In California si discute della sentenza – 6 mesi di carcere e 3 anni di libertà vigilata – assegnata al ventenne Brock Turner, per aver stuprato, nel gennaio 2015, una ragazza che era in stato di incoscienza. Lui è stato beccato da testimoni che lo hanno fatto smettere e hanno chiamato i soccorsi per la ragazza 23enne. La pena richiesta era molto più alta. A quanto pare, però, il giovane Turner soffre d’ansia e il giudice Aaron Persky è dell’opinione che essendo sia Brock che la ragazza ubriachi, il reato si possa ritenere meno grave.

Dunque abbiamo appreso che la pena è direttamente proporzionale al livello d’ansia dell’imputato. Dell’ansia della vittima di stupro chissenefrega. La pena è anche direttamente proporzionale alla quantità di alcol in circolo nel corpo della ragazza. Puoi dirti seriamente stuprata solo se sei sobria, altrimenti, è chiaro, te la sei cercata e lui, malgrado tutto, non era in grado di intendere e volere.

Ad alimentare la cultura dello stupro, come se non bastasse la sentenza e l’opinione del giudice, c’è anche una frase del padre dell’imputato, il quale giudica “eccessiva” la pena: la violenza, tutto sommato, sarebbe durata “solo” 20 minuti. Dunque, puoi sentirti realmente stuprata se riesci a trattenere almeno per un’ora il tuo stupratore così da segnare un limite orario accettabile per la mentalità di chi certificherà la tua condizione di vittima.

Non amo disquisire di pene e carcere. A me interessa l’impatto culturale di certe dichiarazioni. Parlare dunque di “durata dello stupro” per qualificarne la gravità costituisce un regresso atroce. Spiace ovviamente che si parli tanto dell’ansia, immagino giustificata, del ragazzo, e si dedichi meno spazio al morale della sua vittima. Non è possibile che nel 2016 dobbiamo ancora ribadire che abusare di una persona che non è cosciente e non può dare il suo consenso è stupro. Il consenso equivale a un chiaro “sì”. E lo stato di incoscienza della ragazza non rappresenta né un consenso, né un silenzio-assenso. Equivale a un altrettanto chiaro “no”.

Lei non se l’è cercata perché ubriaca e svenuta. Lui ha commesso uno stupro perché l’ha usata semplicemente per il suo egoistico piacere. Può trattarsi del ragazzo migliore del mondo, ma lo stupratore non corrisponde a un cliché preciso. I ragazzi bianchi, di buona famiglia, posso commettere reati. Lo stupratore non è per forza lo straniero, il musulmano, il rom, come piacerebbe a chi fa della difesa dei corpi delle donne un pretesto per imporre razzismo. Lo stupratore è un uomo che ha usato una donna che non ha dato alcun consenso.

A questo punto penso sia necessario (anche se è incredibile che lo sia) specificare che la gravità dell’abuso non è proporzionale al tempo in cui è stato commesso. Che tu abbia usato una persona per un minuto o per tre giorni non cambia assolutamente nulla. Perché se affermassimo il contrario daremmo il via alla legittimazione dello stupro/sveltina, lo stupro a tempo. Uno, due, tre, pronti e via, con cronometro alla mano, diamo il via a gare di brevità della molestia e dello stupro.

In Italia, prima del 1996, quando la legge sullo stupro chiarì che si tratta di reato contro la persona e non contro la morale, si eliminò la divisione tra violenza sessuale e atti di libidine meno gravi. E così potevamo leggere di sentenze con pene attribuite sulla base dell’avvenuta o non avvenuta penetrazione. Per dichiarare lo stupro, superata la storia del matrimonio riparatore cancellata solo nel 1981, lui doveva, come minimo, riuscire a dare un saluto alle tube del falloppio e farsi un giro in direzione dell’esofago.

Chiedete alle vittime di stupro qual è il tempo o la profondità di penetrazione necessari per sentirsi abusate. Chiedete poi perché si empatizza così tanto con lo stupratore e poco con la vittima. Assumersi la responsabilità delle proprie azioni è il primo insegnamento da apprendere se sei un giovane di belle speranze che non ha ben chiaro il fatto che la tua libertà finisce dove inizia la libertà dell’altr@. Serve un attimo, un microsecondo, per uccidere una persona. Basta un colpo di pistola, una coltellata. Basta poco per abusare di una persona. E in questo momento tutto serve meno che brevettare lo stupratometro.

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