e rinnovamento anche dell’aspetto sportivo a lui molto caro che riparta dalla promozione dello Sport del Tiro a Segno verso le scuole, verso i giovani e quindi verso le loro famiglie per far capire che questo è uno sport inclusivo, efficace e socialmente importante.
“Bisogna contrastare le percezioni negative legate a episodi di cronaca, bisogna far capire alle famiglie che il nostro è uno sport che può offrire ai giovani, e quindi ai loro figli, un contesto formativo e sicuro ed allo stesso tempo lontano dall’eccesso di distrazioni tecnologiche”. Con una visione chiara e un programma dettagliato, Igino Rugiero si propone come un candidato determinato a guidare l’Unione Italiana Tiro a Segno verso un futuro di rinnovamento e crescita, “Da soli si fallisce, uniti si vince”, il suo motto.
Roma, 23 feb. (Adnkronos Salute) - "La ricerca sta andando avanti spedita soprattutto dal punto di vista genetico e quindi tutta la tematica dei test molecolari è fondamentale. Oggi parliamo e sollecitiamo la rimborsabilità del test Hrd ma c’è già chi sta facendo delle proposte per la rimborsabilità non più riferita al singolo gene, come avvenuto per il Brca, ma a pannelli multigenici, che permettono di analizzare da 30 fino a 500 pannelli di geni. È una nuova prospettiva con cui guardare alle mutazioni e alla complementarietà tra test genomici e genetici e alla loro indispensabilità. L’accesso equo a test molecolari che permettono di definire la terapia su misura di ogni paziente e la possibilità di essere curate nei centri di riferimento di alta specialità, che eseguono un elevato numero di interventi chirurgici all’ovaio, non sono ancora una realtà in Italia". Lo ha detto Nicoletta Cerana presidente Acto Italia Alleanza Contro il Tumore Ovarico ETS in occasione della presentazione delle attività dell'Ovarian Cancer Commitment, nel 26esimo congresso della Società europea di oncologia ginecologica (Esgo) che si è concluso oggi a Roma.