Chi non restituisce allo Stato gli 80 euro rischia di vedersi arrivare a casa una cartella esattoriale. Soprattutto se ha un reddito basso, magari perché ha perso il lavoro o non è stato pagato dall’azienda, come successo ad alcuni dei beneficiari dei quali ilfattoquotidiano.it ha raccontato le storie. A lanciare l’allarme, dopo che domenica abbiamo rivelato che nel 2015 1,4 milioni di italiani hanno ricevuto il bonus senza averne diritto e devono renderlo allo Stato, è Renzo Radicioni, segretario della commissione diritto tributario dell’Ordine dei commercialisti di Milano. “L’Agenzia delle Entrate va a verificare i redditi complessivi del singolo dipendente nell’arco dell’anno. E ti dice: il tuo bonus non doveva essere di questa cifra o non ti spettava. In questo caso, l’obbligo della dichiarazione è del contribuente, quindi la comunicazione arriva non al sostituto d’imposta, ma direttamente a lui”, spiega Radicioni.
Ed è tutt’altro che remota l’ipotesi che a ricevere la “comunicazione”, che può prendere la forma della temuta cartella esattoriale di Equitalia, siano anche i cittadini già in difficoltà economica. Infatti, come raccontato da ilfatto.it, 341mila cittadini che hanno ricevuto il bonus senza averne diritto (è riservato a quanti guadagnano tra gli 8mila e i 26mila euro lordi all’anno) hanno introiti inferiori ai 7.500 euro annui. E ora devono restituire i soldi in un’unica soluzione. Mentre per chi sfora il tetto di 26mila euro resta la beffa ma si suppone non ci siano grossi problemi a pagare, chi guadagna così poco potrebbe non avere oggettivamente la possibilità di versare il dovuto.
Trattenuta in busta paga o pagamento con l’F24 – Ma ecco come funziona, in generale, la restituzione del bonus. “Le possibilità sono due – elenca Radicioni – L’importo può essere trattenuto in busta paga oppure dovrà essere versato in un’unica soluzione attraverso il pagamento del modulo F24“. Ma versare centinaia di euro in un colpo solo è uno sforzo non indifferente, soprattutto per i contribuenti a reddito basso. “Quello che possiamo chiamare una ‘ingiustizia fiscale‘ – chiosa il commercialista – è il fatto di non avere previsto la possibilità di rateizzare la restituzione degli 80 euro. Obiettivamente, è vero che cade sul contribuente l’onere di verificare i redditi percepiti ed eventuali bonus incassati, però si può ben capire la difficoltà, se uno ha più sostituti d’imposta, a determinare con esattezza l’importo spettante”.
Il rischio cartella per gli incapienti – Resta da capire il destino di chi invece sta sotto la soglia degli 8mila euro annui. Chi percepisce un reddito così basso non deve pagare le tasse. Sono i cosiddetti incapienti: guadagnano talmente poco che non pagano imposte perché la detrazione fiscale per il reddito da lavoro dipendente supera l’ammontare di tasse che dovrebbero versare. Nonostante ciò, queste persone dovranno comunque rimborsare il bonus percepito? “Sì. Anche se non deve pagare tasse, chi guadagna meno di 8mila euro è comunque tenuto a restituire la somma – chiarisce il commercialista – Il bonus da 80 euro è un’agevolazione indipendente dall’imposta“. E così, in caso di mancata restituzione, ecco che al contribuente inadempiente possono arrivare le cartelle esattoriali.
“Era più semplice versarli in un’unica soluzione. Ma vederlo in busta paga ogni mese ha fatto più contenti i dipendenti” – E i problemi non sono solo sul versante dei contribuenti, ma anche su quello delle imprese che devono fare da sostituti d’imposta. “Ci sono state difficoltà, da parte delle aziende, a gestire le buste paga dei dipendenti – racconta Radicioni – Lavoratori che arrivano da altre società o da contratti part-time, rapporti cessati prima del previsto, concessioni di premi in denaro: tutte situazioni che generano ulteriori problemi nell’erogazione del bonus”. Da qui la conclusione: “Il dipendente è più contento se riceve gli 80 euro in busta paga, ma da un punto di vista pratico era più semplice erogare la somma in un’unica soluzione. In questo modo, invece, c’è una maggiore incertezza“. Insomma, per rendere più evidente il beneficio il governo ha scelto una modalità di erogazione che ha finito per creare un pasticcio.
Il credito di imposta e l’opzione conguaglio – Un altro scenario possibile è che la somma da ridare alle Entrate sia “scalata” dal credito d’imposta. “Può capitare che il cittadino tenuto a restituire abbia avuto spese (per esempio mediche, per assicurazioni, per il pagamento degli interessi sul mutuo, ndr) che hanno generato un credito di imposta nei confronti dell’erario – prosegue Radicioni – Si tratta di due partite diverse, ma al momento di liquidare si farà la somma algebrica tra i due valori”. In poche parole, se il credito d’imposta è maggiore della somma da restituire, il contribuente incasserà la differenza tra i due. Viceversa, sarà il contribuente a dovere versare all’agenzia delle entrate la differenza tra il bonus Irpef e il credito.
Hai dovuto restituire anche tu il bonus da 80 euro? Invia la tua storia a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it
Economia
Bonus 80 euro, “rischio cartelle esattoriali per chi non riesce a restituire. Impossibile farlo a rate? E’ ingiustizia fiscale”
"L'obbligo della dichiarazione è del contribuente, quindi la comunicazione arriva non al sostituto d'imposta, ma direttamente a lui", spiega Renzo Radicioni dell'Ordine dei commercialisti di Milano. Un'ipotesi non remota, dato che nel 2015 hanno dovuto ridare il beneficio 341mila persone con un reddito sotto i 7.500 euro annui. Scrivi la tua storia a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it
Chi non restituisce allo Stato gli 80 euro rischia di vedersi arrivare a casa una cartella esattoriale. Soprattutto se ha un reddito basso, magari perché ha perso il lavoro o non è stato pagato dall’azienda, come successo ad alcuni dei beneficiari dei quali ilfattoquotidiano.it ha raccontato le storie. A lanciare l’allarme, dopo che domenica abbiamo rivelato che nel 2015 1,4 milioni di italiani hanno ricevuto il bonus senza averne diritto e devono renderlo allo Stato, è Renzo Radicioni, segretario della commissione diritto tributario dell’Ordine dei commercialisti di Milano. “L’Agenzia delle Entrate va a verificare i redditi complessivi del singolo dipendente nell’arco dell’anno. E ti dice: il tuo bonus non doveva essere di questa cifra o non ti spettava. In questo caso, l’obbligo della dichiarazione è del contribuente, quindi la comunicazione arriva non al sostituto d’imposta, ma direttamente a lui”, spiega Radicioni.
Ed è tutt’altro che remota l’ipotesi che a ricevere la “comunicazione”, che può prendere la forma della temuta cartella esattoriale di Equitalia, siano anche i cittadini già in difficoltà economica. Infatti, come raccontato da ilfatto.it, 341mila cittadini che hanno ricevuto il bonus senza averne diritto (è riservato a quanti guadagnano tra gli 8mila e i 26mila euro lordi all’anno) hanno introiti inferiori ai 7.500 euro annui. E ora devono restituire i soldi in un’unica soluzione. Mentre per chi sfora il tetto di 26mila euro resta la beffa ma si suppone non ci siano grossi problemi a pagare, chi guadagna così poco potrebbe non avere oggettivamente la possibilità di versare il dovuto.
Trattenuta in busta paga o pagamento con l’F24 – Ma ecco come funziona, in generale, la restituzione del bonus. “Le possibilità sono due – elenca Radicioni – L’importo può essere trattenuto in busta paga oppure dovrà essere versato in un’unica soluzione attraverso il pagamento del modulo F24“. Ma versare centinaia di euro in un colpo solo è uno sforzo non indifferente, soprattutto per i contribuenti a reddito basso. “Quello che possiamo chiamare una ‘ingiustizia fiscale‘ – chiosa il commercialista – è il fatto di non avere previsto la possibilità di rateizzare la restituzione degli 80 euro. Obiettivamente, è vero che cade sul contribuente l’onere di verificare i redditi percepiti ed eventuali bonus incassati, però si può ben capire la difficoltà, se uno ha più sostituti d’imposta, a determinare con esattezza l’importo spettante”.
Il rischio cartella per gli incapienti – Resta da capire il destino di chi invece sta sotto la soglia degli 8mila euro annui. Chi percepisce un reddito così basso non deve pagare le tasse. Sono i cosiddetti incapienti: guadagnano talmente poco che non pagano imposte perché la detrazione fiscale per il reddito da lavoro dipendente supera l’ammontare di tasse che dovrebbero versare. Nonostante ciò, queste persone dovranno comunque rimborsare il bonus percepito? “Sì. Anche se non deve pagare tasse, chi guadagna meno di 8mila euro è comunque tenuto a restituire la somma – chiarisce il commercialista – Il bonus da 80 euro è un’agevolazione indipendente dall’imposta“. E così, in caso di mancata restituzione, ecco che al contribuente inadempiente possono arrivare le cartelle esattoriali.
“Era più semplice versarli in un’unica soluzione. Ma vederlo in busta paga ogni mese ha fatto più contenti i dipendenti” – E i problemi non sono solo sul versante dei contribuenti, ma anche su quello delle imprese che devono fare da sostituti d’imposta. “Ci sono state difficoltà, da parte delle aziende, a gestire le buste paga dei dipendenti – racconta Radicioni – Lavoratori che arrivano da altre società o da contratti part-time, rapporti cessati prima del previsto, concessioni di premi in denaro: tutte situazioni che generano ulteriori problemi nell’erogazione del bonus”. Da qui la conclusione: “Il dipendente è più contento se riceve gli 80 euro in busta paga, ma da un punto di vista pratico era più semplice erogare la somma in un’unica soluzione. In questo modo, invece, c’è una maggiore incertezza“. Insomma, per rendere più evidente il beneficio il governo ha scelto una modalità di erogazione che ha finito per creare un pasticcio.
Il credito di imposta e l’opzione conguaglio – Un altro scenario possibile è che la somma da ridare alle Entrate sia “scalata” dal credito d’imposta. “Può capitare che il cittadino tenuto a restituire abbia avuto spese (per esempio mediche, per assicurazioni, per il pagamento degli interessi sul mutuo, ndr) che hanno generato un credito di imposta nei confronti dell’erario – prosegue Radicioni – Si tratta di due partite diverse, ma al momento di liquidare si farà la somma algebrica tra i due valori”. In poche parole, se il credito d’imposta è maggiore della somma da restituire, il contribuente incasserà la differenza tra i due. Viceversa, sarà il contribuente a dovere versare all’agenzia delle entrate la differenza tra il bonus Irpef e il credito.
Hai dovuto restituire anche tu il bonus da 80 euro? Invia la tua storia a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it
Lady Etruria
di Davide Vecchi 11.4€ Acquista su AmazonArticolo Precedente
Fondi sovrani, con prezzi petrolio bassi la salvezza è il mattone. Rivoluzione in corso dalla Norvegia ai Paesi del Golfo
Articolo Successivo
Liberismo, l’Fmi cambia verso: “Austerità e libero movimento dei capitali fanno crescere le disuguaglianze”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Cronaca
Tremano i Campi Flegrei: nella notte scossa di 4.4. Oggi scuole chiuse. Tensioni all’ex base Nato di Bagnoli: i residenti sfondano i cancelli
Lavoro & Precari
Abuso di medici gettonisti, così la sanità è tenuta in piedi da lavoratori privati: spesi 2 miliardi dal 2019. “Si fugge dal pubblico per situazioni oltre la dignità”
Da Il Fatto Quotidiano in Edicola
L’Europa dichiara guerra alla pace: sì riarmo, no negoziati sull’Ucraina. Varoufakis al Fatto: “Un esercito dell’Ue non farebbe deterrenza”
Mosca, 13 mar. (Adnkronos) - Ordigni camuffati da profumi, inviati per posta a militari russi impegnati dell'operazione in Ucraina e a dipendenti del governo di Mosca. Pronti a esplodere una volta aperti. Questo il piano che, secondo quanto ha reso noto il Servizio di sicurezza federale russo (Fsb), è stato sventato impedendo una serie di attacchi. Lo ha riferito l'agenzia di stampa Ria Novosti spiegando che ''un agente di Kiev è stato arrestato'' a Pervouralsk.
Secondo l'Fsb, i "servizi speciali ucraini" avevano pianificato di inviare ordigni esplosivi in pacchi per posta. "L'Fsb russo ha impedito una serie di atti di sabotaggio e terroristici pianificati dai servizi speciali ucraini contro i militari del ministero della Difesa russo che partecipano all'operazione militare speciale, nonché contro i dipendenti pubblici che forniscono assistenza alle unità militari nella zona dell'operazione militare speciale", ovvero in Ucraina, si legge nella nota.
Cinque pacchi, contenenti ordigni esplosivi artigianali camuffati da profumi, sono stati trovati all'aeroporto di Chelyabinsk durante l'ispezione dei pacchi postali, prosegue il comunicato dei servizi russi. Gli artificieri dell'Fsb li hanno disinnescati. I dispositivi erano pronti a esplodere una volta aperti, precisa la nota.
Il cittadino ucraino arrestato a Pervouralsk ha inviato questi pacchi al personale militare e funzionari governativi a Mosca, Voronezh, Krasnodar Krai e nell'oblast di Saratov, ha notato l'Fsb. Lo scorso anno, proseguono i servizi russi, il sospettato sarebbe stato incaricato dal suo supervisore di raccogliere informazioni sul personale militare russo a Engels e sui dipendenti delle imprese di difesa a Ekaterinburg. E' stato aperto un procedimento penale nei suoi confronti per ''acquisizione, stoccaggio, trasporto illegali di sostanze e dispositivi esplosivi".
Roma, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - Possiamo considerare il welfare aziendale come parte integrante della strategia collettiva delle imprese? E in che modo è possibile coniugare sostenibilità, digitalizzazione e welfare? Questi interrogativi saranno al centro della terza edizione del Welfare day 2025, l’evento organizzato da Comunicazione Italiana in collaborazione con Pluxee Italia, azienda leader nei benefit e nel coinvolgimento dei dipendenti, in programma oggi, giovedì 13 marzo, a Roma, presso il Palazzo dell’Informazione.
L’iniziativa rappresenta un'importante occasione di confronto per il mondo corporate, offrendo nuovi insight, dati e ricerche di Pluxee sulle soluzioni di welfare aziendale e il loro impatto sulla produttività e sul benessere dei lavoratori. Durante l’evento verrà commentato il nesso tra benessere, felicità e imprese, scoprendo come oggi non sia possibile scindere i primi due elementi dalla vita professionale e lavorativa. Ciò che favorisce la felicità sul luogo di lavoro si rivela fondamentale sia per l’attrattività delle aziende nel mercato del lavoro si per la retention dei talenti, orientando le scelte strategiche dei responsabili delle risorse umane e non solo.
Questo non può che coniugarsi con il welfare aziendale, il quale oggi ha delle caratteristiche ben precise e si affianca con la sostenibilità sociale. Nel corso dei vari Talk Show, si mostrerà come il welfare debba essere considerato un elemento vitale dell'operatività di un'azienda. Attraverso la partecipazione di esperti del settore e manager aziendali verranno esplorate le ultime tendenze e best practice per integrare il welfare nelle strategie aziendali, favorendo una crescita sostenibile e digitale.
Benefit e iniziative di sostegno al dipendente generano benessere tra la popolazione, contribuendo a rendere sostenibile il lavoro. Diffusi all'interno di tutte le funzioni aziendali, accrescono la felicità e la produttività, generando un ciclo virtuoso che rafforza il coinvolgimento dei dipendenti, migliorando la reputazione aziendale e garantendo una crescita sostenibile nel lungo periodo. Uno degli obiettivi sarà rispondere alla domanda: come si può creare e mantenere un ecosistema aziendale orientato alla soddisfazione delle persone? Lungi dal costituire un semplice accessorio del salario, il pacchetto di benefici che l'azienda mette a disposizione dei lavoratori - prestazioni sanitarie, sostegno alla genitorialità - deve essere sempre più in grado di incontrare le esigenze di questi ultimi.
All’interno del Welfare day 2025, questi argomenti saranno discussi con Anna Maria Mazzini e Tommaso Palermo, rispettivamente country marketing e product director e managing director diPluxee Italia, con il contributo chief hr officer e hr manager di aziende come Atac, Fater, Fendi, Philip Morris International, Procter & Gamble, Tim e molte altre.
Roma, 12 mar. (Adnkronos) - Aspettare, ponderare. Giorgia Meloni non avrebbe ancora deciso se partecipare o meno alla video-call dei 'volenterosi', convocata per sabato dal Regno Unito. Il primo ministro britannico Keir Starmer ha chiamato di nuovo a raccolta i leader di quei Paesi pronti a fornire il loro supporto per assicurare la pace in Ucraina, dopo un possibile accordo di tregua con la Russia. Ma la partecipazione dell'Italia all'incontro da remoto, si apprende da fonti di governo, non è ancora confermata e la presidente del Consiglio starebbe riflettendo sul da farsi.
Il problema di fondo, viene spiegato, è essenzialmente uno: il governo italiano è fortemente contrario all'invio di truppe al fronte in Ucraina; dunque, se la riunione di Londra rientra nell'ambito di un invio di uomini, "noi non partecipiamo", il refrain che arriva da Palazzo Chigi. Diverso è invece il discorso per quanto riguarda la riunione dei Capi di Stato maggiore europei svoltasi martedì a Parigi con il presidente francese Emmanuel Macron: "In quel caso non eravamo parte del gruppo dei cosiddetti 'volenterosi', siamo andati lì come osservatori". Le diplomazie restano comunque in contatto.
Meloni è al lavoro sul discorso che dovrà pronunciare alle Camere la prossima settimana prima del Consiglio europeo del 20-21 marzo: un passaggio impegnativo, sul quale i partiti della maggioranza sono chiamati a compattarsi dopo aver votato in maniera difforme a Strasburgo. Gli europarlamentari di Fratelli d'Italia hanno dato il loro sì alla risoluzione sul Libro bianco sulla difesa, che sollecita i 27 Paesi dell'Ue ad agire con urgenza per garantire la sicurezza del Continente, accogliendo le conclusioni del Consiglio europeo sul riarmo.
Tuttavia, la delegazione di Fdi si è astenuta sulla risoluzione riguardante l'Ucraina dopo aver richiesto, senza successo, un rinvio del voto. Secondo Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo Ecr, il testo non avrebbe tenuto conto dell'accordo raggiunto a Gedda tra Stati Uniti e Ucraina per un possibile cessate il fuoco, rischiando così di "scatenare l'odio verso Donald Trump e gli Usa, anziché aiutare l'Ucraina".
Il nostro "non è stato un doppio voto", dice all'Adnkronos un membro dell'esecutivo in quota Fratelli d'Italia: "La posizione è chiara: se approvi un testo troppo anti-Usa, come fai poi a farti mediatore con gli Usa?". Sulla stessa risoluzione per l'Ucraina, la Lega ha votato contro mentre Forza Italia si è espressa a favore.
Anche da Palazzo Chigi sottolineano come il testo della risoluzione sull'Ucraina fosse troppo sbilanciato 'contro' gli Stati Uniti: Fratelli d'Italia a Strasburgo - il ragionamento che trapela dai piani alti del governo - ha sempre votato a favore della libertà e della sicurezza dell'Ucraina, ma questa volta il testo della risoluzione "era molto più 'accusatorio' verso l'amministrazione Usa" rispetto ad altre volte. Fratelli d'Italia non avrebbe mai votato contro quella risoluzione: "Ma non potevamo nemmeno votare a favore tout court", spiegano.
Sull'astensione, come confermato poi da Procaccini, ha inciso la notizia arrivata dall'Arabia Saudita ieri sera sulla proposta di un cessate il fuoco di 30 giorni in Ucraina e la ripresa dell'assistenza americana a Kiev: "Non ci stiamo smarcando da nulla, quello di Fratelli d'Italia non era un voto contro l'Ucraina", il concetto che viene ribadito. Il voto a macchia di leopardo del centrodestra, ad ogni modo, non impensierisce Palazzo Chigi: in questo momento - si sottolinea - c'è un problema internazionale ben più ampio e la maggioranza di governo ha dimostrato che nei momenti importanti "è sempre uscita unita e compatta".
Almeno per ora, non sembrerebbe all'orizzonte un vertice con Meloni e gli altri leader della maggioranza, Antonio Tajani e Matteo Salvini (anche se i tre ogni settimana si incontrano per fare il punto della situazione su tutti i dossier). Sempre da palazzo Chigi viene evidenziata la "piena sintonia" tra Meloni e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che rispondendo alla Camera all'interrogazione del Movimento 5 Stelle sul piano di riarmo approvato oggi dall'Unione europea ha ribadito che i finanziamenti per la difesa non andranno a discapito di sanità e servizi pubblici, rimarcando il suo no a spese per il riarmo che rialzino in modo oneroso il debito pubblico con rischi anche per la stabilità della zona euro. (di Antonio Atte)
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Il governo è "determinato" a contrastare l'evasione fiscale e allo stesso tempo alleggerire la pressione sui contribuenti onesti. Per il taglio delle tasse al ceto medio bisognerà aspettare gli esiti a fine marzo della verifica della commissione tecnica sullo stock dei debiti fiscali da 1.275 miliardi di euro. Il nuovo corso del governo per le verifiche ex ante, intanto, sta portando i primi frutti con un calo del 19% dei contenziosi nei primi due mesi dell'anno. Nel suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario tributario 2025 alla Camera il viceministro al Mef Maurizio Leo si è soffermato su punti fermi e benefici attesi dalla riforma fiscale.
"Il tema dell'evasione fiscale è sotto gli occhi di tutti, abbiamo un tax gap che oscilla tra 80 e 100 miliardi e dobbiamo assolutamente contrastarlo, come pure la pressione fiscale su cui il governo si è mosso con determinazione, riducendo aliquote da 4 a 3 e rendendo strutturale questa misura cui si aggiunge il taglio del cuneo", ha sottolineato Leo. Accanto a questi due pilastri della lotta all'evasione e della riduzione della pressione fiscale, anche quello della semplificazione e della certezza del diritto, pilastro fondamentale quest'ultimo per "contrastare fenomeni illeciti, ma al tempo stesso attrarre capitali da estero", ha aggiunto.
Il tutto rafforzando 'l'arsenale' ex ante per indirizzare su un percorso di collaborazione i rapporti tra Stato e contribuente. In questa cornice il concordato preventivo biennale e della cooperative compliance stanno portando i primi frutti: nei primi due mesi del 2025 rispetto ai primi due mesi del 2024 c'è stata "una contrazione del contenzioso tributario" con un calo "del 19% dei nuovi giudizio incardinati", ha detto Leo, rilevando che "in alcune corti del Sud il calo si attesta addirittura al 50%".
Si attende per fine mese l'esito della requisitoria tecnica sullo stock dei crediti non riscossi dall'amministrazione fiscale. La Commissione tecnica, istituita presso il Mef sul riordino della riscossione e l'analisi del magazzino in carico all'Agenzia delle entrate-Riscossione "sta facendo la ricognizione e all'esito di questo faremo le opportune valutazioni, penso che entro fine mese avremo dei riscontri", ha detto Leo.
La verifica sui carichi renderà più chiaro il quadro su quanti possono essere abbandonati, quanti gestiti in modo differente e quanti possono, eventualmente, essere oggetto di una rottamazione. Considerando che la montagna dello stock ammonta a 1.275 miliardi e che circa tre quarti sono debito sotto i mille euro si aprirebbero ampie chances di recupero. Ma la prudenza è d'obbligo, visto che molte appartengono a soggetti defunti o falliti.
Dalle risorse eventualmente disponibili si capirà se possibile procedere al taglio Irpef per i redditi fino a 50-60mila euro. "Vediamo le risorse e come si può fare", ha risposto Leo interpellato sulla questione. Al momento il governo può contare sugli 1,6 miliardi del gettito del concordato preventivo biennale che si è chiuso a dicembre scorso a cui andrebbero aggiunti gli incassi del ravvedimento speciale che scade il 31 marzo prossimo.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Il governo è "determinato" a contrastare l'evasione fiscale e allo stesso tempo alleggerire la pressione sui contribuenti onesti. Per il taglio delle tasse al ceto medio bisognerà aspettare gli esiti a fine marzo della verifica della commissione tecnica sullo stock dei debiti fiscali da 1.275 miliardi di euro. Il nuovo corso del governo per le verifiche ex ante, intanto, sta portando i primi frutti con un calo del 19% dei contenziosi nei primi due mesi dell'anno. Nel suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario tributario 2025 alla Camera il viceministro al Mef Maurizio Leo si è soffermato su punti fermi e benefici attesi dalla riforma fiscale.
"Il tema dell'evasione fiscale è sotto gli occhi di tutti, abbiamo un tax gap che oscilla tra 80 e 100 miliardi e dobbiamo assolutamente contrastarlo, come pure la pressione fiscale su cui il governo si è mosso con determinazione, riducendo aliquote da 4 a 3 e rendendo strutturale questa misura cui si aggiunge il taglio del cuneo", ha sottolineato Leo. Accanto a questi due pilastri della lotta all'evasione e della riduzione della pressione fiscale, anche quello della semplificazione e della certezza del diritto, pilastro fondamentale quest'ultimo per "contrastare fenomeni illeciti, ma al tempo stesso attrarre capitali da estero", ha aggiunto.
Il tutto rafforzando 'l'arsenale' ex ante per indirizzare su un percorso di collaborazione i rapporti tra Stato e contribuente. In questa cornice il concordato preventivo biennale e della cooperative compliance stanno portando i primi frutti: nei primi due mesi del 2025 rispetto ai primi due mesi del 2024 c'è stata "una contrazione del contenzioso tributario" con un calo "del 19% dei nuovi giudizio incardinati", ha detto Leo, rilevando che "in alcune corti del Sud il calo si attesta addirittura al 50%".
Si attende per fine mese l'esito della requisitoria tecnica sullo stock dei crediti non riscossi dall'amministrazione fiscale. La Commissione tecnica, istituita presso il Mef sul riordino della riscossione e l'analisi del magazzino in carico all'Agenzia delle entrate-Riscossione "sta facendo la ricognizione e all'esito di questo faremo le opportune valutazioni, penso che entro fine mese avremo dei riscontri", ha detto Leo.
La verifica sui carichi renderà più chiaro il quadro su quanti possono essere abbandonati, quanti gestiti in modo differente e quanti possono, eventualmente, essere oggetto di una rottamazione. Considerando che la montagna dello stock ammonta a 1.275 miliardi e che circa tre quarti sono debito sotto i mille euro si aprirebbero ampie chances di recupero. Ma la prudenza è d'obbligo, visto che molte appartengono a soggetti defunti o falliti.
Dalle risorse eventualmente disponibili si capirà se possibile procedere al taglio Irpef per i redditi fino a 50-60mila euro. "Vediamo le risorse e come si può fare", ha risposto Leo interpellato sulla questione. Al momento il governo può contare sugli 1,6 miliardi del gettito del concordato preventivo biennale che si è chiuso a dicembre scorso a cui andrebbero aggiunti gli incassi del ravvedimento speciale che scade il 31 marzo prossimo.
Palermo, 13 mar. (Adnkronos) - All'alba di oggi i Carabinieri del Comando Provinciale di Messina e i Finanzieri dei Comandi Provinciali di Catania e Messina hanno effettuato una vasta operazione nelle Province di Messina e Catania, con l’esecuzione di misure cautelari emesse dai Gip dei Tribunali del capoluogo peloritano e di quello etneo, su richiesta delle rispettive Procure, nei confronti 39 persone, a vario titolo indagate, per associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al narcotraffico, numerosi episodi di spaccio di stupefacenti, estorsione, rapina, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti - tutti reati aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 del codice penale "poiché commessi con metodo mafioso o con il fine di agevolare il clan Cappello-Cintorino' e trasferimento fraudolento di valori.
Le due ordinanze sono il risultato dello stretto coordinamento investigativo attuato tra gli Uffici Giudiziari di Catania e di Messina, sotto la supervisione della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, al fine di monitorare più efficacemente le persistenti attività, anche di sfruttamento economico del territorio, proprie dei citati clan per effetto delle cointeressenze nei territori “di confine” delle due province.
I particolari dell’operazione saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che sarà tenuta alle ore 10:30, presso il Palazzo di Giustizia di Messina (via Tommaso Cannizzaro).
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - "Affronterò il processo con la massima serenità e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea Regionale Siciliana. Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione. Resto fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni". Così Gianfranco Miccichè, rinviato a giudizio per l'uso dell'auto blu, commenta il processo che partirà a luglio. "Sono però amareggiato da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pm avrei arraffato quanto più possibile- dice - Nella mia vita non ho mai arraffato alcun che e su questo pretendo rispetto da parte di tutti".